Contattaci su Facebook Contattaci su WhatsApp

La prova in palestra

Scritto da Simone Poggi (www.simonepoggi.it)

UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO: SE GESTITA MALE, PUÒ PORTARE A CATTIVI RISULTATI.

La prova deve essere creata su misura da chi si occupa del commerciale, in stretta collaborazione con il personale tecnico. Il consiglio è di suddividere la settimana gratuita in tre incontri.

Quando si avvicina l’inizio di una stagione sportiva, ecco che le palestre fanno a gara per proporre le tanto decantate ‘prove’, con lo scopo di accaparrarsi nuovi clienti. Ma, quella che sembra solo una buona iniziativa in termini di marketing, è in realtà un’arma a doppio taglio perché – se gestita male – può portare a cattivi risultati. Occorre interrogarsi anzitutto su quale sia il fine di una prova. Teoricamente è una strategia che serve per facilitare la vendita. Ma ciò che accade realmente è spesso molto diverso. E a dimostrazione di quanto l’improvvisazione prevalga sulla pianificazioni in palestra, c’è anche il fatto che i gestori non tengono statistiche al riguardo, quindi non sono in grado di sapere quanto sia efficace o meno la prova. Sulla base della mia esperienza personale, a seguito di alcune analisi di controllo, la percentuale di chi si iscrive in palestra al termine della prova è inferiore al 25 per cento. Detto in altre parole, questo significa meno di una persona su quattro. Questo vuol dire che nella gran parte dei casi si mette in atto il concetto di prova in modo superficiale, senza verificarne la reale efficacia.

QUALI SONO I PRIMI TRE ERRORI CHE NON FACILITANO LA VENDITA?

1. ERRORE COMMERCIALE
Una delle fasi più importanti è quando il cliente entra in palestra e chiede informazioni sul club. La domanda che il gestore deve porsi è: “Siamo realmente in grado di capire quali sono le esigenze del cliente?”. Se il processo è buono e si è stati in grado di fornire le giuste risposte, nel 90 per cento dei casi la prova non serve. Mentre solo nel restante 10 per cento, il cliente chiede la prova, per avere più conferme, prendere tempo o per dubbi personali. Ma in generale, la prova arriva perché il consulente non si è sforzato particolarmente e decide di regalare la prova per togliersi la responsabilità della chiusura della vendita. Una responsabilità che viene così passata al cliente stesso, probabilmente perché il consulente ritiene che il cliente potrebbe essere soddisfatto della prova. In alcuni casi, è anche un modo di ‘scaricare’ la responsabilità sul personale tecnico. Molto dipende dal rapporto che si instaura tra il consulente e l’istruttore. Un altro caso ancora può essere quello in cui è il cliente a richiedere la prova. Un bravo consulente è colui che coglie la ‘palla’ al balzo per chiedere al potenziale cliente cosa vuole ‘comprendere’ durante la prova. Perché, escludendo i cosiddetti ‘scrocconi’, il consulente deve riuscire a dare risposte concrete, visto che una o due ore in palestra non è detto che bastino per togliere i dubbi sul tipo di corso o di palestra. In definitiva, la realtà è sempre la stessa: se il potenziale cliente richiede la prova, è perché il processo di vendita non è stato efficace, ha dubbi, paure, non è convinto di comprare.

2. ERRORE IN SALA ATTREZZI O DURANTE I CORSI
Il consulente può decidere di attivare la prova per la sala attrezzi o per i corsi. A livello personale, mi diverto spesso a fare il finto cliente per capire realmente cosa accade in palestra. Nel caso della prova in sala attrezzi, riesco quasi sempre a prevedere il comportamento dell’istruttore: mi si avvicina, mi spiega alcuni esercizi standard, mi guarda mentre inizio, poi dopo un po’ se ne va. Poi, spesso, il tour in palestra finisce con un ‘grazie’ e un ‘arrivederci’. Qual è l’errore dell’istruttore medio? Quello di non capire le mie emozioni, di non chiedere quali sono le mie aspirazioni, i miei sogni nel cassetto, in definitiva quello di non vivere con me l’esperienza. La domanda da porsi è: “Come possiamo valorizzare con un processo di questo tipo il valore del prodotto se tutto è così standardizzato?”. E ancora: “L’istruttore conosce il valore della prova? Comunica con la parte commerciale? Sa già chi sta entrando per fare la prova?”. Nel caso della prova in sala corsi, la situazione non migliora di molto. Il cliente in prova spesso entra in una sala in cui ci sono molte altre persone, alcune delle quali anche molto allenate. Cosa può succedere? Un rischio molto frequente è che l’istruttore possa non accorgersi che è in corso una prova, cosicché il cliente è abbandonato a se stesso, e questo è molto grave. Può anche capitare che il cliente in prova possa spaventarsi per il livello troppo alto, facendo così troppa fatica. Un’ultima alternativa è che il corso non gli piaccia e che quindi decida di andarsene.

3. ERRORE DI COMUNICAZIONE
L’assenza di feedback non aiuta ovviamente la vendita. È fondamentale che l’istruttore e il commerciale si parlino e si confrontino sulla prova. Ma spesso non è così, ognuno di loro va per la sua strada e il cliente – una volta finita la prova – torna a casa senza che neppure nessuno gli abbia chiesto qualcosa.

QUALI LE SOLUZIONI?

1. La prova deve essere creata su misura da chi si occupa del commerciale. Poiché si ritiene che un giorno solo non sia sufficiente, si tende a proporre la settimana. Ma più che il tempo, ciò che conta è come viene strutturata la prova in base alle esigenze individuali. Il consiglio è di provare a suddividere la settimana gratuita in tre incontri.

2. Molto importante è la collaborazione tra area commerciale e tecnica per definire gli obiettivi della prova e dare un check della persona che sta entrando in sala pesi e corsi. Sapere, per esempio, a che ora verrà è importante, per essere sicuri di potergli dedicare del tempo. L’istruttore deve dimostrare di volerlo conoscere e capire, in modo da avere un feedback tecnico da passare al commerciale alla fine del terzo incontro. Cosa deve fare l’istruttore nei tre incontri? Durante il primo, basterà entrare in empatia e dimostrarsi interessato alle necessità del cliente. Quindi l’aspetto per così dire relazionale è preponderante. Nel secondo incontro, il cliente deve vivere un allenamento in cui siano integrati esercizi in linea con i suoi obiettivi e l’esperienza emozionale, in modo che possa immaginarsi la soddisfazione che ricaverebbe dal progredire nel tempo. Questo è un modo per dare valore al prodotto che sto per comprare. Arrivati al terzo incontro, l’istruttore presenterà al cliente in prova il percorso di sviluppo per raggiungere concretamente gli obiettivi sperati, con impegno e allenamento.

3. Tutti i risultati vengono così scritti e comunicati dal personale tecnico al commerciale in tempo reale, in modo che prima che il potenziale cliente esca dalla palestra, si possa concludere la vendita. Una volta fuori dal club, infatti, potrebbero intervenire diversi ‘rumori’ e portarlo a non essere più così convinto.

In definitiva, è più costoso regalare/investire su una prova fine a se stessa, non gestita e monitorata, piuttosto che dare una prova di tre incontri costruiti sotto l’aspetto dell’organizzazione e della relazione che solo inizialmente sembrano più onerosi, per poi rivelarsi più efficaci in termini di chiusura della vendita. Investire in risorse umane, con commerciale e personale tecnico di qualità, è il solo modo per fare fatturato. Perché alla fine, ciò che fa la differenza all’interno di un centro fitness, sono le persone!

© Performance Magazine - Settembre 2017

Letto 9466 volte Utima modifica effettuata Domenica, 26 November 2017 19:42

Lascia un commento

Verifica che tutti i dati nei campi con (*) siano inseriti. Non è permesso l'inserimento di codice HTML.