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UN INCONTRO A TU PER TU CON CAROLINA ARDIZZOIA: DALLA SUA INFANZIA ALL’INCONTRO CON LA FEDERAZIONE, FINO AL SUCCESSO CHE LA ANNOVERA TRA LE INFLUENCER FITNESS PIÙ IMPORTANTI DEL PANORAMA ITALIANO.

Carolina è una personal trainer specializzata in allenamento al femminile, studentessa di scienze motorie e atleta pro certificata WBF. Nel 2015 ha aperto il suo canale You Tube - Mad Carolina - e in questi ultimi anni per la sua crescita professionale ha scelto i corsi on line della FIF Academy. In questa intervista ci racconta le sue passioni, le sue esperienze professionali, le sue vittorie personali e i progetti futuri.

Quando inizia la tua avventura nel mondo del fitness?
Sono sempre stata una persona attiva, fin da piccola ho avuto la fortuna di passare i miei pomeriggi dai nonni materni in campagna, immersa nella natura tra gli animali e in pieno movimento; Ho giocato per svariati anni a tennis ma devo dire che il vero amore è arrivato con la sala pesi, una passione nata intorno al 2014 in seguito ad un periodo nero chiamato anoressia. Quando avevo 18 anni iniziai a vedermi diversa, di punto in bianco non mi piacevo più e quindi decisi di mettermi a dieta anche se non ne avevo realmente bisogno, tutto iniziò con una dieta presa da un giornale: «come perdere 4 kg in un mese». Detto fatto! Persi i famigerati 4 kg ma purtroppo non mi fermai, iniziai a tagliare sempre più le calorie e aumentai drasticamente l'attività cardio: la ricetta perfetta per un vero e proprio disastro. Rimasi in amenorrea per quasi 2 anni e non fu facile tornare ad un equilibrio psicofisico. La palestra è stata la mia migliore amica, un modo per perdermi e ritrovarmi, per riscoprire il mio corpo, amarlo e imparare ad alimentarlo nella maniera corretta, perché se volevo spingere con i pesi avevo bisogno di benzina, così facendo diventai forte sia dentro che fuori e dal 2015 condivido sui social (YouTube e Instagram) non solo i miei progressi ma anche le mie giornate tipo e i miei allenamenti.

Come definiresti la tua esperienza come atleta pro WBFF?
Un'esperienza indimenticabile che sicuramente mi piacerebbe ripetere quando avrò la possibilità di dedicarmici al 100%. Una gara non è una cosa da tutti e nemmeno una cosa da fare se già si è carichi di impegni, bisogna avere la «testa» giusta e l'atteggiamento giusto; io volevo brillare su quel palco e il sogno era proprio quello di diventare un'atleta pro, inutile dire sia stata una grande soddisfazione personale e una vera carica di emozioni!

Come nasce l’incontro con la FIF Academy?
Nel mio lavoro la curiosità deve essere la linfa vitale per continuare a crescere come personal trainer ma per imparare cose nuove bisogna affidarsi alle migliori fonti ed è per questo motivo che ho scelto la Federazione Italiana Fitness come mezzo per aggiornarmi seguendo i corsi on line comodamente in modo da poter continuare i miei progetti lavorativi e di studio nella massima organizzazione ed efficienza.

In che modo i corsi fif hanno influenzato la tua crescita professionale?
Tantissimo, quest'anno ho seguito due corsi, sempre nella formula e-learning, che mi hanno insegnato moltissimo: Bodyweight Training e Pilates matwork. Il primo, l’allenamento a corpo libero, penso sia un percorso di base utile non solo per i personal trainer ma anche per un pubblico amatoriale che decide di allenarsi in maniera autodidatta e vuole conoscere e approfondire quelle che sono le basi dell'allenamento. Il secondo, ovvero il Pilates, mi sta dando grandi soddisfazioni a livello di equilibrio posturale e di concentrazione nell'eseguire i movimenti del corpo.

3 motivi per i quali consiglieresti ai tuoi followers di seguire i corsi FIF
Primo fra tutti la professionalità da parte degli insegnanti e dei tutor, con contenuti on line più che completi e ricchi di approfondimenti; in secondo luogo la possibilità di potersi organizzare lo studio nel migliore dei modi dato che si può scegliere tra diverse date per sostenere gli esami finali ed ultima ragione, ma non per importanza, la serietà della federazione stessa.

Elenca 5 elementi fondamentali per diventare un PT e youtuber di successo.
È difficile rispondere a questa domanda perché non credo esista una vera e propria ricetta per il successo ma sono comunque lusingata nel rispondervi e quindi cercherò di stilare una lista di elementi che reputo essenziali.

1. La passione: senza quella non si va da nessuna parte, è un po’ come quando una persona vuole diventare ricca o famosa ma non si sofferma sul suo operato; se ci metti passione e impegno il lavoro esce meglio e se esce meglio sarà sicuramente più apprezzato.
2. La costanza: non basta pubblicare due foto o un video ed aspettarsi una vagonata di followers dall'oggi al domani, come non è sufficiente conseguire un singolo corso per reputarsi dei personal trainer eccellenti, bisogna essere costanti, curiosi e desiderosi di imparare.
3. Evitare il confronto: siamo costantemente bombardati da immagini che potrebbero farci sentire «inferiori» o «diversi» rispetto ad altri, la colpa non è dei social ma nostra. A volte non sappiamo distinguere la differenza tra una banale foto postata sui social e un percorso, ci troviamo nel periodo storico del «tutto e subito» senza però pensare ai sacrifici, la dedizione e l'impegno che sta dietro ad una persona di successo. Anche a me è capitato in passato di sentirmi «meno» ma ho imparato ad accogliere queste sensazioni sotto forma di ammirazione e motivazione per fare meglio!
4. Lavorare sodo e studiare quanto più possibile: questo vale per ogni settore e ogni obiettivo; tutte le persone di successo che ho avuto modo di conoscere sono tutte persone che si sono date da fare e hanno lavorato molto cercando di migliorarsi giorno dopo giorno.
5. Credere in te stesso: quasi tutti mi hanno dato della matta quando ho lasciato economia per dedicarmi al fitness ma ora posso solo dire grazie alle mie convinzioni e alla mia forza di volontà!

Perché hai scelto di rivolgere i tuoi allenamenti esclusivamente ad un pubblico femminile?
Facile, l'80% delle persone che mi segue sono donne e penso di aver costruito qualcosa di davvero speciale con loro negli anni. Da donna, so quali siano i desideri e le esigenze di un corpo femminile e soprattutto non voglio che altre donne compiano gli stessi errori che ho commesso io in passato.

Quali sono le caratteristiche del tuo programma di allenamento “mad body system”?
Per tantissimi anni, le donne hanno impostato i propri workout prediligendo esclusivamente i macchinari cardio e l’attività aerobica in generale. Allenamenti in cui si suda tanto e “se” si utilizzano i pesi, questi ultimi sono pesi piuma o come li chiamo io: “i pesi da Barbie”! Solo che se vogliamo essere toniche come Barbie, dobbiamo stravolgere i nostri allenamenti ed uscire dalla mentalità:
“pesi = divento grossa e tozza”.
La verità sta nel mezzo e non esistono segreti o pozioni magiche; per questo motivo il mio metodo di allenamento è dedicato ad un lavoro di tonificazione per un buon 70-80% e può essere svolto non solo in palestra ma anche a casa con la giusta attrezzatura e soprattutto seguendo il giusto metodo.

Secondo la tua esperienza sul campo cosa impedisce maggiormente alle donne di raggiungere gli obiettivi? E in che modo riesci a motivarle?
Il fattore tempo. Come dicevo prima, spesso e volentieri si getta la spugna quando si è ad un passo dai primi traguardi, proprio perché vorremmo vederci subito come desideriamo nel nostro immaginario: con i fianchi così, l'addome cosà ecc... quando perdiamo o prendiamo peso, soprattutto ad inizio percorso, non dobbiamo esaltarci o buttarci giù se non sappiamo realmente quello che sta succedendo all’interno del nostro corpo. Se mettiamo su una bilancia 1 kg di grasso e su un’altra 1 kg di muscoli, certamente la bilancia segnerà lo stesso peso ma le due masse occuperanno spazi ben diversi! Purtroppo, per questo motivo, molte donne si scoraggiano e gettano la spugna all’inizio di un percorso fitness, ma si sa che un percorso affinché dia i suoi frutti, deve essere costante e richiede tempo e fatica. La loro motivazione non deve essere il numero che segna la bilancia, piuttosto la soddisfazione nel riuscire a seguire un programma con costanza e dire «anche oggi ce l'ho fatta!». Io ad esempio non mi peso quasi mai, non do importanza ai numeri e preferisco di gran lunga piacermi allo specchio. Bisogna imparare ad amarsi sempre, non solo per arrivare in forma alla prova costume ma per piacersi nel quotidiano e soprattutto in totale equilibrio.

Come si svolge una tua tipica giornata da influencer e PT?
Sveglia alle 8,00 con una sana colazione e poi esco per una passeggiata con il mio Pepe. Le prime ore della giornata le passo lontane dai social e da qualsiasi altra piattaforma social, preferisco concentrarmi su studio e lavoro per sfruttare le mie energie e la mia concentrazione al meglio. Verso le 12,30 pranzo e subito dopo mi dedico a tutto ciò che riguarda l'altra parte del mio lavoro: pubblicazioni social, rispondo alle varie mail, call di lavoro, ecc. A metà pomeriggio mi fermo per uno snack ed esco di nuovo per una passeggiata, faccio rientrare così i miei 10mila passi giornalieri per mantenermi attiva nonostante un lavoro che mi tiene parecchio alla scrivania. Alle 17,00 stacco e lascio in stand by tutto quello a cui stavo lavorando/studiando perché per una libera professionista come me, senza un vero e proprio ufficio fisso, è importantissimo darsi degli orari da rispettare e mantenere una certa routine. Nel tardo pomeriggio mi alleno, spesso testo nuove schede per Mad Body System e poi... relax! Per me la sera è condivisione, raccontare a tavola della propria giornata, un bel film o un buon libro e una tisana calda. Questo dal lunedì al venerdì, il weekend per me è amici e famiglia.

Quali progetti hai in cantiere per il tuo futuro?
Sono un vulcano di idee, ho tanti progetti in ballo ma sicuramente oltre a quello di migliorare sempre più il Mad Body System c'è la voglia e l'intenzione di organizzare un bell'evento dal vivo con la mia
Mad-Family, non vedo l'ora!

Pubblicato in Performance n. 3 - 2021
Giovedì, 23 September 2021 10:12

All'ombra del successo

INTERVISTA AD ALEXANDER BERTUCCIOLI SUL SUO RUOLO DI MEDICO NUTRIZIONISTA DELLA PIÙ GRANDE NUOTATRICE ITALIANA DELLA STORIA: FEDERICA PELLEGRINI

Le luci di un podio, l’emozione di una finale Olimpica; tutti i riflettori sono (giustamente) sull’atleta che coglie il risultato di anni di sacrifici e dedizione ma a pochi va il pensiero verso tutte quelle persone che hanno contribuito a quel successo. Certamente i tecnici e gli allenatori, ma un ruolo centrale nello sport moderno lo ricoprono i medici, non solo quelli sportivi, ma anche i nutrizionisti che adeguano piani alimentari e integrazione alle esigenze dell’atleta. Un ruolo svolto in ombra e questo ancora di più se la figura in questione ha un carattere riservato come il prof. Alexander Bertuccioli, certamente uno dei docenti di punta della FIF e che parallelamente al suo percorso da medico/biologo ha percorso anche tutta la formazione fino ad arrivare al top trainer federale. Ebbene dietro la grande prestazione di Federica Pellegrini c’è anche il suo ruolo di medico nutrizionista. Dietro qualche insistenza siamo riusciti a “strappargli” una breve intervista.

bertuccioli

Alex come è stato lavorare con Federica Pellegrini? C’è stata subito empatia e fiducia?
È stata sicuramente una grande esperienza professionale e umana, in grado di farti capire cosa significa lavorare con un atleta professionista con la P maiuscola, che nel contempo si rivela anche una grande persona, sono rimasto profondamente colpito oltre che dalle doti atletiche dalle profonde doti umane, dal clima di gentilezza, rispetto e collaborazione, che purtroppo negli ambienti sportivi non è da dare per scontato.

Puoi dirci, senza svelare segreti, le linee guida del programma alimentare di una campionessa mondiale? I macro nutrienti sono sempre stati fissi?
Come l’allenamento anche la nutrizione e l’integrazione devono ruotare intorno all’atleta ed essere ritagliate in base alle sue specifiche necessità considerando che ogni misura applicata deve essere volta a sostenere la persona e garantirne il benessere non a “opprimerla”, il mio motto rimane sempre prima di tutto cerchiamo di far bene le cose “normali” di tutti i giorni, rifuggendo la ricerca dell’esotico o della novità a tutti i costi.

A tuo avviso in % che ruolo gioca l’alimentazione dietro un successo e soprattutto dietro la longevità sportiva di un atleta?
Sicuramente è importante, ma dobbiamo partire dal presupposto che con atleti di questo livello siamo di fronte a una combinazione vincente di diversi fattori, genetica, forza di volontà e motivazione, dedizione, serietà e come conseguenza di queste caratteristiche personali e del profondo impegno che continuamente viene profuso che deriva la capacità di seguire per anni un buon piano di allenamento e una corretta nutrizione. Difficile dare un valore percentuale, ma ritengo che come caratteristica derivata possa stare intorno a un 20-25% che comunque è notevole.

Tu stai facendo una splendida esperienza personale anche nell’endurance lavorando con atleti di alto profilo, ci sono differenze sostanziali nei due tipi di alimentazioni?
Assolutamente si, in particolare grazie all’aiuto di Stefano Gregoretti (da poco entrato a far parte della grande famiglia FIF) sto lavorando molto su quella parte dell’endurance off-road come il trail-running strizzando l’occhio all’ultra-endurance; per gare di questo tipo sia per il tipo di impegno richiesto sia per la durata abbiamo dinamiche metaboliche completamente differenti che rendono necessario ricorrere a dinamiche di idratazione e alimentazione assolutamente specifiche, per esempio assumendo quantitativi di elettroliti (cloruro e sodio in primis) e di grassi assolutamente improponibili per il nuoto soprattutto sulle distanze in questione.

Non so fino a che punto puoi entrare nel dettaglio ma per un nuotatore di livello quali ritieni siano gli integratori più efficaci?
Si parte sempre dalle basi guardando prodotti consolidati che si utilizzano da oltre 40 anni e continuano a dare risultati positivi, gli irrinunciabili sono sicuramente gli aminoacidi essenziali (eventualmente alternati o abbinati alle proteine del siero del latte), una buona integrazione di micronutrienti e anche se non sembra di elettroliti; molto interessanti a seconda del tipo di disciplina anche gli integratori in grado di supportare la funzione metabolico-energetica muscolare come creatina e beta alanina.

Lavorare con atleti di alto profilo cosa ti lascia sotto il profilo tecnico ed umano? È facile rimanere delusi?
Nella mia esperienza non dipende dal livello dell’atleta ma dalla persona. In passato mi è capitato di esser trattato come una sorta di “servo della gleba usa e getta” sia da atleti top-level sia da perfetti sconosciuti che si credevano inspiegabilmente importanti (della serie anche le pulci hanno la tosse), in questo caso invece è stata veramente una bellissima esperienza in grado di farmi crescere molto sia dal punto di vista umano che personale, questo non solo con Federica ma con tutto lo staff, con la collega Tiziana Balducci (medico di Federica) e soprattutto con Matteo Giunta che anche in alcuni miei momenti di difficoltà, da ottimo coach quale è, con poche mirate parole mi ha dato un grande aiuto a ripartire.

A tuo avviso per essere nella giusta empatia è importante che il nutrizionista sia (o sia stato) a sua volta atleta?
Assolutamente si, anche se hai gareggiato in altre discipline e a livelli molto inferiori, è fondamentale per capire cosa si prova in prossimità di una competizione, quali sono in linea di massima le tempistiche, le difficoltà logistiche, gli stress a cui si è sottoposti, altrimenti proporre un piano nutrizionale diventa solo un esercizio di teoria spesso fine a se stesso, poi ovviamente con il tempo tutto si può imparare ma non è la stessa cosa.

Come vedi e come “vorresti” fosse il rapporto fra allenatore e nutrizionista? Hai incontrato difficoltà?
Assolutamente nessuna difficoltà, vorrei che fosse come quello che ho avuto con Matteo: diretto franco leale e costruttivo; quando hai a che fare con persone che partono prima di tutto dai valori umani tutto il resto si costruisce, o meglio ancora viene da sé.

Tu hai fatto un percorso universitario importante, dalla laurea in scienza e tecnologia del fitness a quella in biologia e poi medicina (fino ad un incarico di insegnamento all’università di Urbino) e, tanto per finire, anche in scienze motorie. C’è qualche cosa che eviteresti di fare e cosa c’è nel tuo futuro? Che ruolo ha la tua famiglia ed i tuoi amici nei successi che hai avuto? Ci sono dei grazie particolari che desideri dedicare?
Rifarei tutto, ogni esperienza, buona o cattiva mi ha insegnato qualcosa ed è una parte importante del mio patrimonio, forse potrei rivedere il timing cercando di non trascurare così tanto la famiglia e gli amici dato che purtroppo il tempo estingue il suo debito e la vita spesso colpisce a sorpresa, portandoci a perdere momenti, occasioni e persone che purtroppo in alcuni casi non riusciremmo più a recuperare. Nel mio futuro direi che si delinea sempre di più l’obiettivo di fare quello che può rendermi curioso ma soprattutto darmi soddisfazione, continuando a fregarmene o se possibile fregandomene ancora di più di quello che la società si aspetta da me e dal mio ruolo, nel mio caso l’endurance è un’ottima metafora della vita, come nel trail-running anche nel mio caso metaforicamente “correre in mezzo a un campo” e non lungo una statale è quello che ti può far sentire realmente libero, anche se questo significa spesso fare scelte che dal punto di vista della carriera e della società altrettanto spesso non sono comprensibili; se non faccio qualcosa che in qualche misura mi stimola e mi soddisfa mi spengo e non riesco ad andare avanti. Confucio diceva che: “facendo il lavoro che ami non lavorerai un giorno!”. Io non riesco ad amare a lungo un lavoro, dopo poco mi annoio, ma amo il concetto di crescere e imparare costantemente cose nuove, è per questo che ho difficoltà ad a scegliere di diventare “specialista” di qualcosa. Famiglia a amici sono fondamentali, quando non ce la fai più sono loro in genere che ti fanno ripartire, purtroppo troppo spesso li ho trascurati. Di grazie ne dovrei dire tanti, ma in particolare direi che quello più grande lo devo alla “Gabuccia” (come la chiamavano in dialetto), mia nonna Giuseppina Gabucci che per prima si è resa conto che potevo fare qualcosa in più rispetto a quello che a 14 anni facevo in officina, ha avuto fiducia in me, e con la semplice frase “ma quando vuole ce la fa!” mi ha dato fiducia.

 

Pubblicato in Performance n. 2 - 2021

INTERVISTA ALLA PERSONAL TRAINER FIF MARIA SOLE BARBIERI, IDEATRICE DI PROGRAMMI DI ALLENAMENTO ON LINE PER SOLE DONNE: ”DA DONNA, MADRE E LAVORATRICE, SO QUANTO PUÒ ESSERE DIFFICILE TROVARE IL TEMPO PER SE STESSI. IL MIO PERCORSO È LA SCELTA VINCENTE PERCHÉ FATTO SU MISURA PER LE DONNE”.

L'espressione virtuale nel fitness sembra imporsi nel nostro presente come un progetto ideato per le palestre e per i liberi professionisti, come Personal Trainer e Preparatori Atletici, al fine di potenziare l’offerta dei loro servizi, soddisfacendo le esigenze di allenamento dei propri clienti in tutte le fasce orarie della giornata e in tutti gli spazi liberi idoor o outdoor.

In una prima analisi puramente di marketing e di sviluppo economico il programma di allenamento virtuale presenta molti effetti positivi. Per comprendere in modo esaustivo quali sono i vantaggi e come intraprendere un percorso di educazione al movimento virtuale, abbiamo intervistato una riconosciuta “Virtual Trainer” del Web, Maria Sole Barbieri che con passione e d orgoglio a scelto il mondo virtuale per portare avanti i principi tecnici che caratterizzano la filosofia della FIF ACADEMY. A Lei la parola!

Quando hai deciso di trasformare la tua carriera di Personal Trainer in una formula di servizio on line? E soprattutto quale fattore ha influenzato questa tua scelta?
Ho un passato da tennista professionista, ho dedicato la mia vita allo sport agonistico; dopo aver concluso la mia carriera, ho avuto due bambini, Gian Rocco e Joseph Leone a 13 mesi di distanza l’uno dall'altro. Ho iniziato ad allenarmi a casa non avendo più tempo a disposizione, con pochi attrezzi e in poco spazio sfruttando i principi dell’allenamento funzionale parzialmente a corpo libero. Notando grande riscontro da parte delle persone che mi seguivano soprattutto attraverso i social, ho deciso di rendere il mio metodo fruibile a tutti. Per tale ragione è nato il mio programma on line, per permettere a tutte le donne, anche quelle non residenti a Firenze, città nella quale vivo, di allenarsi seguendo i miei video e i miei consigli.

Ad oggi stima più di 40000 followers. In quanto tempo ha raggiunto questo traguardo? E perché ha scelto di rivolgersi ad un pubblico di sole donne?
Ho avuto una progressione piuttosto costante, ho raggiunto questo numero in un paio d’anni. Ho deciso di dedicarmi all’universo femminile perché credo che ciascuno di noi abbia delle vocazioni e delle capacità più spiccate rispetto ad altre; durante i miei primi personal in palestra, ho capito sin da subito che con le donne sarei stata in grado di instaurare un feeling speciale; noi Personal Trainer dobbiamo lavorare con il corpo dei nostri clienti, ma anche (e soprattutto aggiungerei) con la loro testa e mentalità’. E' importante guadagnare la loro fiducia per ottimizzare la riuscita del percorso e il raggiungimento dei risultati. Inoltre sono sempre stata affascinata da tutto quello che accade al corpo di una donna quando si allena.. sia dal punto di vista estetico che biochimico… Insomma la definirei una vera e propria passione!

Quale ritiene possa essere la sua chiave di successo?
Sicuramente un metodo di allenamento vincente adatto al pubblico femminile; un programma organizzato nei minimi dettagli e sempre personalizzato, seppur a distanza, e un utilizzo leale e sincero dei social. Mi faccio vedere per quella che sono senza maschere e filtri… e penso che questo alle persone piaccia.

Il metodo da lei applicato in che modo si distingue rispetto a tutti gli altri PT ON LINE?
Ho costruito una piattaforma digitale in cui ho caricato oltre mille esercizi (ogni settimana ne carico di nuovi) e che mixo e combino in base al programma che voglio realizzare; partendo dall’anamnesi personalizzata delle clienti che mi contattano, realizzo per loro dei programma ad hoc coerenti con gli obiettivi e con il loro livello motorio di partenza. Oggi il mondo del training virtuale e’ molto basato sulla quantità piuttosto che sulla qualità. Programmi uguali per tutti, a prescindere dalle esigenze e caratteristiche del singolo. La totale personalizzazione, supportata da un’organizzazione digitale impeccabile, è la chiave di svolta tra l’allenarsi per bruciare calorie, e l’allenarsi per raggiungere dei risultati concreti. Il mio format si sviluppa intorno alla realizzazione di video che monto e modifico in base ai feedback che ricevo dalle clienti; attraverso i miei video/allenamenti, accompagno l’utente in ogni momento della seduta di training: “mi alleno, mi riposo, fatico insieme a lui”. Tutto questo rende l’allenamento reale, coinvolgente e a basso rischio; infatti svolgo un’azione di tutoring continua facendo vedere come fare e come non fare gli esercizi, per portare le ragazze al raggiungimento, step by step, della migliore esecuzione tecnica degli esercizi.

Quali sono i 3 consigli i più importanti che potrebbe suggerire a chi desidera intraprendere il suo stesso percorso?
Consiglio numero uno: “scontato, ma sempre il più importante, sviluppate spirito di abnegazione e di sacrificio... lavorare sempre un minuto in più che un minuto in meno”.
Consiglio numero due: “formarsi il più possibile per dare un servizio sempre migliore e di qualità. Io ho seguito tanti corsi FIF che mi hanno fornito maggiore consapevolezza e numerosi strumenti vincenti che utilizzo tutti i giorni.
Consiglio numero tre: “siate sempre voi stessi; il cliente non ha sempre ragione; il cliente deve capire il nostro valore e le nostre capacità e si deve affidare totalmente a noi e ai nostri suggerimenti”.
Un quarto consiglio (anche se ne erano richiesti solo 3) usate il più possibile il vostro sesto senso e siate furbi. Nella vita e nel modo del lavoro sono due qualità che, se sviluppate nel modo giusto, fanno sempre la differenza!  

Pubblicato in Fitness news
Giovedì, 29 August 2019 16:03

L'intervista a Gianluca Molinaroli

CROSS TRAINING CHALLENGE: 1º ASSOLUTO MASCHILE

1. Com'è nata 11 anni fa l'idea di partecipare alla Cross Training Challenge?
Undici anni fa ho letto sul Performance l’iniziativa di questa gara, all’origine chiamata Fit Crossing, mi ha entusiasmato da subito per la tipologia delle discipline.

2. Per quante edizioni consecutive hai partecipato e quali sono stati i tuoi migliori piazzamenti in queste tue performance atletiche?
La prima edizione ho gareggiato senza grossi risultati, però mi sono appassionato talmente tanto che per le successive otto ho partecipato vincendo un paio di volte, poi qualche secondo e terzo posto, naturalmente come over 40, mentre nel 2016 sono arrivato terzo negli assoluti e onestamente ho pensato che potesse rimanere il mio miglior piazzamento, ma mi sbagliavo. La mia vera sfida ad ogni edizione non era quella di arrivare primo ma quella di riuscire a fare meglio dell’anno precedente e ci sono quasi sempre riuscito.

3. Quanto ti sei allenato per le 5 prove di gara? E con quali strategie hai organizzato il tuo allenamento tipo?
Da buon personal trainer FIF ho sempre curato l’alimentazione e allenamenti studiando e sperimentando tutto ciò il panorama sportivo proponeva. Per questa gara inizio la mia preparazione specifica a gennaio aggiungendo ai miei 3 canonici allenamenti settimanali in palestra altri 2 con la corsa e la bike. Per le trazioni e le distensioni negli anni ho cercato di perfezionare più che le tecniche di allenamento la tecnica di esecuzione, con centinaia e centinaia di ripetizioni settimanali nella convinzione che assieme al fisico va allenata la testa.

4. Tra le 5 prove della gara, quali sono state quelle più difficili da affrontare?
Il salto in alto da fermo, aggiunto nelle ultime edizioni, mi ha creato qualche problema, ma è stato uno stimolo in più per mettermi alla prova in una disciplina mai sperimentata.

5. Parteciperai ancora ad una gara come questa o ad altre gare organizzate dalla FIF nella prossima edizione di RiminiWellness?
Penso di essermi preso le mie soddisfazioni con questa ultima edizione e come tutte le cose che hanno un inizio è giusto ci sia una fine; quindi l’anno prossimo lascerò spazio ai giovani e penso che farò da spettatore, anche se mio figlio José mi ricorda che ogni anno dico la stessa cosa... un ringraziamento alla FIF per la grande opportunità di aggregazione fatta di sana competizione e in particolar modo il mio grazie va ai mitici Carlo Dolzan e Viviana Fabozzi che con la loro gestione hanno saputo rendere anno dopo anno ancor più avvincente questa gara.

Pubblicato in Performance n. 2 - 2019
Lunedì, 27 August 2018 17:14

A tu per tu con Anula Maiberg

ANULA MAIBERG È UNA APPASSIONATA MASTER TRAINER DEL METODO PILATES CHE IN POCO MENO DI UN DECENNIO HA CONSOLIDATO LA SUA IMMAGINE PROFESSIONALE IN TUTTO IL MONDO. OGGI È CO-PROPRIETARIA, INSIEME A JEREMY LAVERDURE, DEI CENTRI SIXTH STREET PILATES DOVE LA SUA BRILLANTE CARRIERA HA AVUTO INIZIO.

La sua storia
Anula Maiberg è nata in Israele e si è trasferita a New York nel 2001 per perseguire una carriera nel campo della fotografia. Mentre lavorava sui contenuti della sua laurea presso la School of Visual Arts si innamorò del metodo Pilates frequentando le lezioni e le sedute private tenute alla Sixth Street Pilates. Nel 2017 Anula ha iniziato un tour mondiale partendo dagli Stati Uniti e Canada, per poi proseguire in Europa, Regno Unito e Australia. In questo lungo viaggio è stata ospitata dai centri Polestar, Breathe Education e Stott. La sua carriera nell’anno 2018 la vede protagonista come presenter di importanti eventi dedicati al Pilates come la conferenza PMA 2018 nel Regno Unito questo ottobre in cui presenterà il suo protocollo di Body Control.

La sua passione
La sua essenza di Formatrice Mondiale nel Pilates si esprime attraverso il rispetto e la divulgazione delle tradizioni e dei principi del metodo focalizzando la sua attenzione sulle strategie con le quali si può diventare abili istruttori nell’aggiornare e personalizzare gli stessi principi secondo le esigenze dei propri clienti. Anula dedica parte del suo tempo come volontaria nella comunità LGBTQ affermando che Pilates è un movimento meraviglioso e uno strumento per la guarigione come supporto del benessere dell’umanità. Il suo sapere, la sua veridicità, legata alle tradizioni classiche e ai saldi principi del metodo, sono elementi da sempre ricercati da FIF. Nasce così la scelta della Federazione di invitare Anula Maiberg alla prossima edizione della International Pilates nella primavera del 2019.


L'INTERVISTA

Anula Maiberg, cosa rappresenta il Pilates per te?
La parola Pilates rappresenta “l’uomo” , ovvero Mr. Pilates! Il termine Contrology associato al metodo significa a sua volta la capacità di essere presenti e concentrati durante la pratica del movimento. Questo si traduce in controllo sul respiro, sulla mente, sul corpo. I movimenti sono così adattabili ad ogni singolo essere umano. Quindi non penso che abbia una grande importanza ciò che le cose sembrano, è esclusivamente lo stato mentale che conta!

Quali sono stati i tuoi primi passi nella formazione Pilates?
Dopo aver conseguito il Master in Belle Arti dal Royal College e dopo aver lavorato dietro una scrivania, ho compreso che la mia vera felicità non sarebbe stata esprimendomi davanti allo schermo di un computer; così ho deciso di frequentare la Kane School for Core Integration per diventare un insegnante certificata a tutto tondo nel metodo Pilates . Dopo diversi anni di insegnamento sono stata poi accettata nel Kathy Grant Heritage Training Masters laureandomi a pieni voti nel 2014.

Le scuole con cui collabori sono diverse. Possiamo dunque definirti una “Freelancer” del Pilates?
Si confermo di aver scelto di collaborare con tutte le scuole del metodo Pilates che esprimono qualità e passione, e mi piace essere considerata in assoluto una freelancer perché tra i tanti vantaggi mi permette di lavorare per più appassionati del settore restando l’unica artefice del mio destino senza il rischio di perdere la mia grande motivazione.

Per Anula Maiberg che cos’è il movimento?
Per me il movimento riguarda essenzialmente la sfida, la sorpresa! Il movimento avviene nel momento in cui fai ciò che pensavi fosse impossibile, senza sforzo e con il minore dispendio di energie.

Qual è la tua visione del Pilates nei prossimi anni?
Il futuro in generale sembra che stia andando verso il regno del digitale. Resto spettatrice nel vedere se questa evoluzione del Pilates in digitale si traduca in un successo o in un vero “flop”. Certamente nutro sentimenti positivi riguardo all’idealizzazione di una comunità globale, ma al contempo desidero che non si perda il tocco umano che è fonte essenziale dell’imparare e dell’insegnare.

Pubblicato in Performance n. 2 - 2018
Mercoledì, 30 May 2018 12:39

Ellie Herman pilates

DA OLTRE VENT'ANNI, LA MASTER INSTRUCTOR STATUNITENSE È CONSIDERATA UN'INNOVATRICE DEL PILATES CONTEMPORANEO. HA TRE STUDI A NEW YORK, MA INSEGNA IN TUTTO IL MONDO. HA SCRITTO UNA DECINA DI LIBRI E INVENTATO LO SPRINGBOARD PILATES.

Ellie Herman è una vera e propria autorità nel Pilates, grazie a una lunga e consolidata esperienza che pochi possono vantare nel settore. È, a tutti gli effetti, una innovatrice del Pilates contemporaneo, avendo anche inventato un attrezzo – lo Springboard – che consente di allenarsi ovunque in poco spazio. Ha tre studi Ellie Herman Pilates a New York, città in cui si è trasferita dopo anni passati in California, ha scritto una decina di libri, e insegna in tutto il mondo dal 1991. Di recente si è fatta conoscere anche in Italia, grazie alla sua partecipazione – in qualità di guest star – all’International Pilates Convention, organizzata dalla Federazione Italiana Fitness il 14 e 15 aprile al Centro Studi “La Torre” di Ravenna. Per l’occasione, ha tenuto lezioni sul tema pre & post parto, ma anche due workshop di approfondimento sul ginocchio e sul Pilates Reformer con rilascio di attestato specifico.

Ellie Herman, come è iniziata la sua grande passione per il Pilates?
«Nel 1989 quando era una ballerina professionista e una coreografa a San Francisco. All’apice di quell’esperienza, ho deciso di mettermi alla prova come wrestler professionista (ndr, lottatrice). La mia carriera come ‘Ruth Less’ è stata però presto interrotta da un grave infortunio al ginocchio, che si è verificato durante un incontro. Mentre giacevo sul pavimento con il ginocchio gonfio, mi sono maledetta per essere stata così stupida. Ma incredibilmente al dipartimento di Medicina della danza del St Francis Hospital di San Francisco sono riuscita a guarire con quella cosa misteriosa chiamata Pilates. Sono stata affidata nelle esperte mani di Elisabeth Larkham e, dopo mesi di riabilitazione Pilates e senza alcun intervento – normalmente consigliabile dopo una rottura del legamento crociato anteriore – sono tornata a danzare solo per il piacere di rendermi conto che potevo essere una ballerina migliore di quella che ero prima dell’infortunio. Il Pilates non mi ha permesso solo di tornare a saltare e a roteare, ma ha migliorato la mia tecnica, il controllo, l’equilibrio e la forza».

Una volta scoccata la scintilla, quali sono state le tappe principali della sua carriera?
«Nel 1991 ho frequentato il programma Masters Dance Alla New York University, dove la mia lezione preferita era quella di Mat Pilates con Kathy Grant, discepola di Joe Pilates. Kathy mi ha insegnato non solo che profondità e creatività potevano essere applicate al metodo Pilates, ma anche aiutato ad alleviare il crescente dolore all’anca che stavo provando a causa delle lezioni giornaliere di danza classica. Le sue lezioni mi hanno a tal punto ispirato che ho lasciato la New York University per seguire corsi di formazione per Pilates con Steve Giordano e con la maestra Romana Kyranowska, un’altra decana del Pilates. Nel 1992 ho aperto il mio primo studio a San Francisco, per poi aprirne un secondo a Oakland, in California, nel 2001. Ho anche conseguito un Master of Science in Agopuntura e Medicina erboristica cinese. Nel 2005 mi sono trasferita a Brooklyn, a New York, e ho aperto il mio Union Street Studio, poi il Class Annex nel 2008 e lo studio di Court Street nel 2012».

Lei è considerata un’innovatrice nel settore del Pilates contemporaneo. Secondo lei, cos’è il Pilates contemporaneo?
«È un Pilates influenzato dalla moderna ricerca sulla riabilitazione. Quando mi sono formata nei primi anni Ottanta, ancora non se ne sapeva nulla…».

Che c’è il Pilates Springboard che ha inventato?
«Nel 2003, ho inventato un pezzo di equipaggiamento per l’appunto chiamato Pilates Springboard. Si tratta di una variante economica e poco ingombrante del Pilates Cadillac. Come nel Cadillac, lo Springboard viene fornito con molle per le braccia e le gambe e un roll-bar. Realizzato in California da Balanced Body dal 2015, il mio Springboard è un modo perfetto per ottenere un allenamento per la resistenza dell’intero corpo negli studi Pilates di tutto il mondo o nel comfort della propria casa».

Come definirebbe il suo metodo Barre?
«Il mio Brooklyn Barre è un nuovo programma di fitness, un mix intelligente di esercizi funzionali pensati per persone di tutte le età e di tutti i livelli. Dopo 25 anni di insegnamento Pilates, ho individuato quelli che ritengo siano gli esercizi più importanti per mantenere il corpo in salute, senza lesioni e con un bell’aspetto. Come detto, ho mescolato esercizi funzionali che combinano sequenze di Pilates Matwork e Springboard, squat, affondi, planks e movimenti base di danza, utili per tonificare e rafforzare il corpo anche dal punto di vista cardio, proteggendo al contempo le preziose ginocchia e la colonna vertebrale! Il mio metodo viene praticato con l’ausilio di yoga block, yoga blanket, Gertie Ball e Theraband. Il mio intento è quello di creare un regime di fitness che potrebbe essere praticato anche nella cella di una prigione. Pur avendo accesso a uno studio Pilates dotato di tutti gli accessori, è l’ideale a dimostrazione di come la completa forma fisica possa essere raggiunta anche con un po’ di spazio sul pavimento. La cosa più importante, quando si fa qualsiasi tipo di allenamento, è che la forma sia corretta».

A suo avviso, quanto è importante il Pilates per il benessere delle persone?
«Il Pilates può guarire le persone dalle malattie croniche e consentire la riabilitazione a seguito di infortuni. Mantiene il corpo in equilibrio e fa sì che le articolazioni mantengano un corretto allineamento, dando longevità. Il Pilates consente di invecchiare con grazia, perché come diceva il suo inventore Joseph Pilates: “Sei solo vecchio come la tua colonna vertebrale” ».

Quali sono le principali caratteristiche del suo metodo di insegnamento che conduce annualmente nel suo studio?
«La principale differenza rispetto alle altre scuole americane di Pilates è che io insegno personalmente il repertorio completo agli allievi. Il che significa che i miei allievi possono studiare dall’inizio alla fine con lo stesso maestro».

Cosa fa di lei un Master Instructor?
«Ho oltre 25 anni di esperienza nell’insegnamento del Pilates e oltre 20 nell’insegnamento di istruttori. Ho scritto dieci libri di Pilates, tra cui “Pilates for Dummies” e ho inventato il Pilates Springboard, un attrezzo che da undici anni vendo a livello internazionale. Ho girato il mondo per insegnare e tenere conferenze in scuole e studi privati. Ogni anno la mia formazione per insegnanti di Pilates migliora un po’, perché continuo a imparare ed evolvere. I miei allievi traggono vantaggio da tutto ciò e si diplomano con una conoscenza più profonda non solo del Pilates classico ma anche di nuovi esercizi, variazioni e modifiche. Nei corsi di formazione per insegnanti tengo conto di particolari problematiche, in modo che i miei istruttori possano lavorare agevolmente anche con donne in gravidanza o post-parto, anziani e clienti con qualsiasi tipo di lesione cronica o acuta. I miei istruttori sono di livello mondiale non solo perché si allenano con un Master ma anche perché sono circondati da brillanti trainer di diverse generazioni in tutti i miei studi. Sono inoltre sempre calorosi e sempre contenti di prendere nuovi allievi sotto la loro ala. Chi è interessato a diventare specialista della riabilitazione può osservare i nostri istruttori Master di riabilitazione, come Denise Small, che offre anche una riabilitazione annuale intensiva. Altre scuole di formazione per insegnanti, invece, usano spesso istruttori inesperti per insegnare la loro formazione o per insegnare a più persone diverse. Ho incontrato molti istruttori di Pilates da tutto il mondo e in molti casi sono rimasta sconvolta dal loro scarso livello di allenamento. Non c’è nulla che valga anni di esperienza!».

Può raccontare un aneddoto o un episodio interessante che le è capitato nel corso della sua carriera?
«Mi sono capitate molte belle storie nel corso del mio lungo percorso. Una memorabile riguarda una donna che ho aiutato in Grecia: da anni zoppicava vistosamente e provava molto imbarazzo a camminare fuori casa. Ho passato un’ora a insegnarle come camminare bene, a fare piccoli passi, usando il suo gluteo medio per stabilizzare il bacino, e lei si è immediatamente trasformata. Il giorno dopo volevo ‘utilizzarla’ come esempio di debole gluteo medio per la mia classe, ma lei stava camminando normalmente!».

Com’è considerato attualmente il Pilates negli Stati Uniti? È praticato più nelle palestre o negli Studi?
«Negli Usa, il miglior Pilates viene insegnati in studi privati completamente attrezzati. Le palestre offrono normalmente le classi Matwork».

Pubblicato in Performance n. 1 - 2018
Mercoledì, 24 January 2018 12:53

Pietro Mozzi

SE VUOI ESSERE VINCENTE CURA L’ALIMENTAZIONE. I VANTAGGI SALUTISTICI E SPORTIVI DELLA DIETA DEI GRUPPI SANGUIGNI. ATTENZIONE A LATTE, FRUTTA E FARINE CON GLUTINE.

Medico con oltre 30 anni di esperienza e divulgatore dell’alimentazione secondo il gruppo sanguigno, Pietro Mozzi dedica la sua vita a migliorare il benessere delle persone. Il suo, infatti, non è semplicemente un regime per dimagrire, ma una scelta volta al conseguimento di uno stato di salute e di una forma fisica ottimali. L’obiettivo è di migliorare la qualità della vita, cercando di capire quali siano gli alimenti più adatti alla natura di ciascuno, individuando i cibi benefici, neutri e nocivi. Mozzi è stato l’ospite speciale del convegno “Alimentazione e integrazione per lo sport e la salute: aggiornamenti e analisi di strategie nutrizionali e tipologie di supplementi”, organizzato dalla Federazione Italiana Fitness a Bologna, lo scorso 18 febbraio. Durante l’incontro ha dato molti utili suggerimenti a istruttori e appassionati del fitness, partendo sempre dal presupposto che ogni persona ha un codice genetico unico di cui occorre tener conto.


Pietro Mozzi, come si è avvicinato alla dieta del gruppo sanguigno?
«Mi sono laureato in Medicina circa quarant'anni fa ma, in vita mia, non ho mai prescritto una medicina. Sin da ragazzo ho capito che quando mi ammalavo, era perché avevo mangiato qualcosa di sbagliato. Così ho approfondito la questione che più mi stava a cuore: la ricerca della causa della malattia. Tema ovviamente non facile, che va affrontato con perseveranza, senza mai darsi per vinti e nella convinzione che qualsiasi soluzione non è mai quella finale. Gradualmente è maturata la consapevolezza che la dieta dei gruppi sanguigni, così semplice e immediata, alla portata di tutti, è quella che garantisce i migliori risultati in rapporto alle principali malattie oggettive, dal diabete all'ipertensione, dall'ipercolesterolemia all'ipertrigliceridemia. Questo perché, una volta rimossi gli alimenti “sbagliati”, la malattia scompariva».

Ma non è vero anche che certi cibi possono dare fastidio solo in certi periodi o circostanze, senza per questo essere necessariamente nocivi per il nostro organismo?
«Ci sono certamente situazioni di sensibilità particolare. Per esempio in occasione di influenze molto aggressive, il nostro sistema immunitario – che sta sempre all'erta come una specie di sentinella – richiede ancora più attenzione con i cibi. Poi però, una volta ristabilito l'equilibrio, si ritorna come prima e quindi si possono reintegrare i cibi. Ma il concetto è un altro: il nostro organismo non è predisposto naturalmente per tutti gli alimenti e occorre evitare quelli “no” in base al proprio gruppo sanguigno».

I gruppi sanguigni sono quattro (A, B, AB, Zero), mentre la popolazione mondiale è di oltre 7 miliardi di persone. Ci saranno individui che, pur essendo di un certo gruppo sanguigno, proprio non tollerano certi cibi indicati per quel gruppo?
«Sì, può capitare. Mi viene in mente una coppia che conosco, formata da due persone del gruppo A: se il marito mangia lo zenzero sta male, mentre la moglie no. Ognuno è diverso dall'altro e bisogna prestare attenzione ai segnali che ci invia il corpo, per esempio la tosse, il naso che cola, gli starnuti, i pruriti, i crampi, i formicolii. Il problema è che nessuno ci ha insegnato ad “ascoltarci” per prendere poi gli opportuni accorgimenti. La dieta dei gruppi sanguigni è l'unica che tiene conto delle diversità, in quanto gran parte delle altre sono pensate per tutti, dalla mediterranea alla dieta a zona, dalla Dukan alla macrobiotica. La mia dieta, invece, si basa su una diversità specifica dei vari gruppi sanguigni, stampata nel nostro dna e legata alle caratteristiche immunitarie del nostro organismo».

Guardando indietro nel tempo, quanto è cambiata l'alimentazione con il boom dell'industria alimentare?
«Negli ultimi sessanta-settant'anni, l'industria alimentare ha fatto in modo che le regole durate millenni venissero all'improvviso stravolte. Sono state sconvolte anche le stagioni: prima i pomodori si mangiavano fino al massimo a settembre/ottobre, dopo tutto l'anno, e la stessa cosa vale per la frutta grazie all'avvento delle tecniche di conservazione. Sono state rivoluzionate le leggi che da sempre hanno governato tutti gli esseri viventi. L'industria ha poi molto sviluppato il latte e i derivati, i cereali e alimenti a base di cereali con tanto glutine. Sono frutto di questi ultimi anni anche gli edulcoranti, quali aspartame, maltodestrine, etc. Non c'è da stupirsi che siano comparse così tante malattie autoimmuni, forme prima sconosciute di tumore, sclerosi aggressive, e persino una recrudescenza di malattie cardiocircolatorie, diabete e obesità anche nei bambini, infertilità nelle donne. Questo per dire cosa? Che andare contro la natura è una battaglia persa, si rischia una severa punizione!».

Però ci sono anche dati confortanti come l'aumento della vita media delle persone.
«E qui veniamo al mito della longevità che, personalmente, non condivido. Vivere a lungo è bello ma se si riesce bene ad arrivare a una certa età, altrimenti è solo una sofferenza. Proviamo per un attimo a pensare a un ipotetico allevamento di bestiame. Come sarebbe valutato se gran parte degli animali avesse di continuo bisogno di visite veterinarie e farmaci? Un pessimo investimento. Ecco lo stesso ragionamento vale anche per gli esseri umani: un popolo è sano se è giovane e in salute, se è fertile e rigoglioso. Ma anche qui siamo arrivati a dei clamorosi paradossi. In Africa ci sono tanti bambini che potrebbero vivere anche solo con un euro al giorno e invece sono costretti a morire di fame mentre nei paesi ricchi ce ne solo altri malati, destinati a morire, ma tenuti in vita artificiosamente con tanti soldi. Certo, oggi la mortalità infantile è per fortuna diminuita, una volta si assisteva a una selezione naturale. I vecchi longevi di oggi sono per lo più persone nate anni fa che hanno sempre praticato una alimentazione spartana e una grande attività fisica».

Una alimentazione è dunque alla base di una vita lunga e in salute.
«Sì. La medicina e la chirurgia possono far molto, ma non tutto. Anche perché il vero problema è che se non si capiscono le cause delle malattie, queste continuano a diffondersi. Gran parte delle medicine servono per curare i sintomi, non per risolvere il problema, strada che si può invece tentare con il cibo. Ecco perché la medicina dovrebbe sempre più, come già stanno facendo alcuni oncologi, orientarsi verso le cause e prendere in considerazione gli alimenti, e non solo quando la malattia è comparsa, ma proprio a scopo preventivo. Se si attribuisce valore a fattori quali l'ansia, lo stress, la sfortuna, perché non anche al cibo, fonte del nostro sostentamento quotidiano?».

Analizziamo alcuni alimenti: frutta e fruttosio sono davvero così nocivi per il fegato e quindi per la salute*?
«Di certo non bisogna seguire l'esempio di Steve Jobs che era un fruttariano e ha pagato a caro prezzo questa sua scelta alimentare. So che l'attore incaricato di interpretarlo al cinema, Ashton Kutcher, aveva cercato di seguire la sua stessa dieta per meglio immedesimarsi in lui, ma ha dovuto sospenderla dopo il ricovero in ospedale per problemi al pancreas. Va detto anzitutto che la frutta andrebbe mangiata di stagione, ossia nei periodi in cui la natura fa crescere spontaneamente le piante, e in modo corretto. Anche il fruttosio, che ha preso il posto del saccarosio forse a torto demonizzato, ha dato parecchi problemi soprattutto di tipo muscolare a tanti sportivi. Mi viene in mente l'ex atleta Maria Guida, specialista del fondo che ho seguito per un po' di tempo: non aveva voglia di eliminare la frutta, molto nociva per il gruppo zero, e aveva di continuo problemi al tendine d'Achille».

A volte si dice che tutto mangiato nella giusta quantità, non fa male.
«È un luogo comune. La quantità giusta cambia da persona a persona. Nella mia esperienza so solo che il nostro sistema enzimatico non è fatto per mangiare tutto. Poi ci sono alimenti che singolarmente vanno bene, abbinati invece no. Tornando al discorso frutta, se mangiata a fine pasto dopo carne o pesce, va bene, mentre se abbinata a carboidrati produce incredibili gonfiori. Così come è meglio consumarla al mattino, piuttosto che la sera quando innalza la glicemia!».

Passiamo al latte. Qual è il migliore?
«Il latte di capra è quello più simile a quello umano. Ma se proprio non resistiamo, beviamo il latte di mandorla, un buon prodotto per noi che viviamo nel bacino del Mediterraneo. Detto questo, il latte è l'alimento specifico che la femmina dei mammiferi produce per il suo piccolo. Una volta finito lo svezzamento, non ha più ragion d'essere. Non si capisce perché, poi, dovremmo trarre beneficio dal bere il latte di un altro mammifero, pieno di ormoni nocivi che contrastano con il nostro sistema immunitario. Purtroppo e val la pena ricordarlo, un consumo eccessivo di latte e derivati è correlato a un esponenziale aumento di forme tumorali. In particolare per chi è del gruppo zero che dovrebbe proprio farne a meno».

Cosa ne pensa degli integratori utilizzati da gran parte degli sportivi?
«Dipende da che cosa sono ricavati. Se venissero presi da proteine del salmone o del tacchino, potrebbero anche andar bene, mentre sono da evitare quelli provenienti dalle proteine del latte e le terribili maltodestrine. Quando si parla di atleti si punta facilmente il dito contro il doping, considerato a giusta ragione possibile causa di malattie invalidanti, ma non bisogna dimenticare i gravi danni derivanti anche da un'errata alimentazione o dall'uso eccessivo di antinfiammatori per ritornare competitivi in fretta».

Guardando avanti nel tempo, quale sarà l'alimentazione del futuro?
«Un ritorno all'essenziale anche nell'alimentazione non potrebbe che fare bene. Ma è necessario vedere che cosa prevarrà tra l'interesse del genere umano a stare bene e in salute e l'interesse economico che invece ruota attorno alla malattia. Di certo, per vivere l'essere umano ha bisogno di mangiare. Voglio essere ottimista e credere che alla fine vincerà il buon senso e il benessere. Un alimento che mi piace molto è la quinoa, importata dall'America Latina, molto ricca di proteine, che già sta cominciando a spuntare nei supermercati con i prezzi in progressivo calo. Ottime sono anche le paste fatte con farina di ceci, fagioli, piselli, che contengono una quantità più grande di proteine e meno amido. Da agricoltore biologico da tempo, credo che i legumi saranno il futuro dell'agricoltura perché facilmente coltivabili e per di più arricchiscono i terreni».


*Studio del Bambin Gesù: troppo fruttosio è come l'alcol per il fegato dei bambini
Per i bambini ma non solo, il pericolo arriva dal fruttosio, aggiunto ai cibi e alle bevande, capace di scatenare dei meccanismi simili a quelli dell’alcol. Ogni grammo in eccesso rispetto al fabbisogno giornaliero (circa 25 grammi) accresce di una volta e mezza il rischio di sviluppare malattie epatiche gravi. Lo sostengono i ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù che, per la prima volta hanno dimostrato i danni del fruttosio sulle cellule del fegato dei più piccoli. I risultati dell’indagine sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Hepatology. A differenza del glucosio, che può essere utilizzato quasi da ogni cellula del nostro corpo, il fruttosio può essere metabolizzato solo dal fegato, perché esso è l’unico organo in cui è presente il suo trasportatore.

 

Pubblicato in Performance n. 1 - 2017
Mercoledì, 24 January 2018 12:36

Fascia in movimento

IL PILATES DI ELISABETH LARKAM

La statunitense Elisabeth Larkam è riconosciuta a livello internazionale come un'innovatrice in materia di educazione al movimento. È un'insegnante certificata “Gold” per il Metodo Pilates Alliance, nonché Balanced Body Master Trainer e Mentor con trent’anni di esperienza internazionale come professionista di Pilates, anche in ambito accademico. Inventrice di numerosi programmi ispirati al suo metodo innovativo, ha ricevuto diversi riconoscimenti, quali la Medaglia della Società danese di medicina Militare nel 2010, per i suoi sforzi nel seguire la riabilitazione di soldati feriti. Proprio lei è stata l'ospite speciale dell'edizione 2017 della International Pilates Convention organizzata dalla Federazione Italiana Fitness l'8 e 9 aprile al Centro Studi “La Torre” di Ravenna.

Elisabeth Larkam, quanto e come è cambiato il Pilates in questi ultimi anni?
«Il Pilates è in forte evoluzione e sta registrando moltissime innovazioni, come mai prima d'ora. Diversi i fattori che vi contribuiscono. Anzitutto la maggiore consapevolezza da parte delle persone anziane circa i benefici del Pilates per invecchiare meglio. In secondo luogo, sempre più terapie fisiche stanno incorporando il Pilates nella loro pratica per migliorarle: per esempio, quelle dopo gli interventi di ricostruzione e/o sostituzione dell'anca, del ginocchio o della spalla. Il Pilates ha dimostrato di essere un sistema molto versatile, funzionale ed efficace per specifiche condizioni fisiche. Un terzo motivo è poi collegato al fatto che il Pilates si è rivelato molto utile in abbinamento a specifici sport, quali l’atletica, il golf, l’equitazione, il baseball, il calcio, etc. Qualsiasi attività si voglia fare, il Pilates aiuta a farla meglio! C'è poi da dire, e questo è un quarto e ultimo motivo, che gli insegnanti di Pilates sono avidi e bramosi di studio continuo, per cui si guadano attorno per capire cos'altro possono studiare per diventare migliori praticanti. A livello personale, per esempio, diversi anni fa ho deciso di imparare qualcosa in più sul sistema miofasciale, per avere maggiori prospettive di movimento mirate alla fascia».

Gli insegnamenti di Joseph Pilates sono ancora validi malgrado i nuovi studi di anatomia e biomeccanica?
«Assolutamente sì. Pilates è stato un genio indiscusso e tutto il suo lavoro è tuttora valido. Credo che per tutte le persone impegnate nel settore del Pilates, sia molto importante avere un buon apprendimento del sistema di movimento sul tappetino e sui grandi attrezzi creati da Joseph Pilates. Gli insegnanti di oggi hanno la grande responsabilità di capire quali aspetti del metodo Pilates sono più appropriati per determinati tipi di clienti. Per esempio, nel caso di una donna con l'osteoporosi sarà necessario non esagerare col carico sulla colonna vertebrale che potrebbe mettere a rischio di compressione la fascia. Ci sono invece molti esercizi al tappetino e alle macchine, creati da J. Pilates, che richiedono flessione toracica e che possono essere più idonei. Il segreto è, dunque, stare attenti a non dare l'esercizio sbagliato».

Perché ha deciso di specializzarsi proprio sulla riabilitazione?
«Nel 1985, ho cominciato a lavorare con i ballerini, in ogni tipo di condizione, per tutto il giorno. C'era, fra loro, chi voleva saltare più in alto, chi aveva problemi alle ossa e aveva bisogno di risollevarsi, etc. Sono stata davvero molto fortunata a cominciare in questo ricco ambiente in cui la sfida era quella di utilizzare i giusti movimenti per facilitare la guarigione. Ma, guardando alla mia infanzia, c'è un'altra ragione per cui mi sono interessata alla riabilitazione: mia sorella minore ha riportato grossi danni al sistema nervoso durante la nascita e non poteva né parlare né muoversi. Fin da piccola, ho desiderato con tutta me stessa, il modo di farla stare meglio, di farla muovere più agevolmente».

Quali sono le principali peculiarità del suo metodo Pilates?
«Il mio approccio al Pilates è influenzato dallo studio di diversi metodi e tanti tipi di movimento: la danza, il Feldenkrais, lo yoga, il Gyrotonic, il Gyrokinesis, etc. Per semplicità ho chiamato il mio metodo ‘Fascia Focused Movement’ (Movimento mirato alla fascia), quindi un Pilates focalizzato sulla fascia. Penso di essere una delle tante persone che molto apprezzano il lavoro di Joseph Pilates, interessate a sviluppare espressioni di condizionamento muscolare, movimenti funzionali e terapeutici che tengono conto della ricerca oggi disponibile».

Nel corso della sua lunga carriera, c'è qualcuno che ha seguito che più le è rimasto impresso?
«Mi viene in mente il mio più piccolo ‘paziente’, un bambino di appena undici anni con un grave trauma al cervello. Sua madre mi contattò convinta che il mio particolare tipo di approccio potesse aiutarlo a farlo sentire meglio. Non aveva un buon controllo delle braccia e, in particolare, del lato sinistro del corpo. Molti medici avevano messo in dubbio che, crescendo, potesse sopravvivere, camminare, parlare… Abbiamo iniziato a lavorare insieme due volte a settimana per un’ora, un po’ come se sembrasse un gioco, divertendoci anche insieme. Lo lasciavo libero di decidere quali movimenti fare. È stato un lungo percorso e, al compimento dei suoi 12 anni, abbiamo fatto un video da far vedere alla sua famiglia durante la festa di compleanno. I suoi cari erano increduli perché non lo avevano mai visto muoversi così. Abbiamo continuato a lavorare ed, esattamente un anno dopo, alla soglia dei 13 anni, abbiamo registrato un nuovo video per mostrare i suoi grandi passi in avanti. È stato molto gratificante per me vedere come seguendo i principi del Pilates e quelli del sistema nervoso e della fascia, si possa ottenere un ottimo progresso nei movimenti funzionali. E questo vale per tutti i ragazzini, soprattutto considerando che gli adolescenti di oggi non hanno una buona postura a causa del fatto che passano gran parte del loro tempo a giocare continuamente con smartphone e videogiochi. Ora non lavoro più con questo ragazzino, che si è trasferito lontano con la sua famiglia. In compenso, attualmente, sto lavorando con George Schultz, ex segretario di Stato degli Stati Uniti d’America che con i suoi 96 anni è invece il mio “paziente” più anziano. Da vent'anni fa Pilates con me almeno due volte a settimana».

Com'è considerato oggi il Pilates negli Stati Uniti? Quali differenze osserva rispetto all’Italia?
«Negli Usa il Pilates gode di una grande attenzione da parte dei media e della stampa. Il boom del Pilates è stato registrato attorno al 2000, quando è stato scelto come disciplina del momento. D'altra parte gli americani hanno sempre molto bisogno di novità. Oggi l'interesse verso il Pilates si è per così dire stabilizzato e gode di una particolare attenzione da parte dei più anziani e delle persone che hanno le risorse finanziarie per permettersi sessioni con personal trainer privati con molti attrezzi. Chi ha meno possibilità si rivolge invece ai grandi centri che non mancano di offrire lezioni sia sul tappetino sia con piccoli attrezzi. In Italia, probabilmente a causa della recente crisi economica, mi sembra ci sia più pratica sul tappetino o con piccoli attrezzi e meno investimenti sui grandi attrezzi. Anche se viene dato grande valore alla buona qualità dell'insegnamento. Tant'è che c'è molta richiesta, per esempio, di allenamento sul tappetino mirato alla fascia o con piccoli attrezzi. I centri con grandi attrezzi dedicano invece la formazione a dei Pilates tour dove possono concentrarsi sui grandi attrezzi. In ogni caso, negli Usa come in Italia e ovunque, c'è grande bisogno di pratica del Pilates».

Cosa consiglierebbe a chi vuole insegnare Pilates? Quali doti servono?
«Oggi più che mai, l'insegnante del movimento è un componente fondamentale del team del benessere del cliente ed è la ‘figura’ più accessibile perché è più facile per il cliente andare in palestra a incontrare il proprio personal trainer o il proprio insegnante di Pilates che andare dal medico o dal nutrizionista o da un qualsiasi altro professionista clinic. Ciò significa che l'insegnante/educatore del movimento dovrà essersi formato con l'eccellenza e praticare con integrità, perciò è importante continuare sempre a studiare e a praticare. Una cosa che so per certo è che il movimento è necessario a tutti. È essenziale per invecchiare meglio e per tenere sotto controllo il proprio metabolismo». 

 

Pubblicato in Performance n. 1 - 2017