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Mercoledì, 29 April 2020 17:54

ORIZZONTI POSTURALI - La colonna vertebrale (parte 2): la lombalgia

Scritto da dott. Mattia Betti*
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Nella prima parte dell’articolo ho cercato di creare le fondamentali nozioni sulla colonna vertebrale, affrontando contenuti essenzialmente biomeccanici, che ci conducono ad una migliore comprensione sulle disfunzioni e disequilibri della nostra colonna, particolarmente in esiti post lombalgia… per la cervicalgia dovrete aspettare il prossimo articolo.

Tramite un approccio globale ma di sicuro interesse, oggi vi parlerò delle differenti strategie di contrasto della lombalgia attraverso tre livelli che dovremmo conoscere tutti:
• PREVENZIONE
• TRATTAMENTO
• MANTENIMENTO

Noi, specialisti sull’attività motoria, interveniamo sicuramente nella PREVENZIONE PRIMARIA (in assenza di patologia) e nel MANTENIMENTO, ed a seconda delle proprie qualifiche di professionalità nella PREVENZIONE SECONDARIA (con la comparsa dei primi esiti disfunzionali dello sbilanciamento muscolare, proponendosi di contrastarne la sua evoluzione).


Entriamo nello specifico

La prevenzione del dolore della colonna vertebrale viene sistematizzata dalle numerosissime revisioni Cochrane (sono definite revisioni sistematiche , veri e propri progetti di ricerca che sintetizzano e valutano criticamente tutte le prove disponibili in letteratura riguardo l'efficacia degli interventi sanitari. Si tratta di un'efficiente e valida fonte di informazione per professionisti impegnati in scelte di governo clinico, utili nell'orientare le attività mediche e  infermieristiche, nell'educazione continua e nell'organizzazione dei servizi. il più alto riferimento di evidenza scientifica), grazie a queste analisi raccogliamo una deludente esposizione dei risultati ossia nessuna metodica dall’uso di esercizi, terapia manuale, terapia comportamentale, applicazione caldo e freddo, uso di farmaci, strategie alternative quali yoga, pilates e back school, nessuno di questi strumenti terapeutici e’ capace in maniera risolutiva di modificare la storia naturale del dolore, ancor di più se sensibilizzato a livello centrale (SNC), quindi cronico.

ATTENZIONE
Vi è allo stesso tempo una doppia considerazione, tali studi non riescono a ricreare e a codificare un’omogenea analisi sintomatologica ovvero, ogni lombalgia ha il suo percorso, ha la sua storia individuale, la mia esperienza da chinesiologo e poi da osteopata, mi porta a dire con convinzione che i nostri clienti, pazienti con dolore vertebrale ricevono benefici dal trattamento o dal programma di recupero funzionale, quando questo e’ in relazione diretta con le caratteristiche del singolo. La possibilità di raggruppare i pazienti in gruppi con rachialgie coerentemente omogenee e rappresenta la vera chiave di volta per il futuro di noi operatori e terapeuti. Detto questo, alla luce delle attuali evidenze ed in un ragionato buonsenso esperienziale, partiamo dal concreto primo suggerimento.


ERGONOMIA

Nel 1949 lo psicologo K.H.F. Murrel attribuì al termine il significato attuale della IEA (International Ergonomics Association) ossia dal greco “érgon”, che significa lavoro e “némein”, che significa amministrare, governare. È una scienza interdisciplinare che comprende l’antropometria, la biomeccanica, la medicina, la fisiologia del lavoro e dell’allenamento allo sforzo, la progettazione dell’ambiente e degli strumenti di lavoro, la progettazione delle abitazioni e dell’arredamento e l’educazione alla salute.
Di conseguenza, lavorano nel campo dell’ergonomia ingegneri, architetti, medici e fisiologi del lavoro, fisioterapisti, terapisti occupazionali e laureati in scienze motorie, e operatori del movimento.
 I risultati delle ricerche ergonomiche sono fondamentali nel determinare i consigli e i sussidi utili per usare correttamente la colonna vertebrale; permettono di organizzare l’ambiente di lavoro, di studio (sedia, scrivania) e di scegliere correttamente l’arredamento (letto, cuscino, poltrona). Incluso anche quindi l’evitare o diminuire il rischio lesioni dovuto alla movimentazione dei carichi, studi approfonditi in tale direzione hanno mostrato che un intervento regolare su modifiche comportamentali ergonomiche, mantenendo viva l’attenzione sulle modalità di utilizzo ottimale della catena muscolare corretta, caviglia-ginocchio anca, migliora la funzionalità attiva piuttosto che con metodi terapeutici passivi. Tali approcci passivi rilanciano il sistema colonna vertebrale (fase acuta o post acuta), ma spesso senza innescare un strada di rieducazione neuro-funzionale appropriata, la parte terapeutica manuale rilancia il principio di autoguarigione di ogni sistema vivente che in molti casi non e’ sufficiente e va riprogrammata specificatamente... e il nostro operato vive e si organizza in questa border line…ed e’ fondamentale avere gli strumenti di lettura per aiutare correttamente il nostro cliente/paziente.

Le nozioni di Ergonomia aiutano il nostro intervento, queste le principali:


1) Fino a pochi anni fa la terapia più frequentemente prescritta in presenza di lombalgia acuta era il riposo a letto accompagnato dai farmaci analgesici e antinfiammatori. Si temeva che mantenere in carico una  colonna sofferente rallentasse la guarigione. Ora la medicina basata sull’evidenza non ritiene più opportuno il riposo a letto perché è stato dimostrato che diminuire ogni attività rallenta la guarigione.
L’inattività prolungata produce effetti negativi su tutte le strutture del rachide e sulle capacità fisiche: i muscoli si indeboliscono, le ossa vanno incontro ad osteoporosi, i legamenti diventano fragili, le cartilagini degenerano e la nutrizione del disco è scarsa.


Per questi motivi le indicazioni più utili in presenza di lombalgia e cervicalgia acuta sono:


• "stai in attività",
• "continua le normali attività quotidiane"

• "cerca di comportarti il più possibile  normalmente e di muoverti senza provocare dolore".


Le strutture del rachide sono fatte per il movimento e hanno bisogno di movimento per mantenere la loro piena efficienza e funzionalità.
 La salute della tua colonna e’ nello svolgere le normali attività motorie quotidiane, lavorative, del tempo libero, ricreative e sportive.


Tuttavia, occorre fare attenzione perché i movimenti quotidiani eseguiti scorrettamente, aumentano il mal di schiena. Infatti, in fase acuta, in presenza di  un blocco antalgico, i movimenti scorretti diventano impossibili.


Pertanto, è fondamentale precisare che occorre stare in attività con un uso corretto del rachide: le strutture del rachide mantengono la loro piena efficienza e funzionalità quando la colonna vertebrale  viene usata correttamente.

 Pertanto se è vero che in presenza di lombalgia acuta è importante stare in attività e che l’uso scorretto e tra le cause più importanti di algie vertebrali: ne consegue che il miglior  modo di prevenire e curare la lombalgia è stare in attività usando correttamente la colonna vertebrale.

L’uso corretto permette a chi non possiede una colonna vertebrale perfetta, in presenza di scoliosi, ipercifosi, spondilolistesi, artrosi ecc. di condurre una vita pressoché normale senza alcun dolore.


Talvolta la presenza simultanea di diverse patologie del rachide (stenosi, spondilolistesi, ernia discale) ostacola la riduzione della lombalgia cronica e diventa difficile programmare una strategia efficace. In questi casi la miglior soluzione è l’uso corretto del rachide.

Fondamentale è:



- mantenere le curve fisiologiche della colonna vertebrale nelle posture e soprattutto durante gli sforzi;

- scegliere sempre le posizioni e i movimenti che provocano minore pressione sui dischi;

- evitare di mantenere a lungo posture statiche e cambiare frequentemente posizione;

- acquistare la consuetudine a svolgere attività motorie.


Una freccia decisamente importante presente nel nostro arco è la prevenzione con un adeguato, e personalizzato programma di lavoro muscolare per il trattamento del dolore cronico del tratto lombare della colonna vertebrale.

L’abilità, la conoscenza e l’esperienza di strutturare un programma di esercizi, alla luce della notevole quantità di studi che sono stati pubblicati sull’argomento pare ad oggi è la conclusione più concorde, all’interno delle molte revisioni scientifiche.

Fra le tipologie di programmi più usati per questi pazienti, una delle strategie più frequenti prevede l’aumento delle capacità funzionali della muscolatura del tronco con vocazione stabilizzanti (CORE).

Negli ultimi anni, gli studi che hanno affrontato questo argomento sono stati numerosi e sicuramente fra quelli che hanno destato maggiore interesse tra i professionisti sanitari e non che si occupano di lombalgia. Il classico schema di rinforzo della stabilità della colonna vertebrale ha sempre individuato alcuni muscoli come specifici bersagli del trattamento. Questi sono gli onnipresenti traverso dell’addome e multifido, sui quali sono stati eseguiti sufficienti trial da attribuirgli l’aura di muscoli stabilizzatori per eccellenza. E’ sempre stato abbastanza evidente che probabilmente le cose sono più complesse. il motivo consiste semplicemente nel fatto che, fino ad oggi, non sono stati ancora eseguiti studi che hanno indagato a fondo su altri comparti muscolari. Ragionevolmente, questi muscoli dovrebbero costituire le superfici interne dell’ipotetico contenitore muscolare capace di governare la stabilità della colonna lombare. Assodata la funzione dei due comparti super famosi che avvolgono la struttura sul piano traverso, ci mancano all’appello la base e la sommità. Mentre per la sommità si è sempre parlato dell’azione sinergica del diaframma, ancora troppo poco si è indagato sul comparto della base che, senza scendere nel dettaglio dei singoli muscoli, dovrebbe essere ragionevolmente costituita anche dal pavimento pelvico ,dalla gestione della rigidità dorsale che ne determina la posizione della testa. La considerazione d’analisi parte da uno screening attento di compartimenti disfunzionali, non solo sede della sintomatologia dolorosa, altrimenti non ne usciamo vincenti. Prossimamente affronterò’, sempre con prospettiva posturale, l’importanza del lavoro di stabilizzazione (SSV) ricordandoci di non sparare la parola core training come unica panacea, alla soluzione del mal di schiena.

immagine

Tavola anatomica/visione posteriore,collocazione muscoli stabilizzatori direttamente coinvolti

Per concludere diversi studi hanno dimostrato l'effetto degli esercizi nella riduzione di dolore e disabilità nella lombalgia e nella sua prevenzione.


Una delle scoperte recenti più interessanti in questo campo è stata che forme di esercizio differenti sembrano avere effetti simili sul mal di schiena. Nessuna tipologia specifica di esercizio sembra essere migliore delle altre in termini sia di trattamento che di prevenzione.


Secondo il ricercatore di Harvard James Rainville, l'impatto positivo dell'esercizio deriva probabilmente dalla sua influenza sul sistema nervoso centrale piuttosto che sui classici obiettivi degli esercizi quali forza, flessibilità, resistenza e propriocezione.


Il ricercatore John Booth ha notato che i miglioramenti in termini di dolore e disabilità in risposta agli esercizi sono spesso non correlati a miglioramenti della funzionalità fisica. Secondo J. Booth, ad influenzare dolore e disabilità potrebbero essere lo stato psicologico e cognitivo (paura, catastrofizzazione, self-efficacy), l'analgesia indotta dall'esercizio, gli adattamenti strutturali e funzionali del sistema nervoso centrale, piuttosto che la funzionalità.

Uno studio (Naugle KO, Pain, 2017) condotto su 51 adulti tra i 60 e i 77 anni ha analizzato il livello di attività fisica tramite l'utilizzo di un accelerometro e lo ha correlato con i risultati dei test condotti sulla modulazione del dolore condizionato con l'obiettivo di valutare l'abilità di inibire il dolore, e sulla sommatoria temporale, per misurare la capacità di facilitare il dolore.


I risultati hanno mostrato che livelli elevati di attività fisica da moderata a vigorosa sono associati ad una maggiore inibizione del dolore; allo stesso modo, il comportamento sedentario e un basso livello di attività fisica si associano ad una maggiore facilitazione del dolore.
 Questo studio fornisce la prima evidenza circa la relazione esistente tra l'attività fisica e il funzionamento del sistema endogeno di modulazione del dolore negli adulti sani, c'è tuttavia un forte bisogno di approfondire con ulteriori studi i meccanismi che stanno alla base di questa relazione.

Questo articolo pone alcuni capisaldi che spero possano aiutarvi nella gestione dei vostri clienti, e nell’apertura dei vostri orizzonti valutativi… maggiore curiosità, maggiore indagine e conoscenza..no? Per me funziona cosi…

Nel prossimo appuntamento, parlerò di cervicalgia, e di come poter osservare tale problema, da più prospettive…

Buona lettura!

Osteopata D.o.m R.o.i - Docente FIF settore Postura, Laurea in Scienze Motorie e Specializzazione in Scienze e Tecnica dello Sport

 


PER LA TUA FORMAZIONE ABBIAMO SELEZIONATO QUESTO CORSO: 

TECNICO DI EDUCAZIONE POSTURALE

 

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