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Venerdì, 30 September 2022 12:25

NATURAL BODY BUILDING, UNA REALTÀ IN ESPANSIONE

APPROFONDIAMO COS’È, CHI LO TUTELA E QUAL'È IL MESSAGGIO CHE C’È DIETRO ALLA CREAZIONE DEL NUOVO CORSO DI SPECIALIZZAZIONE INTITOLATO “NUTRIZIONE E INTEGRAZIONE NEL NATURAL BOBY BUILDING AGONISTICO”


Negli ultimi anni abbiamo avuto una crescita esponenziale della reperibilità di informazioni riguardanti le strategie e gli approcci nella gestione delle pratiche che concernono l’allenamento, l’integrazione e la nutrizione nel campo del natural body building.

Il natural body building in realtà è diventato quasi un marchio, un trademark, costruito sul reiterare della divulgazione del nome e dei dettagli della materia stessa, cercando nel tempo di trasmettere il distaccamento dai comuni approcci, spesso condannabili, da sempre praticati nel mondo del bodybuilding propriamente detto. Il natural body building è un panorama che negli ultimi tempi è stato molto suggestionato da mode oltreoceano e metodi assolutistici. Molto spesso ognuna di queste mode e metodi hanno comunque gettato le basi per qualche punto di riflessione o per qualche principio al quale poi la scienza e i professionisti del settore hanno raccolto e organizzato con razionalità e logica.

Ci sono tanti aspetti che andrebbero considerati, ma è bene ricordare a parer mio che maggiore disponibilità di informazioni non è direttamente traducibile in ‘’novità’’ perché semplicemente prima c’erano pochi ma validissimi conoscitori della materia, maestri rari di cui abbiamo ancora possibilità di ascoltare e ricordare, ma meno spazio e possibilità di trasmetterlo in larga scala come è possibile invece fare oggi.


CHE COS’È IL NATURAL BODYBUILDING?

Sembra banale doverlo specificare ma fornire delle informazioni chiare e precise mi sembra doveroso; fare natural bodybuilding significa modellare il proprio corpo con sudore, costanza e dedizione proprio come qualsiasi bodybuilder dovrebbe e potrebbe fare, ma tassativamente senza l’uso di sostanze dopanti che vadano ad amplificare le proprie doti e caratteristiche fisiologiche. Questo è spesso soggetto di critica e sdegno da parte dei più, perché è sempre difficile poter distinguere e differenziare chi crede davvero in un approccio più etico dalla restante parte che invece crede esclusivamente al fatto che il farmaco sia necessario per portare il livello oltre la normalità, perché quest’ultima non è contemplata nel nome stesso della disciplina. La cosa positiva è che negli anni il natural body building ha fatto passi da gigante, è passato da essere quasi invisibile ad essere ormai sotto agli occhi di tutti e addirittura a volte mimetizzarsi al punto di renderne difficile l’identificazione, grazie a manifestazioni fisiche sempre più degne di nota degli atleti di questo settore.


CHI TUTELA IL NATURAL BODYBUILDING?

Nel corso degli ultimi anni sono nate nuove federazioni che credono nella possibilità di praticare questa meravigliosa disciplina in modo pulito, adottando quindi dei filtri per rendere sempre più difficile la contaminazione con atleti che utilizzano pratiche non consone a questa filosofia. I test antidoping sono sempre più aggiornati e completati con controlli periodici a sorpresa pre, during e post competizioni sia attraverso il controllo delle urine che anche attraverso controlli ematici effettuati da organi di riferimento come la NADO ITALIA.

Molti detrattori sostengono che i test possono essere raggirati con un po’ di astuzia ed in parte purtroppo è vero, ma è altrettanto vero che sta diventando sempre più difficile e soprattutto un grande deterrente sono le multe, i costi e le sanzioni che rendono sempre più “pulito” l’ ambiente, anche grazie ai numerosi appassionati e atleti che sempre di più crescono e popolano questo settore. Sicuramente “il gioco non vale la candela” di utilizzare sostanze per partecipare ad una competizione (senza montepremi in palio la maggior parte delle volte) e rischiare di cadere in sentenze penali e ricevere multe molto salate.


CHE MESSAGGIO VORREI DIVULGARE?

Non si tratta più ormai solo di nominare e accennare l’esistenza di un lato pulito e in crescita di questa disciplina. È mia volontà, come quella di alcuni miei colleghi, rendere disponibili le informazioni per poter far sì che quante più persone possibili possano approcciarsi a questa disciplina in modo naturale e fornire loro più nozioni possibili. Dopo anni di risultati ed esperienza maturata nell’ambiente, ho capito che il messaggio che stiamo passando è arrivato forte e chiaro anche a tutti quelli che non credevano nella nostra filosofia e nel nostro progetto. Il mio compito è quello di fornire in maniera sempre più dettagliata l’origine dei miei approcci: ALLENAMENTO, ALIMENTAZIONE ED INTEGRAZIONE e la loro evoluzione nel tempo fino ad oggi, permettendo sia a chi è estraneo a questo ambiente e sia ai più esperti di poter apprendere e/o confrontare le motivazioni teorico pratiche che ci sono dietro ad ogni nota espositiva.


QUALI SONO GLI ARGOMENTI CHE SI POSSONO APPROFONDIRE IN UN CORSO SUL TEMA?

Ci sono tanti aspetti che andrebbero considerati, ma se volessimo avere una breve e sintetica traccia da seguire riassumerei tutto in 5 punti:

PERSONALIZZAZIONE in base all’obiettivo che può essere in relazione alla categoria di riferimento a cui si vuole aderire in ottica agonistica o semplicemente in base al proprio obiettivo estetico.

IL CALCOLO E LE STRATEGIE DI MANIPOLAZIONE DEL FABBISOGNO E INTROITO ENERGETICO NEL BODYBUILDING E FITNESS AGONISTICO E NON, affinché si possa raggiungere al meglio l’obiettivo o il target prefissato.

FASE DI BULK (FASE DI CRESCITA) e FASE DI CUT (FASE DI DEFINIZIONE): metodi e sistemi da utilizzare e quindi teorie che includono allenamento, alimentazione e integrazione, accompagnati da esempi pratici e casi studio.

CONTEST PREP (PREPARAZIONE ALLA GARA) esplorazione ed accenno delle varie strategie e le ulteriori fasi collegate ad essa, come le peak week, le ciclizzazioni e le tecniche più studiate e utilizzate in questi ultimi anni che sono spesso confusionarie o scarne nei contenuti.

POST CONTEST PERIOD: il periodo atto a ristabilire al meglio le condizioni per affrontare una nuova fase di crescita muscolare, in funzione del tipo di categoria e obiettivo di riferimento. Un periodo molto sottovalutato dalla maggior parte degli atleti e persone ma è in realtà una fase delicata da programmare allo stesso modo del pre contest.


CONCLUSIONI

Non posso fare a meno di ricordare che l’agonismo in questo settore è costantemente in crescita e se è vero che sta diventando materia da divulgare per gli agonisti stessi e per i coach o preparatori che vogliono alzare sempre più l’asticella del proprio bagaglio culturale, è anche vero che anche gli appassionati amatori possono trarre beneficio dall’apprendere le dinamiche che si celano dietro questo meraviglioso mondo, dal quale possono uscire arricchiti tutti, nessuno escluso, dal sottoscritto al semplice appassionato.

Pubblicato in Performance n. 2 - 2022
Mercoledì, 15 June 2022 09:51

Power building

UN METODO SEMPRE PIÙ IN VOGA NEL MONDO DEL FITNESS
Il mitico Fabio Zonin ci illustra le peculiarità del metodo che sarà presentato nella prossima edizione della FIF ANNUAL CONVENTION

Innanzitutto è bene premettere che la definizione lascia spazio a diverse interpretazioni, un po’ come parlare di “allenamento funzionale” o “ipertrofia funzionale”. Funzionali a che? Detto ciò, andiamo insieme a conoscere quelle che a mio avviso sono le caratteristiche salienti di questo approccio al bodybuilding e di come conciliare diverse argomentazioni ad esso legate.

A differenza del bodybuilding tradizionale, nel Powerbuilding si vuole accorciare la ricerca delle seguenti componenti: prestazione, salute e sostenibilità. Non ci si concentra più sull’isolamento del singolo gruppo muscolare, ma si allenano gli schemi motori. Pertanto, anziché suddividere un programma in base al gruppo muscolare (pettorali, spalle, bicipiti, quadricipiti, ecc.) lo si fa in base agli schemi motori (squat, hip hinge, spinta orizzontale, spinta verticale, trazione orizzontale, trazione verticale, movimenti controlaterali, ecc.). Non si utilizzano macchine isotoniche (oppure lo si fa in modo molto limitato) e non si svolgono esercizi di isolamento (oppure lo si fa in modo molto limitato), ma si privilegiano esercizi multiarticolari con bilancieri, manubri, kettlebell, corpo libero, attingendo molto dal pool di esercizi di powerlifting, weightlifting, strongman e calisthenics. Oltre alla ricerca dell’ipertrofia muscolare, si ricercano la forza massimale, la potenza, e il condizionamento. Uno dei motti più comuni in USA legati al Powerbuilding è: “be as strong as you look, look as strong as you are”. Il lavoro per la forza massimale gioca un ruolo chiave. Il lavoro per l’ipertrofia è quasi esclusivamente rivolto all’ipertrofia miofibrillare (crescita delle componenti miofibrillari) mentre non si ricerca l’ipertrofia sarcoplasmatica, ovvero la crescita degli elementi all’interno del sarcolemma. La prima, detta anche ipertrofia funzionale, è tipica dei sollevatori di peso, dei power lifter, degli sprinter e degli sport di potenza, poiché agisce sulla parte contrattile del muscolo comportando un incremento della produzione di forza. Quella sarcoplasmatica, al contrario, avviene in seguito a stimoli di tipo metabolico creando degli adattamenti strutturali ed energetici nel muscolo. è perciò tipica di chi fa body building e non è necessariamente correlata ad un aumento di forza. A differenza del bodybuilding tradizionale, dove solitamente si utilizzano le split routine, ovvero si allenano solo alcuni muscoli in ogni seduta, ed ogni muscolo è allenato 1-2 volte la settimana, i programmi di allenamento del Powebuilding prevedono generalmente la multifrequenza. Ciò significa che tutti (o quasi tutti) gli schemi motori sono allenati in ogni seduta di allenamento della settimana.

Una citazione tipica del Powebuilding USA è una frase di Dan Gable, noto Hall of Fame della lotta libera Americana: “Se è importante fallo ogni giorno, se non è importante non farlo affatto”. Ne consegue che nel Powerbuilding, oltre agli esercizi con bilancieri e manubri utilizzati nel bodybuilding e nel fitness, si fa un largo uso anche degli esercizi balistici, con bilanciere e kettlebell, per la potenza e per il lavoro cardiovascolare. Il “cardio” è allenato prevalentemente con protocolli ATG (anti-glycolytic training), quindi con ripetute o serie-ripetute anaerobiche alattacide, spesso intervallate con lavoro aerobico, mentre si tende a tenersi alla larga dai protocolli HIIT. Questo in quanto i protocolli HIIT utilizzano prevalentemente il sistema glicolitico, con conseguenti massicce produzioni di acido lattico e DOMS nei giorni seguenti. Soffrire di DOMS non consentirebbe agli atleti del Powerbuilding di attenersi all’approccio in multifrequenza e allenare i diversi schemi motori quasi quotidianamente. L’alimentazione è solitamente low carb, dalla paleo-diet alla slow-carb diet, passando per la cheto, anche se adesso vanno molto di moda in USA i powerbuilders vegani. Tutto ciò anche perché essendo l'allenamento di power building principalmente di tipo anaerobico-alattacido e aerobico, mentre le proteine ed i grassi giocano un ruolo chiave nella performance, i carboidrati non sono ritenuti così importanti. Questo è quanto perlomeno “si dice”. Dalle interessanti argomentazioni fin qui trattate nasce l’idea di esplorare il POWER BUILDING in tutte le sue caratteristiche nella prossima edizione della FIF ANNUAL CONVENTION che si terrà il 29 e 30 ottobre 2022 nella meravigliosa cornice della città di Vicenza.

La convention avrà come protagonista una task force di importanti relatori del panorama italiano a cui si uniranno grandi relatori che viaggeranno da altri continenti. Il programma sarà articolato in due giornate: il sabato dedicato alle evidenze scientifiche e la domenica dedicata alle diverse applicazioni pratiche.

La parte scientifica andrà a sviscerare i temi legati ai diversi tipi di ipertrofia e alle metodiche di allenamento ad esse associate, con un focus su quelle legate al Powerbuilding, oltre a trattare l’alimentazione e l’integrazione più adattabili alle esigenze del Powerbuilding. La parte di applicazione pratica tratterà prevalentemente le metodologie e la programmazione per il Powerbuilding attraverso l’esperienza dello staff tecnico federale e degli ospiti internazionali.

Non mi resta che invitarvi tutti alla FIF ANNUAL CONVENTION per intraprendere insieme un meraviglioso viaggio nel mondo dell’allenamento squisitamente anaerobico-alattacido e aerobico e nella ricerca della forza massimale, della potenza e dell’ipertrofia miofibrillare.

Pubblicato in Performance n. 1 - 2022
Mercoledì, 12 January 2022 11:12

Hip thrust base: complementare o essenziale?

ANALIZZIAMO LA BIOMECCANICA, L’ESECUZIONE TECNICA E LE VARIANTI DI UNO TRA GLI ESERCIZI PIÙ INTERESSANTI PER ALLENARE I GLUTEI E GLI ISCHIOCRURALI

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Da qualche anno in palestra quando si parla di Glutei è immancabile un pensiero ad un esercizio, l’Hip Thrust, questo fino a qualche anno fa totalmente ignorato se non addirittura sconosciuto. Prima di analizzare questo esercizio e le sue varianti facciamo un breve focus sui Glutei. Quando si parla di glutei ricordiamoci che questo settore muscolare è formato da 3 muscoli: Grande, Medio e Piccolo Gluteo; senza andare troppo nel dettaglio questi 3 muscoli originano dall’anca e dalla cresta iliaca e si inseriscono sul femore; focalizziamoci invece sulle azioni muscolari di questi muscoli.

GRANDE GLUTEO (Superficiale): Prendendo punto fisso sul bacino estende ed extraruota il femore, invece prendendo punto fisso sul femore estende il bacino.

MEDIO GLUTEO (Intermedio): Abduce ed intraruota il femore (i fasci posteriori lo extraruotano ma sono inferiori), se si prende come punto fisso sul femore avremo con la contrazione bilaterale l’estensione del bacino, con la contrazione monolaterale si induce la flessione laterale del bacino.

PICCOLO GLUTEO (Profondo): Prendendo punto fisso sul bacino abduce ed intraruota il femore, invece prendendo punto fisso il femore diventa un estensore del femore.

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L’azione principale e comune di questi 3 capi muscolari sarà quindi l’Estensione dell’anca, tale azione avviene in sinergia al gruppo muscolare che ricopre la parte posteriore della coscia, questi si definiscono Ischiocrurali e comprendono il Semimembranoso, il Semitendinoso ed il Bicipite Femorale. Per far lavorare al meglio i glutei dovremmo quindi “limitare” l’intervento degli ischocrurali che rischierebbero di prevalere negli esercizi con l’estensione dell’anca, per questo motivo un esercizio che isola i glutei dovrà prevedere una iniziale flessione del ginocchio proprio per “disattivare parzialmente” i muscoli della parte posteriore del femore, un esempio è lo slancio posteriore al cavo basso, questo per isolare i glutei dovrà essere eseguito a ginocchio flesso mantenendo la flessione per tutto il ROM. Tornando all’Hip Thrust, tralasciamo la descrizione dell’esercizio (ormai ben conosciuto da tutti) e ci focalizziamo invece su qualche dettaglio biomeccanico; tecnicamente e teoricamente viene classificato come esercizio multiarticolare perchè recluta il movimento di tre articolazioni (caviglia, ginocchio ed anca) anche se, a mio parere, non lo si potrà equiparare ad esercizi Fondamentali come Squat, Affondi, Stacchi e Pressa ecc, per certi autori viene persino classificato come Complementare. Per eseguire bene questo esercizio sarà importante caricare il peso correttamente sull’anca ed avere fissato saldamente i piedi al terreno, o alla pedana nel caso del macchinario guidato; è importante che il carico sia ben distribuito su tutto il piede ma soprattutto sul tallone; un semplice suggerimento potrebbe essere quello di sollevare leggermente e poi mantenere alzate le punte dei piedi proprio per enfatizzare il reclutamento dei Glutei (quando il carico è più sul tallone lavora sempre meglio la catena posteriore). Essendo un esercizio che recluta il settore muscolare più forte del corpo umano (Glutei e Ischiocrurali) si dovranno utilizzare carichi importanti, ponendo però molta attenzione allo stress sull’ anca e sulla zona lombosacrale; infatti se quest’ultima fosse rigida, rettilinizzata o con problematiche osteoarticolari come ernie o spondilolisi non si dovrà utilizzare un carico molto elevato come invece sarebbe giusto fare.

Altri punti chiave per l’esecuzione ottimale di questo esercizio sono:

- mantenere attivi i muscoi profondi del Core sia in fase concentrica che eccentrica (retroversione anca),
- assicurarsi di avere una buona mobilità dell’anca e del tratto lombosacrale,
- non eccedere con l’estensione (soprattutto se si ha Iperlordosi o Erniazioni),
- enfatizzare la differenza di Velocità tra fase Eccentrica (lenta) e Concentrica (Esplosiva),
- controllare che la flesso-estensione del ginocchio sia minima per limitare il lavoro di Quadricipiti e Ischiocrurali (essendo preaccorciati interverranno meno) a favore dei Glutei,
- immaginare di spingere il bilanciere verso il soffitto mentre i piedi (Talloni) sprofondano nel pavimento.

Sono molto interessanti le varianti che si possono applicare a questo esercizio, ad esempio utilizzare un elastico a metà coscia o all’altezza del ginocchio farà in modo che durante tutto il movimento sia mantenuta l’abduzione femorale grazie all’attivazione del Medio Gluteo e del Tensore Fascia Lata ed abbinando la contrazione concentrica alla isometrica ed auxotonica; questo “stratagemma” è molto interessante nell’home-fitness dove spesso non si hanno grossi carichi a disposizione; un’ altra variante è utilizzare un rialzo sotto i talloni per aumentare il ROM, oppure appoggi che, oltre a sollevare, destabilizzano come Bosu o cuscini ad aria ecc. A corpo libero o con poco peso si può optare anche per la versione monopodalica (ad una gamba), cosi facendo si bilancierà anche il lavoro sugli arti rinforzando l’arto più debole portandolo al livello dell’arto dominante. Da pochi anni si trovano sul mercato anche macchinari che riproducono l’Hip Thrust, questi hanno pro e contro; tra i pregi troviamo la comodità di non dover caricare il bilanciere, l’appoggio per le spalle svincolato e la pedana inclinata regolabile; tra i contro invece abbiamo la “rigidità” del movimento che è vincolato, oltre al fatto che il “braccio” del macchinario è a destra e questo caricherà maggiormente l’arto destro rispetto al sinistro.

Personalmente utilizzo l’Hip Thrust come preaffaticamento prima di uno degli esercizi Base sopraelencati per isolare meglio i glutei, oppure successivamente all’esercizio pluriarticolare per portare il Muscolo Target ad esaurimento concentrico; a scelta si potrà anche aggiungere qualche secondo di Isometria alla fine di ogni ripetizione. Assemblando queste metodiche potremmo creare questo Triset:

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Concludendo ritengo che questo esercizio sia molto interessante ma “non essenziale” per l’allenamento degli arti inferiori, seppur negli ultimi anni l’Hip Thrust sia stato santificato, utilizzato e forse abusato (probabilmete per moda ed emulazione). La versione guidata è sicuramente più comoda ma meno funzionale quindi sarà da preferire il movimento a corpo libero, non è corretta l’esecuzione alla “Leg Extention” a causa dei vincoli del macchinario che non lo rendono adatto a questo movimento. A mio parere l’Hip Thrust è sicuramente un buon esercizio per stimolare il Grande Gluteo ma nella scheda di allenamento non dovrà sostituire i “Capisaldi” del lavoro per i glutei quali: Stacco Sumo, Squat Sumo, Bulgarian Squat, Affondi Frontali/Posteriori e Leg Press; così come gli esercizi monoarticolari quali Slanci Posteriori, Laterali e Diagonali, nella versione a corpo libero può rivelarsi molto utile nei soggetti di entrambi i sessi che hanno una predominanza di intervento del quadricipite negli esercizi di Estensione dell’anca, a patto che vengano rispettati i principi sopraelencati per reclutare al meglio i Glutei rispettandone la biomeccanica e la composizione muscolare.

Pubblicato in Performance n. 3 - 2021

Una o più risposte in una interessante ricerca sull’analisi elettromiografica delle variazioni dell’alzata laterale nei bodybuilder competitivi

Fra tutti gli esercizi a carichi liberi quelli con i manubri sono certamente quelli con più ampio margine interpretativo. Ma questo è un bene perché ciascuno può adattarlo alle sue esigenze; d’altra parte può essere un problema nel momento in cui si tratta di definire una tecnica comune per l’esecuzione base. Fra tutti questi esercizi credo di non sbagliare nel dire che le alzate laterali per il deltoide siano quelle con maggiore “crisi di identità”. Recentemente è uscito uno studio apparso su Int. J. Environ. Ris. Public Health 2020 , 17 (17), 6015. Lo studio è tutto italiano ed ha come primo firmatario il prof. Giuseppe Coratella un grande esperto di forza, allenamento e contrazioni isometriche, conosciuto nel modo FIF in qualità di relatore ad una convention ufficiale, e che fa parte del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano. Insieme a lui nella ricerca compaiono Gianpaolo Tornatore, Stefano Longo, Fabio Esposito, Emiliano Cè. Il titolo della ricerca (tradotto in Italiano) è: “Un’analisi elettromiografica delle variazioni dell’ alzata laterale e del sollevamento frontale nei bodybuilder competitivi”.

In questo studio si è esaminata l’attivazione muscolare nel sollevamento laterale con l’omero ruotato esternamente (LR-esterno), neutro (LR-neutro), internamente (LR-interno), con gomito flesso (LR-flesso) e sollevamento frontale sia durante il concentrico che fase eccentrica.

I soggetti erano 10 atleti di Body Building (quindi con buona conoscenza del gesto e, soprattutto ottima sensibilità muscolare). Nella prima sessione, i partecipanti hanno familiarizzato con la tecnica di ogni esercizio selezionato. Nella seconda sessione, è stato determinato il carico per ogni esercizio. Nella terza seduta è stata misurata la massima attivazione dei muscoli; successivamente, dopo un minimo di 30 minuti di recupero passivo, i partecipanti hanno eseguito ogni esercizio in ordine casuale. Ogni sessione è stata separata da almeno tre giorni e ai partecipanti è stato chiesto di evitare qualsiasi ulteriore forma di allenamento di resistenza per l’intera durata dell’indagine. Gli elettrodi erano posizionati secondo raccomandazioni SENIAM. Per determinare la massima attivazione volontaria di tutti i muscoli selezionati, ai partecipanti è stato chiesto di esercitare la loro forza massima contro la resistenza inamovibile o manuale. Ogni esercizio è stato eseguito da seduti con un carico che permetteva otto ripetizioni, ma ai partecipanti è stato chiesto di eseguirne sei ripetizioni per ogni esercizio per evitare gli effetti della fatica sul segnale. Ogni esercizio è stato eseguito con la stimolazione di 2 s per la fase concentrica e di 2 s per la fase eccentrica e di 0,5 s per la fase isometrica all’inizio e alla fine di ogni movimento. Cosa è emerso (riassumendo) da questo interessante studio?

✔ Il deltoide anteriore aumenta l’attivazione all’aumentare dell’extrarotazione dell’omero

✔ il deltoide posteriore aumenta l’attivazione all’aumentare dell’intrarotazione dell’omero

✔ il deltoide laterale lavora di più ad arto lungo che flesso.

✔ le alzate frontali sono essenzialmente a carico di pettorale clavicolare e deltoide frontale.

✔ la fase eccentrica segue uno schema simile, ma non identico.

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Come lo definisce lo stesso prof. Coratella, si tratta di uno studio semplice, che però certifica delle “conoscenze” derivanti dalla pratica (e deducibili anche da una analisi teorica del gesto). Sempre l’autore evidenzia: “È interessante notare che, sebbene uno studio computazionale abbia scoperto che la rotazione dell’omero avrebbe potuto portare a differenze trascurabili, qui gli attuali bodybuilder competitivi potrebbero essere stati in grado di aumentare l’attivazione muscolare per ogni esercizio”.

Personalmente ho molto apprezzato questo studio che conferma tutta una serie di considerazioni già conosciute. Rimane da decidere quale sia la “migliore alzata” ma questo andrebbe fatto anche considerando la realtà articolare per evitare di cadere in problematiche di conflitto subacromiale che certamente possono presentarsi con una accentuata intrarotazione della mano. Il “buon senso” e la prevenzione consiglierebbe quasi di suggerire durante l’esecuzione una leggera extrarotazione, ma questo, come si evince anche dall’articolo, sposterebbe il focus sul deltoide anteriore. Ora vi confesso che personalmente ho una idiosincrasia per tutto ciò che coinvolge il deltoide anteriore; infatti chi mi conosce sa bene che nelle schede non metto mai ex diretti per questa porzione (alzate frontali). Il motivo? Semplice, il deltoide anteriore è sempre “in mezzo ai piedi”: largamente quando si allenano i pettorali, ma anche quando si fanno le spinte per le spalle (i famosi “lenti”, sperando che al giorno d’oggi in pochi spingano ancora per il “lento dietro”….) è indubbio che una parte cospicua dell’attivazione vada sulla porzione anteriore. Viceversa il grande “dimenticato” è spesso il deltoide posteriore, che invece non solo è basilare per la stabilità e la postura, ma ha anche una bellissima valenza estetica che da completezza al blocco spalle. Il dato di fatto è che se guardate la stragrande maggioranza degli atleti esperti mentre si allena con le alzate laterali, nessuno extraruota, solitamente la posizione è neutra (orizzontale) ed un buon numero da’ una leggera (ribadisco LEGGERA) intrarotazione. A mio avviso per gli esperti, con buon controllo e sensibilità muscolare questa è la soluzione. Ma e per i principianti? Ovviamente occorre tutelarli pertanto eviterei di insegnare loro una intra o extra rotazione; l’apprendimento del movimento con mano prona senza accentuazioni è per me corretto e sicuro anche dal punto di vista articolare. Magari si potrebbe proporre l’apprendimento dalla posizione seduta, questo per attivare la maggiore concentrazione possibile aiutando quindi l’allievo a sviluppare sensibilità e consapevolezza del gesto. Una nota finale, se volete superflua, ma necessaria per i maniaci dei grossi carichi sulle alzate laterali: meglio lasciare perdere, oltre alla sinergia di altri 1000 muscoli che non saranno i deltoidi, quando ci si accorge che per fare quell’alzata si è costretti a flettere sempre più le braccia (ad alcuni l’ho visto fare con angoli prossimi ai 90°); meglio lasciare perdere e cercare di stupire le ragazze presenti in palestra con altri argomenti.

Un grazie al prof. Coratella ed al suo gruppo per questo studio che non solo ne conferma la passione verso l’allenamento con i sovraccarichi, ma che ci permette di aggiungere altri tasselli utili per dirimere le tante questioni che animano i “pettegolezzi da spogliatoio”.  

Pubblicato in Performance n. 2 - 2020
Lunedì, 07 September 2020 11:47

Allenamento home fitness ad alta intensità

COME INCREMENTARE L’INTENSITÀ PUR NONOSTANTE CARICHI LEGGERI ED ATTREZZATURA MINIMALE

Negli ultimi anni anche in Italia ha preso sempre più piede l’allenamento Home Fitness, questa fetta di mercato in altre nazioni, Stati Uniti in primis, già da molto tempo rappresenta una felice e consolidata realtà.

Uno dei limiti dell’allenamento a casa rispetto a quello svolto in una palestra molto assortita spesso consiste nella limitata attrezzatura a disposizione; un altro problema invece potrebbe essere nel poco peso a disposizione, oppure nell’assenza di compagni di allenamento e/o spotter molto utili per la sicurezza nell’esecuzione di certi esercizi; considerando questi fattori analizziamo qualche tecnica di Alta Intensità facilmente applicabile ad attrezzature basilari (manubri, kettlebell, elastici e ovviamente corpo libero) e che soprattutto non richiedono alcuna assistenza. L’utilizzo di tecniche speciali di alta intensità ha molteplici finalità, ad esempio saranno utili per migliorare la gestione del carico sollevato, raggiungere il TMI (temporary muscolar incapacity), massimizzare il reclutamento di UM (Unità Motorie), ottenere la max deplezione dei fosfati e del glicogeno, la stimolazione globale di tutte le diverse componenti muscolari (fibre, sarcoplasma, mitocondri, capillari ecc) ed inoltre isolare uno specifico gruppo muscolare. Le più semplici e facilmente applicabili sono le contrazioni isometriche dove il muscolo sviluppa tensione ma non modifica la propria lunghezza, non generando movimento, più che le contrazioni Isometriche Massimali (dove la tensione si applica ad un carico super-massimale) si preferiranno le contrazioni isometriche totali (con un Carico Sub-massimale) nelle quali il movimento viene volontariamente interrotto, questa tecnica la si può applicare alla fine di una serie convenzionale oppure eseguendo esclusivamente questo tipo di contrazione, da questo tipo di contrazione nasce la metodica isometric non stop che consiste in un movimento unilaterale eccentrico e poi concentrico di un arto mentre l’arto controlaterale resta in tenuta isometrica durante l’esecuzione di una o più ripetizioni, in questa metodica si incrementa notevolmente il Time Under Tension dell’esercizio. Negli ultimi anni si sono “riscoperte” le contrazioni auxotoniche o auxometriche, questa contrazione vede la tensione sviluppata aumentare progressivamente con l’accorciamento muscolare grazie all’utilizzo di elastici o molle, queste contrazioni da sempre vengono utilizzate nel campo riabilitativo ed offrono comunque una grande variabilità degli esercizi che si possono eseguire, molto interessante è l’abbinamento tra manubri o bilanciere ed elastici... Nel momento in cui si dispone esclusivamente di carichi ridotti si potrebbe rispolverare la tecnica super slow; questa metodica consiste nell’eseguire ripetizioni ad una velocità molto bassa soprattutto in fase eccentrica: questo influenza dei parametri quali aumento del TUT, maggiore deformazione meccanica della fibra muscolare grazie all’aumento della fase negativa, aumentata produzione di lattato ed altre. Questa tecnica, inoltre, può incrementare notevolmente l’intensità nel lavoro a corpo libero o anche quando si hanno esclusivamente carichi leggeri; solitamente si esegue in maniera Esplosiva la fase Concentrica enfatizzando invece il tempo di quella Eccentrica.

Un esempio di questa tecnica applicata allo Squat potrebbe essere il seguente 2-1-5-1: 2 sec di fase concentrica, 1 sec di sosta isometrica in contrazione, 5 sec in eccentrica e 1 sec in sosta isometrica in allungamento; una serie da 8/12 ripetizioni avrà una durata 70-100 secondi Un’estremizzazione di questa metodica vede la Super slow con 8/10 sec per la fase Positiva (concentrica) e 8/10 sec in quella Negativa (eccentrica) portando la durata di una serie da 8/10 ripetizioni dai 150 ai 200 sec circa. La tecnica 21 invece si basa sullo stesso principio della tecnica dei Mezzi Colpi, si individuano quindi tre diverse parti di un esercizio suddiviso in parte più impegnativa, parte intermedia o ROM completo e si conclude con la parte meno impegnativa. Praticamente si eseguono 7 ripetizioni ad esaurimento nella fase più pesante del movimento per poi eseguire la fase intermedia o a ROM completo con altre 7 ripetizioni sempre ad esaurimento e quindi terminare con altre 7 ripetizioni nell’angolo meno intenso ricercando il TMI al termine delle 21 ripetizioni. Applicare questa tecnica allo Squat prevedrebbe di iniziare 7 ripetizioni parziali da massima accosciata a metà ROM, per poi proseguire con 7 ripetizioni complete e terminare con le ultime 7 ripetizioni con dei mezzi Squat, interessante applicarla anche alle trazioni, push up con rialzo ecc… Sempre con poco carico si può optare per il pre-affaticamento del gruppo muscolare che vogliamo allenare utilizzando il superset con preaffaticamento; durante l’esecuzione di un esercizio multiarticolate interviene una catena cinetica composta da vari gruppi muscolari dove il più carente costituisce l’anello debole di tutta la catena e sarà quello che raggiungerà per primo l’esaurimento, purtroppo questo non è sempre il muscolo che intendiamo allenare... La tecnica Superset con preaffaticamento prevede l’esecuzione di un esercizio di isolamento per il muscolo Agonista Primario, una volta terminato si passerà immediatamente all’esecuzione dell’esercizio multiarticolare; in tal modo l’esecuzione dell’esercizio complementare rende il Muscolo Target l’anello debole della catena cinetica chiamata in causa nell’esecuzione del secondo esercizio, determinandone il completo esaurimento pre-affaticandolo.
Ad esempio:

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Una variante del superset è la serie continua, in questa si esegue un primo esercizio multiarticolare al massimo delle ripetizioni possibili (se si utilizzano i sovraccarichi si sceglie un numero di ripetizioni Target da svolgere ad esaurimento), terminate le ripetizioni si cambia immediatamente l’impugnatura (o l’apertura gambe per squat e stacchi) senza pausa. Nella successione degli esercizi si inizierà dall’esercizio più intenso eseguito al limite passando senza pausa ad una o più varianti meno intense; la finalità è quella di lavorare il muscolo Target da diverse angolazioni, stimolare differenti tipi di fibre ed aumentare l’intensità di lavoro eseguendo il massimo di ripetizioni fattibili. Sempre senza pausa si può effettuare un ulteriore cambio di impugnatura o apertura delle gambe e continuare fino a cedimento muscolare. Ad esempio, potremmo applicare questa tecnica alle trazioni a corpo libero (anche con l’ausilio di elastici o zavorre) nella seguente progressione:

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Per ultima parliamo della metodica CLUSTER (RAGGRUPPAMENTO); si svolgono 3/4 miniserie con un breve recupero (30”/60”) tra una miniserie e l’altra, una volta eseguite tutte le serie impostate si esegue un recupero superiore (90”/180”). Ad esempio:

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Praticamente si eseguono le 4 miniserie da 6 ripetizioni con pausa di 30”/60” tranne l’ultima che sarà di 120”. Tutti i parametri (serie, miniserie, ripetizioni ed entrambi i recuperi) si dovranno adattare a diversi parametri quali: intensità dell’esercizio, livello di allenamento, forza dell’atleta ecc, più le miniserie saranno portate al limite maggiori saranno i recuperi, se si svolgono esercizi a corpo libero l’intensità potrà variare con l’utilizzo di elastici, zavorre o altro. Questa metodica ha varie finalità tra cui raggiungere il TMI, ottenere la max deplezione dei substrati energetici, stimolare le diverse componenti muscolari, innalzare l’EPOC ed altri adattamenti.

Una proposta Home Fitness che prevede l’utilizzo di tutte queste tecniche potrebbe essere la seguente:

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Un buon Personal Trainer e un buon istruttore di fitness collettivo, sia che si tratti di discipline funzionali che musicali, deve sempre cercare metodiche differenti per stimolare l’atleta e “colpire” il muscolo da diverse angolazioni con stimoli multilaterali; tale capacità deve essere mantenuta anche in assenza dei “comodi” macchinari che si trovano nei fornitissimi centri fitness considerando che potremmo allenarci al parco, in spiaggia, in pineta o semplicemente a casa dei nostri allievi.

 

Pubblicato in Performance n. 2 - 2020
Mercoledì, 15 January 2020 12:00

Quel maledetto muscolo carente

VALUTIAMO QUALI STRATEGIE ADOTTARE PER UNA MIGLIORE RISPOSTA DEGLI ANELLI DEBOLI DI UNA CATENA MUSCOLARE

Chi si allena con finalità “anche estetiche” sa bene che ogni parte del corpo ha dei suoi ritmi (euterocronismo) e che ciascuna zona corporea risponde in modo diverso (i famosi punti deboli). Logicamente se un gruppo risponde in modo differente alla medesima frequenza , intensità, volume dedicata al resto del corpo occorre studiare nuove strategie. La prima cosa , basilare, è provare a capire se sussiste un problema di mobilità legato all’articolazione che sovraintende il movimento di quel determinato gruppo muscolare. Ad esempio se il polpaccio non risponde non potrebbe esserci un problema alla mobilità tibiotarsica? Oppure relativamente pettorale potrebbe essere la articolazione gleno omerale e ancora di più sterno clavicolare ad impedire al pettorale di avere il giusto pre allungamento prima di andare in contrazione? Queste sono ipotesi da affrontare e per ogni problematica esistono strategie da gestire.

Dal punto di vista della sollecitazione quello che si può fare è provare a dare una modulazione di frequenza, volume, intensità diversa dal resto del corpo; questo valutando anche se probabilmente (speriamo) per 1 o 2 gruppi carenti ci saranno dei gruppi muscolari “forti” che possiamo sacrificare (questo non significa non allenarli, ma allenarli senza scopo di creare particolari adattamenti). Una delle soluzioni più efficaci è quella dei richiami, quindi allenamenti aggiunti per un gruppo specifico. Questi possono essere 2 o 3 a settimana. A volte ci potrebbe anche essere una frequenza alternata con una settimana di carico dove il gruppo si stimola 3 volte. Almeno 1 delle 3 volte è fatta anche con alto volume. La settimana dopo 2 volte, una di alto volume e l'altra di medio volume ed inserimento di tecniche d’intensità. La terza settimana potrebbe essere anche solo 1 seduta a basso volume ed alta intensità. Si riprende poi il ciclo. Logicamente ogni gruppo ha il suo volume di lavoro. Alcuni atleti fanno la settimana “d’urto” con 4 allenamenti, poi 2 e poi 1. Fondamentale (come sempre) sapersi ascoltare. I DOMS sono sempre un segnale ma non è detto che in presenza di DOMS non occorra allenarsi, il muscolo ha benefici ad essere ripreso e nel rispetto dell’entità dell’indolenzimento, si potrebbe pensare di fare una mole di lavoro o una intensità diversa da quella ipotizzata a tavolino. In alcuni casi si possono fare delle specializzazioni incrociate fra 2 gruppi muscolari; in pratica mentre il gruppo (A) fa 3 sedute il gruppo (B) ne fa 1, poi la settimana dopo entrambi ne fanno 2, poi nell’ultima settimana del ciclo il gruppo (A) ne fa 1 ed il (B) 3. Può sembrare complesso, ma in realtà mettendosi a giocare a tavolino non è difficile: prima si ipotizzano le divisioni dei gruppi per giorno, poi occorre avere un’idea delle serie totali che si vuole svolgere per ogni giorno e quindi suddividere quel numero di serie nei gruppi destinati alle singole giornate di allenamento. Sono convinto che la capacità di affrontare una specializzazione sia una delle competenze più apprezzate e che “rivela” la preparazione di un tecnico.  

Pubblicato in Fitness news

QUALI SONO LE SCELTE TECNICHE PER TRASFORMARE UNA SCHEDA PHA STANDARD IN UNA SCHEDA PHA NON CONVENZIONALE?

PHA è l’acronimo di Peripheral Heart Action la cui traduzione significa Azione Cardiaca Periferica; un nome che chiarisce bene l’effetto generato da questo allenamento. è un particolare circuito, quasi sempre misto cardio-tono, in cui gli esercizi sono scelti ed organizzati in modo da “costringere” la pompa cardiaca a “spostare” il sangue da una parte all’altra del corpo, generalmente dalla parte alta a quella bassa o viceversa; questa azione comporta un lavoro extra da parte del cuore e rende il PHA un allenamento che, almeno su carta, dovrebbe essere più intenso di un corrispettivo circuito non PHA. Un secondo scopo per utilizzare questa tipologia di circuito, la cui struttura dovrà però essere adattata all’obiettivo, è quello di aiutare a smuovere un eccessivo ristagno di liquidi negli arti inferiori. In questo articolo sarà trattato essenzialmente il primo obiettivo.

Un tipico PHA serve ad ottenere un allenamento cardiocircolatorio e/o cardiorespiratorio; sarà importante la scelta degli esercizi al fine di adattare l’intensità del circuito al livello di chi lo dovrà eseguire.

Ecco alcuni esempi per aiutare a comprendere questo concetto:

pha1

pha2 3

Appare evidente come ci sia differenza di intensità tra i tre precedenti PHA, in particolare il circuito A è di gran lunga più intenso, sia di B che di C, e C è di intensità inferiore a B al punto tale che C su carta è sì un PHA, ma all’atto pratico comporta un “effetto PHA” talmente basso che poco si differenzia da un circuito convenzionale, potremmo definire C un falso PHA. Se con questo tipo di circuito si cerca lo spostamento della massa ematica, maggiore sarà tale massa più intenso sarà l’allenamento; per muovere grandi quantità di sangue si devono scegliere esercizi base ad alta sinergia come quelli presenti in A dove sono addirittura eseguiti in “tri” o “quadri” set. Nel circuito C invece abbiamo quasi solo esercizi complementari, che essendo a bassa sinergia, generano un “effetto PHA” molto basso ed in alcuni casi quasi ininfluente. Potremmo concludere il confronto tra A, B e C affermando che A ha uno scopo atletico ed è adatto a soggetti già ben allenati, B è adatto ad una utenza “fitness” che abbia già un minimo di allenamento, ed infine C può essere tranquillamente sostituito da un qualunque circuito standard. Gli addominali ed i lombari possono essere usati per gestire l’intensità, se presenti nel circuito essa risulterà più bassa, possono quindi rendere fruibile il PHA anche a chi non è molto allenato. E’ possibile inserirli tra i due esercizi “lontani”, per esempio Petto-Addome-Cosce, oppure dopo i due esercizi, come Petto-Cosce-Addome; in entrambi gli esempi l’Addome funge da “pausa attiva”; il primo esempio probabilmente darà una intensità più bassa.

Ora che sono state elencate alcune nozioni per la costruzione di un allenamento PHA, analizziamo quali potrebbero essere le differenze tra una versione “standard” ed una “non convenzionale”. Ipotizziamo che lo scopo sia il dimagrimento, un obiettivo che si adatta perfettamente al PHA vista la sua efficacia nel coinvolgere sia l’aspetto del tono-forza che quello cardiovascolare e nel dar luogo, di conseguenza, ad un EPOC di una certa entità.

pha4 5

Le versioni non convenzionali da me proposte richiedono, rispetto alle controparti convenzionali, un maggior grado di allenamento sia tecnico che prestativo; tuttavia è quasi sempre possibile sostituire un esercizio con una versione più semplice, soprattutto dal punto di vista dell’esecuzione tecnica. è naturale che una versione “funzionale” risulti più intensa, per il fatto che molti, se non tutti gli esercizi non convenzionali sono ad alta sinergia, e per quanto detto nella prima parte dell’articolo, ciò comporta il coinvolgimento di una maggiore quantità di sangue; inoltre diversi esercizi da me inseriti hanno una componente esplosiva, e ciò contribuisce ad innalzare notevolmente l’intensità. Infine qualcuno dei lettori avrà notato come nelle versioni non convenzionali non sempre è perfettamente rispettato il concetto alto-basso o basso-alto, ma a volte ci sono degli ibridi; questo sempre per i medesimi motivi: esercizi ad alta-altissima sinergia non si limitano a coinvolgere solo la parte bassa o la parte alta del corpo, ma spesso le fanno lavorare contemporaneamente, come accade con le alzate olimpiche e le loro varianti. Nelle versioni “funzionali”, che rimangono solo degli esempi, fate attenzione a non concatenare troppi esercizi che coinvolgono le medesime aree muscolari poiché questo potrebbe ridurre eccessivamente la performance dell’ultimo esercizio della serie; una sequenza scorretta ad esempio potrebbe essere: Power Snatch, Kipping Pull up e ginocchia al petto alla sbarra; dopo i primi due esercizi quanta forza sarà rimasta al mio atleta per riuscire a mantenersi appeso alla sbarra? Temo ben poca. Un ultimo consiglio: “iniziate con carichi “facili”!
La prima ripetizione del circuito sembra sempre semplice, ma se non scegliete in modo oculato i kg, la seconda ripetizione rischia di rivelarsi un mondo completamente diverso.

Pubblicato in Performance n. 3 - 2019
Mercoledì, 09 October 2019 11:46

Faleev, un “vecchio” che ritorna

Una rievocazione della tradizionale metodica sovietica di allenamento progressivo

Per i più appassionati (e forse attempati) il nome rievoca sensazioni da “cortina di ferro”, ma il dato di fatto è che Faleev è comunque ancora oggi frutto di infinite interpretazioni e applicazioni.

Faleev (1970) è un maestro dello sport russo che ha gettato le basi di una delle metodiche ancora oggi più usate. A volte è anche difficile individuare quelle che sono state le sue indicazioni originarie a causa di tante e quali modifiche hanno subito nel corso degli anni; lo stesso Pavel Tsatsouline ne ha utilizzato i principi per creare i suoi metodi di allenamento.

Volendo semplificare e dandone una mia applicazione (nella versione originale il lento avanti non rientra nello schema), il metodo è fondato sugli esercizi base da ripetere mediamente 2 volte a settimana. Su questi esercizi si esegue un 5x8 con un 60%, quindi un carico che virtualmente potrebbe permetterci di eseguire 12/14 ripetizioni. Ma a fronte di questa apparente semplicità iniziale si crea un processo incrementale che può andare con % del massimale o più pragmaticamente con un peso fisso; esempio: ad ogni seduta (o ogni settimana) stabilire un incremento di + 5 su squat e stacco e + 2,5 kg su panca e lento. Logico che proseguendo di settimana in settimana con questo incremento si arriverà ad un punto in cui le 5x8 non sono più fattibili (in pratica si falliscono 1 o più serie). A questo punto si passa a prevedere un 5x6, ma questo continuando a mantenere la progressione dei carichi. Con tale processo incrementativo si arriverà presto anche a fallire il 5x6. Non rimane che passare all’ultimo step, il 5x4, ma anche qui mantenendo l’incremento dei carichi. Nel giro di poche sedute (o settimane) anche il 5x4 arriverà a saturazione.

Giunti a questo punto non rimane che prendersi un attimo di pausa, riprovare i nuovi massimali e tonare al 60% con 5x8. Nella versione originale. Questa metodica può essere proposta in monofrequenza o multifrequenza.
Personalmente mi piace dividere in:

• Lunedì: panca e squat
• Martedì: lento e stacco
• Giovedì: panca e squat
• Venerdì: lento e stacco

Da notare che il giovedì e il venerdì potrebbero essere fatti in “scarico” tecnico facendo un 65/70% con 3/4x4 reps. Nella mia personale interpretazione possono essere inseriti esercizi “di contorno” per braccia, trapezi, deltoidi posteriori, polpacci, addominali. Comunque lo schema lo trovo semplice (anche da spiegare) ed efficace. Il limite è la possibile “noia” soprattutto per gli atleti che non hanno ancora capito che “le basi si costruiscono con i base”, scusate il gioco di parole ma è proprio così. Poi c’è il problema del: mi fa male il ginocchio, la schiena, la spalla ed in tal caso addio approccio ad alta efficacia. A mio avviso occorre adattarsi alle esigenze del cliente ma anche fargli capire di individuare bene se le sue problematiche sono reali o frutto di approcci sbagliati.

Posso dirvi che l’aumento della performance con un FALEEV si ottiene anche sostituendo lo squat con la pressa ed il lento con un Shoulder press, lo stacco con un ROW da seduto (ora so che in molti avranno “strani contorcimenti”e li capisco...), ma vi assicuro che già avere approcciato il cliente ad un metodo progressivo è un passo avanti per fargli capire cosa significa una programmazione vera che non sia il classico 3x10 e 5x6 senza alcun senso logico.  

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DUE DOCENTI PER DUE SCHEDE A CONFRONTO RIVOLTE SIA AL PUBBLICO MASCHILE CHE A QUELLO FEMMINILE

a cura di Mirko Orrù
IPERTROFIA DEI PETTORALI

Il programma di allenamento iniziale che ho scelto di proporre è della durata di 6 settimane.

Per aumentare “volume/dimensioni“ dei muscoli in generale dovremmo stimolare ed allenare tutto ciò che si trova all’interno della cellula muscolare. Sono molte le componenti, sia la parte contrattile, sia la componente non contrattile del muscolo. Ogni singola parte occupa uno spazio e la crescita di ogni singola componente contribuirà all’aumento generale del nostro “muscolo“. La parte più significativa in termini di “spazio“ è rappresentata dalla componente miofibrillare e sarcoplasmatica (l’ipertrofia del sarcoplasma determinata dall’esaurimento del glicogeno muscolare e dalla successiva super compensazione grazie al surplus di zuccheri), a seguire mitocondri, capillari, tessuto connettivo, lipidi, ecc. L’aumento del volume o maggiore sezione trasversa del muscolo rappresenta in termini di risultati, (ipertrofia miofibrillare - ipertrofia sarcoplasmatica) la vera ipertrofia muscolare. Il variare quindi ripetizioni, tempi sotto tensioni, enfatizzare fasi eccentriche, fasi concentriche ed infine modificare i tempi di recupero serviranno a stimolare ogni singola parte del nostro muscolo.

In tabella vengono riportate le diverse tipologie di fibre con lo stimolo più appropriato, sia in termini di % di carico, sia per quanto riguarda il TUT (time under tension), l’abbassamento delle riverse di fosfati e di ATP, il danno muscolare (micro-lesioni tissutali), lo stress metabolico con il conseguente innalzamento dell’acido lattico ed infine il tempo di recupero.

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Dalle tabelle si evince come, oltre al carico ed al numero di ripetizioni, la velocità esecutiva del gesto influenzi notevolmente il tipo di fibra coinvolta dall’esercizio. Esercizi eseguiti in modo esplosivo comporteranno, a parità di ripetizioni, un minor TUT e, di conseguenza, una maggior attivazione delle fibre di tipo 2. Esercizi eseguiti in modo lento e controllato comporteranno viceversa, a parità di ripetizioni, un TUT più elevato e, di conseguenza, una maggior attivazione delle fibre di tipo 1. A questi fattori determinati dall’allenamento possiamo aggiungere il ruolo chiave dall’alimentazione. Il variare invece l’esercizio (panca piana, croci inclinate e cavi alti) ci permetterà di modificare lo stimolo in termini di angoli di lavoro, andando a stimolare di versi fasci: Clavicolari, adduce, flette e intraruota l’omero; Sternocostali, adduce e intraruota l’omero; Addominali: adduce, intraruota ed estende l’omero dalla posizione di massima flessione (partenza con braccio sopra la testa). Semplificandola molto parleremo di fasci centrali del pettorale, fasci superiori e infine fasci inferiori. La differenza tra “programma uomo/donna”, a parità di obiettivo, si differenzierà per un minor numero di serie (volume) per andare incontro ad una “produzione ormonale”.

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a cura di Carlo Dolzan
L’ALLENAMENTO DEL DORSO

Molte persone non rivolgono particolare attenzione all’allenamento del dorso per il fatto che quando si guardano allo specchio o si fanno dei selfie questa area del corpo non si vede; come risultato, al mare ed in piscina, vaga un buon numero di “addominalizzati e pettoralizzati” che si portano dietro una schiena che ha lo stesso spessore di un A4 con inevitabile effetto “Fante di picche”. Allenare questa zona nascosta al nostro sguardo, ma non a quello degli altri, oltre ad evitarci di far parte dei “bidimensionali”, risulta utile per i seguenti motivi:
- una caratteristica che accomuna gli atleti più performanti in diverse discipline è possedere una schiena forte
- una schiena muscolosa risulta fondamentale per dare al corpo un aspetto massiccio
- allenando e sviluppando in modo armonico tutta la schiena si ottiene un miglioramento della postura
- mantenere forte e allenata la parte posteriore del tronco riduce l’incidenza delle problematiche articolari alle spalle e al rachide.

A mio avviso un armonico sviluppo funzionale di quest’area si ottiene associando allenamenti per il miglioramento della forza e allenamenti per l’ipertrofia. Per questo motivo la proposta che segue prevede entrambi questi stimoli all’interno della stessa settimana senza indicare una specifica differenziazione tra uomo e donna; le uniche differenze sono insite nella scelta di voler sviluppare, oppure no, anche il muscolo trapezio medio alto (vedi esercizi con asterisco) e nell’essere in grado di eseguire o meno le trazioni alla sbarra. Evidenze di massa dimostrano che la donna tende a scegliere di non allenare il trapezio e presenta maggiori difficoltà ad eseguire le trazioni!

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NOTE:
• Non sono indicate le serie allenanti, queste sono a vostra discrezione; il mio suggerimento è fare, almeno per il primo esercizio, 3-4 serie da 5-3 ripetizioni con carichi gradualmente più pesanti. Ricordatevi 2 cose:
1) vi dovete riscaldare, non affaticare
2) l’acido lattico interferisce con l’espressione di forza massima.
Esempio di riscaldamento: una prima serie (opzionale, per “provare il movimento”) con un carico molto basso 20-25%) da 10 ripetizioni, riposo, appena vi sentite pronti una seconda serie da 5 ripetizioni con il 50% del carico che si utilizzerà nella prima serie allenante, riposo, una terza serie da 3-4 ripetizioni con il 70-75% del carico che si utilizzerà nella prima serie allenante, riposo, una quarta e ultima serie da 2-3 ripetizioni con l’85-90% del carico detto prima.
• Il Pulley è indicato solo per chi non è in grado di fare almeno 2-3 trazioni, stessa cosa dicasi per la Lat Machine.
• Il simbolo * indica gli esercizi da NON fare se temete di sviluppare anche la parte medio/alta del trapezio; questi stessi esercizi sono invece fortemente consigliati se vi interessa un dorso con “effetto 3D”.
• Il simbolo # indica che per questa esecuzione non bisogna portare mai le serie ad esaurimento se non solo quando mancano poche ripetizioni al traguardo; consiglio pertanto di:
- iniziare con serie da 3-7 ripetizioni (a seconda del vostro livello),
- riposare 15-30”, verso la fine vanno bene anche serie da 1-2 ripetizioni, sempre con recuperi “brevi”
- se arrivate a 40 ripetizioni in 4 serie o meno o se ci impiegate meno di 4 minuti è il caso che usiate un sovraccarico.

Pubblicato in Performance n. 2 - 2019
Giovedì, 29 August 2019 17:50

Sala pesi e cellulite

I CIRCUITI DI ALLENAMENTO PIÙ EFFICACI PER CONTRASTARE L'INESTETISMO DELLA CELLULITE

Parlare dell’utenza femminile in palestra implica il considerare da subito quanto complesso sia confrontarsi con tale sistema psico-neuro-endogeno-metabolico (cit. prof. Marco Neri). Si tratta di una macchina complessa e complicata caratterizzata sotto il profilo prestativo da due fondamentali e avverse caratteristiche: la presenza di un ciclo mestruale e una differente concezione della “prestazione”.

Se sotto un profilo squisitamente prestazionale la donna molto può dare (quasi il 70% del corrispettivo maschile nella parte inferiore del corpo, quasi il 40% in quella superiore), relativamente alla sua struttura osteo-articolare e tissutale possiamo notare una certa predisposizione ad alcune condizioni non piacevoli legate alla emodinamica circolatoria.

 

ANALIZZIAMO GLI ADATTAMENTI FISIOLOGICI DEL CUORE IN RISPOSTA ALL’ATTIVITÀ FISICA

Gli adattamenti del cuore in risposta all’attività fisica dipendono dal tipo di sport praticato. In particolare per tutte le attività di endurance (corsa, camminata, ciclismo, sci di fondo ecc.) il cuore si adatta progressivamente aumentando il volume delle proprie cavità. Un aumento delle cavità cardiache consente al cuore di produrre una maggiore gittata sistolica (quantità di sangue che esce dal ventricolo sinistro al termine di ogni sistole), quindi di aumentare la quantità di sangue disponibile ai tessuti. Per quanto riguarda gli sport statici come il sollevamento pesi o il bodybuilding il cuore si adatta aumentando lo spessore delle pareti del miocardio. Durante questi sport infatti, la contrazione di grandi masse muscolari causa l’occlusione parziale dei vasi sanguigni, il che comporta un aumento di pressione e un maggior lavoro di pressione da parte del cuore. Questo brusco innalzamento di pressione è potenzialmente molto pericoloso per cardiopatici, ipertesi e diabetici ma si può limitare adottando una corretta tecnica di respirazione e un ritmo di lavoro dedicati.

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QUAL’È L’ATTIVITÀ FISICA MIGLIORE PER CONTRASTARE L’INESTETISMO DELLA CELLULITE?

Relativamente alla cellulite, molto si è detto: l’ attività fisica è un ottimo metodo per contrastare gli inestetismi indotti da essa. Esistono due correnti di pensiero sull’attività fisica più idonea in tal caso: i sostenitori del fatto che l’ acido lattico, prodotto dal metabolismo glicidico in carenza d’ossigeno, possa essere un fattore aggravante tale condizione, e chi invece pensa non sia così. Analizzando nel dettaglio le concause multifattoriali alla base della cellulite, l’accumulo di acido lattico prodotto durante le sessioni allenanti non dovrebbe avere una incidenza così tanto influenzante. Inoltre, cosa molto importante, non esiste alcuno studio che dimostri il fatto che l’acido lattico sia causa di cellulite. Viceversa, sappiamo benissimo che alcuni dei parametri più importanti per la crescita muscolare ovvero l’intensità, il volume e il carico interno prodotto dagli esercizi per adattamento... potrebbero avere qualche responsabilità nella sua eziopatogenesi. In pratica, per non accumulare acido lattico dovremmo allenarci in maniera blanda, e ciò produrrebbe un blando effetto allenante o comunque di tipologia non ricercata.

Alla luce di queste considerazioni, per contrastare la cellulite si devono tonificare i muscoli allenandoli intensamente, al fine di favorire incrementi metabolici e di massa magra. L’allenamento con i sovraccarichi deve necessariamente essere accompagnato da attività aerobica di intensità moderata, che favorisca lo smaltimento dell’acido lattico, la microcircolazione e l’ossigenazione dei tessuti. Ecco tre protocolli di lavoro per un allenamento mirato al miglioramento della circolazione periferica e una tonificazione ad hoc per le gambe.

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Ripartire dalla camminata senza calzature ed eseguire il circuito per altre 2-3 volte; aumentare i carichi applicati sui macchinari isotonici di giro in giro; non eliminare il recupero tra una stazione e l’ altra ( dove e se previsto); eseguire 5’ di stretching in chiusura di sessione.

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Pubblicato in Performance n. 2 - 2019
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