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Giovedì, 29 September 2022 12:25

LA PROGRAMMAZIONE NEL KALISTHENICS

PRINCIPI BASE PER LA PROGRAMMAZIONE E PERIODIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO A CORPO LIBERO


Quando ci si addentra per la prima volta nel mondo dell’allenamento a corpo libero, sono tante le domande ed i dubbi che iniziano a balenare nella mente. Una delle primissime problematiche riguarda la costruzione di un programma di allenamento: “cosa fare? quante volte a settimana? Quali esercizi utilizzare?”. Cerchiamo di analizzare alcuni pilastri fondamentali nella costruzione di un programma che sia proficuo nel tempo.


CHE COS’È L’ALLENAMENTO E QUALI SONO I PUNTI CARDINE DI UNA PROGRAMMAZIONE?

L’allenamento costituisce uno stimolo stressogeno al quale il corpo risponde, cercando di adattarsi; l’obiettivo dell’adattamento è quello di permettere al nostro organismo di rispondere in futuro allo stesso stress in modo automatico ed efficiente.
In seguito a una seduta di allenamento, si realizzano due fasi:

■ fase di recupero: l’organismo reagisce allo stress, cercando di ripristinare l’omeostasi antecedente lo stimolo (riparazione dei danni, ripristino delle riserve energetiche, ecc.);
■ fase di supercompensazione: subito dopo la fase di recupero, l’organismo si adatta predisponendo le modifiche atte a rispondere allo stesso stimolo in modo più efficiente, ossia aumentando le riserve di sostanze bioenergetiche, apportando cambiamenti strutturali nei muscoli e negli altri tessuti e migliorando l’efficienza e i tassi di sviluppo bioenergetico e neuromuscolare.

Per innescare questo adattamento, dobbiamo rispettare nella programmazione alcuni punti fondamentali:

• individualizzazione
• sovraccarico e gradualità
• regolarità e costanza
• specificità
• recupero


INDIVIDUALIZZAZIONE

La capacità di risposta è soggettiva e multifattoriale, pertanto la programmazione dovrà essere modulata sulla base delle caratteristiche individuali, quali:

1. obiettivi: cosa voglio ottenere? Dobbiamo definire quale sarà il traguardo del macrociclo ed in relazione alla complessità dell’obiettivo e al livello di preparazione fisica (generale e specifica), moduleremo i mesocicli all’interno del macrociclo.
2. livello di preparazione fisica: ovvero delle capacità dell’individuo; un programma troppo semplice rallenterebbe il percorso, per contro, un programma difficile non sarebbe concretamente realizzabile e risulterebbe eccessivamente stressante a livello fisico, nervoso e articolare-tendineo. Questo processo di valutazione non deve essere limitato alla sola forza, ma anche alla ricerca di possibili errori tecnici, atteggiamenti posturali, asimmetrie, pregressi infortuni o limiti di mobilità.
3. tempo disponibile: il quale condiziona la velocità di progressione idealistica. Per il soggetto principiante due o tre sessioni a settimana, se ben strutturate, possono essere sufficienti; al contrario per un soggetto avanzato, già condizionato, tre sessioni di allenamento potrebbero essere insufficienti.

 

cali foto

SOVRACCARICO E GRADUALITÀ: CARICO DI ALLENAMENTO, PROGRESSIONE E PERIODIZZAZIONE

Rappresentano la necessità di incrementare progressivamente l’entità del carico di lavoro (in termini di volume e/o intensità); la fase di supercompensazione infatti, non è illimitata nel tempo, poiché richiede un impegno attivo dell’organismo e in assenza di un nuovo stimolo che la giustifichi, questa verrà gradualmente demolita. per prima cosa valutiamo i tre parametri fondamentali che definiscono il carico di allenamento:

1. l’intensità: indice dell’impegno organico, nervoso e muscolare; nel calisthenics è definita dalla differenza tra lo sforzo impiegato nel compiere un gesto rispetto alla massima prestazione possibile. È legata al sovraccarico utilizzato, complessità del gesto atletico, numero massimo di ripetizioni o di tenuta isometrica. Alcuni consigli pratici:
- evitare periodi protratti vicini al cedimento muscolare (95-100%) – aumentano il rischio di infortuni e inducono un eccessivo affaticamento neuromuscolare che può portare a periodi di stalli, sacrificio della qualità tecnica e frustrazione psicologica;
- focalizzare gran parte del lavoro ad intensità elevate ma lontane dal cedimento muscolare (80-85%) – questo ci permette di garantire una ottima qualità tecnica e una ottima attivazione muscolare (in termini di ipertrofia, forza e performance);
- evitare lavori protratti a intensità eccessivamente basse dove lo stimolo allenante è poco efficace.
2. il volume: espressione della quantità complessiva di lavoro svolta sia in termini di frequenza settimanale, numero di sedute, durata di allenamento, tipologia di lavoro e carico sollevato durante la seduta, sia del numero di serie e ripetizioni svolte nel singolo allenamento; può essere riferito ad un esercizio, uno schema motorio o una skill. La scelta del volume da accumulare è condizionata dalla intensità del gesto. Intensità e volume sono concetti correlati e reciproci, ne consegue che non saranno gli esercizi più intensi, quelli su cui accumulare volume, e viceversa; ovviamente non è solo la natura dell’esercizio in sé a renderlo più o meno intenso, ma la metodologia su di esso applicata, in relazione al proprio livello di preparazione.
3. la densità: rapporto tra esecuzione e tempo di recupero.

A differenza di quanto avviene nel mondo della pesistica, nell’allenamento a corpo libero la modulazione del carico (progressione e periodizzazione), che si rifletterà in variazioni di intensità e volume, è molto più complessa. A ciò si aggiunge la variabilità dei possibili obiettivi che spaziano dai lavori isometrici (skills), a lavori più orientati al miglioramento della resistenza (endurance) o della forza massimale (streetlifting).
Per soddisfare questi fondamentali requisiti, è necessario impostare una progressione e una periodizzazione.
La progressione comprende un insieme di strategie e metodologie da cui poter attingere. Alcuni esempi:
- progressione lineare: aumento progressivo del lavoro in termini di:
• volume: aumentiamo il numero di serie o di ripetizioni (6x2-5x3-4x4 ecc.)
• intensità: aumento del carico esterno (zavorre), riduzione del livello di assistenza, utilizzo di una propedeutica più difficile, variazioni del TUT ecc.
• frequenza
- progressioni non lineari: comprendono ad esempio il metodo RT, AFAP, AMRAP
- altre possibili metodiche e tecniche da cui attingere: EMOM, drop set, cluster, ladder, ecc.

La periodizzazione rappresenta il cardine della programmazione a lungo termine. La periodizzazione di un neofita richiede sicuramente un’adeguata fase rivolta al condizionamento delle strutture articolari-tendinee, raggiungimento di un buon livello di forza generale, miglioramento di eventuali limiti di mobilità e studio della tecnica. In un soggetto intermedio o avanzato si potrà porre maggiore enfasi sullo studio diretto dell’obiettivo.
Possiamo individuare alcune fasi:

1. Fase di adattamento e preparazione: fase in cui dobbiamo preparare il nostro organismo a gestire il nuovo schema motorio, implementare le capacità coordinative e la forza specifica e ridurre lo stress che questo comporterà, soprattutto a livello articolare. Si utilizzano intensità medio-basse (30-50%) ma a volumi medio-alti.
2. Fase di ipertrofia funzionale: si cerca di sfruttare l’adattamento veloce tipico dello stadio iniziale per incrementare la performance. Abbiamo un aumento dell’intensità di lavoro (50-70%) senza però ridurre eccessivamente il volume. Potremmo ad esempio andare ad inserire una propedeutica più avanzata o esercizi con leve più svantaggiose.
3. Fase di forza massimale: comprende allenamenti ad intensità elevata (70-90%); è una fase molto importante ma anche potenzialmente pericolosa e stressante.
4. Fase di trasformazione della forza massimale in forza esplosiva: per migliorare ulteriormente il reclutamento, la sincronizzazione e il tasso di attivazione neuromuscolare. L’intensità si assesta in un range tra il 60-80% del massimale, ciò permette l’allenamento della forza esplosiva e il mantenimento di quella massimale.
5. Fase di consolidamento della tecnica e miglioramento della forza resistente: rivolta ad incrementare la resistenza e prepararsi alle progressioni successive. L’intensità si assesta in un range tra il 50-70% per consentire il mantenimento della forza massimale sviluppata e lavorare contemporaneamente sulla resistenza alla forza.


SPECIFICITÀ

Lo stimolo allenante (e quindi degli esercizi principali e complementari e delle metodologie su di essi applicate), deve essere scelto in base all’obiettivo che si vuole raggiungere.


RECUPERO/SCARICO

Il recupero all’interno sia dei microcicli che dei macrocicli, è fondamentale affinché si attui una fase di supercompensazione e quindi di reale adattamento e incremento della performance. Occorre inoltre valutare anche la possibilità di inserire una vera e propria fase di scarico (ad esempio tra un macrociclo e quello successivo o comunque laddove se ne senta la necessità fisica e mentale): lo scarico, consiste in un periodo di tempo in cui si riduce lo stress allenante in termini di volume e/o intensità. Può essere passivo, basato sul totale riposo, oppure attivo, basato su allenamenti più limitati in termini di intensità e/o volume oppure sulla riduzione del numero di allenamenti.


TAKE HOME

- Inserire gli esercizi più difficili, intensi e tecnici a inizio scheda: sono lavori specifici al nostro obiettivo, in cui non saremo ancora in grado di sostenere un volume importante e che tenderanno a esaurire rapidamente le nostre energie fisiche e mentali.
- Inserire sempre almeno un esercizio dello schema motorio target.
- Inserire sempre esercizi con difficoltà a scalare e complementari, per accumulare volume e forza; devono essere esercizi che si riescono a padroneggiare e che colpiscono tutta o parte della muscolatura coinvolta nello schema principale, pur distanziandosi leggermente dallo stesso.
- Curare la tecnica senza avere fretta. Macinare ripetizioni e serie di un esercizio tecnicamente errato riduce l’efficacia dell’allenamento e ci allontana dal nostro obiettivo, consolidando dei meccanismi compensatori e degli atteggiamenti errati che ci porteremo anche in futuro. Inoltre, aumenterà il rischio di incorrere in fastidi e potenziali infortuni.
- Variare gli stimoli è sicuramente molto utile in quanto ci permette di offrire degli input differenti al nostro corpo ed evitare un eccessivo adattamento. Questo è vero soprattutto in ottica di una programmazione a lungo termine. Ma, variare, non è sinonimo di stravolgimento del programma giornalmente o settimanalmente: il corpo non si adatta e non migliora in tempi così limitati; valutare la bontà di una strategia e di un programma, richiede un minimo di tempo, costanza e regolarità.
- Non allenarsi sempre a cedimento. È bene cercare di gestire sempre in modo equilibrato intensità e volume durante i mesocicli e programmare periodi di scarico (attivo o passivo).
- Eseguire dei test: senza test non si può conoscere il proprio livello di partenza e/o il livello raggiunto e non si potrà quindi realizzare una programmazione adeguata né valutare la bontà di quella appena conclusa.
- Oggettività: essere oggettivi sia nei test sia nella scelta degli esercizi da inserire: è inevitabile che in alcuni esercizi riscontreremo meno difficoltà, ottenendo risultati migliori in tempi relativamente più brevi. Questo, tuttavia, non deve portare a prediligere l’inserimento nelle nostre schede solo degli esercizi in cui risultiamo banalmente più forti. È fondamentale lavorare sui propri punti deboli e limiti per poterli superare e, nel lungo termine, ottenere una reale e completa progressione.
- Eseguire sempre un adeguato riscaldamento, condizionamento articolare-tendineo e prestare attenzione alla necessità di correggere limiti posturali, asimmetrie e rigidità articolari; questo non solo per ridurre il rischio di infortuni ma anche per permettere un miglioramento qualitativo della performance e del benessere fisico.

...E come nelle migliori scelte della vita:
“Usare il BUON SENSO!”.

 

Pubblicato in Performance n. 2 - 2022
Mercoledì, 15 June 2022 09:55

Handstand push up

LE STRATEGIE PER IMPOSTARE O RIABILITARE UNO TRA I MOVIMENTI CALISTENICI PIÙ INFLAZIONATI

Progredendo nello sviluppo di una posizione di forza o di un movimento calistenico si può incappare in dolori tendineo-articolari fastidiosi che possono cronicizzarsi e rendere sempre più impossibile il raggiungimento del nostro obiettivo. Il nostro corpo è effettivamente in grado di generare quel tipo di forza ma è ancora troppo massimale per essere allenato in maniera continua ripetuta nel tempo. La strategia per riabilitare il gesto prima possibile e ritornare a eseguire l’esercizio senza dolori né fastidi sarà effettuare delle serie di avvicinamento al nostro carico target attraverso gesti propedeutici, aumentando gradualmente il carico percepito sulle nostre articolazioni, riscaldando in modo specifico il movimento e spingendoci così in modo progressivo vicino al nostro limite.

Attenzione! Non sarà mai il limite massimale della forza ma si dovrà mantenere un buffer di 1-2 ripetizioni (1-2” su skills isometriche) dal cedimento tecnico dell’esercizio. È fondamentale quindi aver coscienza di quante ripetizioni si possono ancora gestire all’interno di una serie mantenendo le attivazioni muscolari corrette senza compensazioni.

Un altro punto da dover determinare è quale sia il giusto carico target allenante. Probabilmente dovremo accumulare un numero maggiore di ripetizioni corrette nelle versioni precedenti dell’esercizio che ci ha generato fastidi, abbandonando l’ego del saper fare già quel determinato movimento avanzato e tornando indietro, riprendendo passo passo l’attenzione su tutte le attivazioni muscolari per tenere in assetto corretto le articolazioni durante l’esecuzione, fermandosi prima di spingere progressioni troppo avanzate che magari possono essere realizzate sporadicamente ma che non possono essere inserite con sicurezza in un programma di allenamento da ripetere in multifrequenza 2-3 volte a settimana.

Parlando di handstand push up possiamo affermare con certezza che oggi si vedono esecuzioni di tutti i colori; troppe persone che si buttano con i piedi contro al muro e che cercano di accumulare volume spazzatura su un esercizio che tecnicamente è sbagliato e che non porterà sicuramente a nessuno sviluppo sul piegamento in verticale libero. Se impostiamo invece una giusta progressione si arriverà al poter eseguire i piegamenti in verticale al muro nel momento giusto della nostra preparazione, con il giusto numero di serie per ripetizioni.
Oltre che la progressione di forza sulla spinta a braccia piegate si continuerà lo studio della verticale, dalle forme propedeutiche agli esercizi di equilibrio, e della verticale su testa come fermo profondo del movimento di handstand push up.


ORDINE DI DIFFICOLTÀ PROGRESSIVA

✔ V- Push Up a gambe divaricate
✔ V- Push Up gambe unite
✔ V- push Up piedi su rialzo
✔ Piegamenti in verticale a 90°
✔ Piegamenti in verticale schiena alla parete
✔ Piegamenti in verticale ventre alla parete
✔ Piegamenti in verticale libera

Su cosa porre attenzione:
✔ traiettoria dei gomiti e del capo
✔ mantenimento della gabbia toracica ruotata verso il basso
✔ mantenimento dell’allineamento braccia/busto
✔ controllo delle spalle mantenendo l’extrarotazione delle braccia
✔ traiettoria delle scapole che partiranno elevate a braccia distese e si abbasseranno progressivamente fino a essere depresse mantenendo la protrazione scapolare.


OBIETTIVO: IMPOSTAZIONE-RIABILITAZIONE
PIEGAMENTI IN VERTICALE SCHIENA ALLA PARETE

Dopo un riscaldamento basato sulla mobilità articolare dei distretti coinvolti nella verticale e nel push up, e dopo aver riscaldato la verticale (al muro e/o libera), impostiamo il ramping per arrivare alle serie target di piegamenti in verticale schiena alla parete e vediamo come inserire i lavori tecnici in back off. Rispettando il numero di serie, le ripetizioni sono da adattare in base alle indicazioni sul buffer e sul nostro livello di preparazione fisica. Questa metodologia di allenamento è applicabile a tutti i livelli di progressione di questa skill e di tutti i movimenti di forza in generale.

Avvicinamento al carico target
Le ripetizioni andranno scelte non seguendo il principio della piramide massimale ma mantenendo un buffer alto, circa il 50/60% del massimale dell’esercizio eseguito lentamente.


V-push up divaricati 1x6/8
V- push Up piedi uniti 1x6/8 - 60” recupero
V- push Up piedi su rialzo 1x6/8 - 90” recupero
Piegamenti in verticale a 90° 1x4/6 - 90” recupero


Serie target allenanti
Mantenendo un buffer di circa 2 ripetizioni rispetto al massimale.


Handstand push up 3x3/5 - 2' di recupero
NOTA: eseguire il movimento con rialzo sotto la testa progressivamente più basso; all’abbassarsi del rialzo diminuire le ripetizioni mantenendo sempre il buffer


Back off


V-push up mezzo ROM 2x5 - 60” recupero
V-push up full ROM 1x5
NOTA: eseguire il movimento con i piedi su rialzo prima 2 serie da 5 in mezzo ROM profondo da testa a braccia a 90°, poi 5 reps in full ROM


Una volta che l’esercizio sarà impostato in maniera corretta lo sviluppo della forza sarà molto più veloce. Nel tempo le serie target diventeranno l’ultima propedeutica di avvicinamento potendo così inserire come nuovo obiettivo la propedeutica successiva, in questo caso gli handstand push up ventre alla parete. Anche il back off sarà da adattare decidendo se una volta recuperate carenze di forza nei vari angoli di movimento si vorrà lavorare sull’accumulo di volume nelle propedeutiche precedenti.


ESEMPIO DI PROGRESSIONE

Avvicinamento


V- push Up piedi uniti 1x8/10
Piegamenti in verticale a 90° 1x6/8
Handstand push up piedi al muro con rialzo sotto la testa poi full ROM 2x4/6


Target


Piegamenti in verticale ventre alla parete 2x4
NOTA: eventualmente quando possibile se la verticale libera ce lo permette inseriamo una o più serie di piegamenti in verticale libera con rialzo sotto la testa


Back off


- Handstand push up schiena al muro - 3xmax tecnico
oppure
- Piegamenti in verticale a 90° - 3xmax tecnico
NOTA: eventualmente eseguire il movimento schiena al muro con rialzo sotto la testa


In questo modo potremo in maniera progressiva aumentare la nostra forza in modo sicuro e costante, senza incappare in infortuni, mantenendo sempre una coscienza completa del movimento analizzando in ogni seduta il gesto completo dalla propedeutica fino al massimale tecnico e terminando con il recupero di carenze tecniche o di aumento del volume di ripetizioni, generando tra le altre cose un notevole aumento in termini di ipertrofia funzionale al gesto.

v push up

piegamenti verticale

Pubblicato in Performance n. 1 - 2022

UN APPROFONDIMENTO SUGLI ESERCIZI PROPEDEUTICI AI DUE ELEMENTI BASE DELLA GINNASTICA CALISTENICA

neyroz   fignagnani

Per quanto possano risultare semplici per un soggetto avanzato, per il neofita che deve ancora familiarizzare con il gesto e con le attivazioni posturali corrette, potrebbe essere necessario impostare questi esercizi sfruttando uno scarico di leva, ad esempio, eseguire i Push Up con appoggio delle ginocchia o con le mani su un rialzo o con l’assistenza di un elastico. Il requisito necessario affinché si sviluppi nel modo corretto la forza di spinta, è che il movimento, per quanto semplificato, rispecchi sempre le regole generali dell’esercizio, ovvero il mantenimento corretto della tenuta corporea che coinvolge la componente addome/bacino e il cingolo scapolo-omerale. Partiremo dall’analisi della spinta sul piano orizzontale per arrivare all’analisi della spinta verticale.


LA SPINTA ORIZZONTALE: PUSH UP

Partiamo dal Plank su braccia tese, mantenendo tutti i suoi presupposti: retroversione del bacino, attivazione protrazione/depressione scapolare, ecc. Le mani vanno poste ad una distanza lievemente più ampia rispetto alla larghezza delle spalle, e possono essere di poco extraruotate per ridurre lo stress articolare a livello del polso. Eseguiamo un piegamento delle braccia cercando di riprodurre una posizione “a freccia” tra gomiti e testa fino a sfiorare idealmente il suolo con il petto: questo per evitare che i gomiti siano rivolti troppo verso l’esterno (in linea con le spalle), con l’omero in intrarotazione, posizione che andrebbe a compromettere la biomeccanica corretta dell’esercizio. Per tutta la durata del movimento il corpo dovrà rimanere in tenuta, evitando di “spezzare” i segmenti corporei ad esempio con una risalita anticipata del bacino o delle spalle. Oltre all’esecuzione dei Push Up con le mani a terra, è utile introdurre fin da subito un lavoro su maniglie per iniziare a prendere confidenza con l’attrezzo. In alcuni casi, potrebbe riscontarsi un’eccessiva rigidità a livello dei polsi, la quale può indurre un blocco o un’interferenza sulla completa distensione dei gomiti nei piegamenti a terra. In questo caso l’ausilio delle maniglie, unito a un parallelo lavoro specifico di mobilità dei polsi, è fondamentale per aggirare, senza però ignorare, la problematica della limitata mobilità estensoria del carpo.


PUSH UP SCAPOLARI

cal1   cal2

Tra le varianti del Push Up questo è un esercizio particolare poiché non è rivolto alla costruzione della forza in sé ma piuttosto alla sensibilizzazione e miglioramento della mobilità scapolare. Può essere quindi incluso come elemento utile in ottica di un approccio futuro rivolto allo studio della Planche, come esercizio complementare di mobilità o durante la fase di riscaldamento. Il muscolo più coinvolto in questo caso è rappresentato dal gran dentato. Può essere eseguito sia in appoggio con i piedi, sia in quadrupedia, la quale ci permette un maggior focus sulla tecnica. Dalla posizione a braccia tese è importante concentrarsi nel compiere movimenti di protrazione/abduzione e retrazione/adduzione scapolare senza flettere i gomiti.


PUSH UP A BRACCIA LARGHE
La variante a braccia larghe massimizza il lavoro della muscolatura del busto rispetto a quello delle braccia, in quanto si riduce il ROM a livello dei gomiti e di conseguenza il carico di lavoro dei tricipiti brachiali. Non è una variante da inserire nell’immediato, in quanto il mantenimento dell’assetto posturale risulta più complesso e nel neofita potrebbe indurre un’eccessiva intrarotazione dell’omero (volgarmente “gomiti in fuori”) creando quindi un’erronea compensazione.


PUSH UP STRETTI GOMITI INDIETRO
In questa variante di Push Up andiamo a complicare il gesto base e aumentare il carico percepito (in particolare a livello dei tricipiti) attraverso il posizionamento della mani ad una larghezza pari a quella delle spalle. Questa variante determina una maggiore attivazione del gran dorsale, che interverrà nel supporto dei muscoli principali della spinta (tricipite brachiale, grande e piccolo pettorale, deltoide), nella stabilizzazione del movimento e nel massimizzare la compattezza del cingolo scapolo-omerale durante l’esecuzione.


SPHYNX PUSH UP TIGER PUSH UP

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Queste varianti dei piegamenti a gomiti stretti sono estremamente utili per il rinforzo dei tricipiti e per aumentare il controllo della tenuta. Dalla posizione di Plank su gomiti, si estendono le braccia fino a portarle in blocco articolare, avendo cura di mantenere una corretta tenuta corporea e di mantenere i gomiti sempre lungo una traiettoria verticale: non ci devono essere movimenti laterali del gomito verso l’esterno, poiché questo rappresenta una compensazione errata e potenzialmente pericolosa. La posizione finale che raggiungeremo sarà quella del Superman Plank. La difficoltà di questo esercizio può essere modulata non solo variando l’entità del supporto fornito dagli arti inferiori (su ginocchia o su piedi) ma anche variando la posizione dei gomiti in appoggio rispetto alla linea delle spalle: a mano a mano che i gomiti si portano in una posizione più avanzata, il ROM a livello del gomito si riduce e l’esercizio risulta più semplice e focalizzato sulla fascia addominale, viceversa più i gomiti si avvicinano al corpo più il carico a livello dei tricipiti diventa intenso e l’esercizio complesso.


LEAN PUSH UP

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Esercizio borderline tra la preparazione fisica generale e quella specifica, in quanto può essere utilizzato come variante più intensa e difficile di un Push Up e deve essere sicuramente utilizzato come esercizio di preparazione fisica specifica nel condizionamento della Planche. Rimandiamo la descrizione tecnica alla sezione dedicata a tale skill.


DIP PARALLELE
Siamo arrivati finalmente al Dip, ovvero la capacità di poter spostare tutto il nostro carico spingendo sulle parallele a corpo sospeso ed esclusivamente con le braccia. Prima di affrontare questo tipo di movimento dovremo aver preso confidenza con l’attrezzo sul quale verrà eseguito: che siano parallele, sbarre o anelli dovremo necessariamente eseguire degli esercizi di solo appoggio in Hollow o di tenute (ad esempio in L-Sit raccolta/completa) per riuscire a mantenere la posizione ferma di spinta a braccia tese con adduzione e depressione scapolare, senza incassare il collo o cedere su noi stessi. Concentriamoci ora sul Dip alle parallele e rimandiamo al paragrafo Muscle Up per le varianti di Dip ad anelli e a sbarra, essendo più difficili da eseguire correttamente e con tecniche specifiche per lo sviluppo delle salite all’appoggio. Una volta che avremo rinforzato il nostro appoggio statico, la corretta traiettoria del Dip per massimizzare il rendimento a scopo calistenico e non ipertrofico, prevede la discesa con i gomiti non completamente indietro ma in posizione di freccia, pensando di attivare il dorsale con un rematore e di portare il petto in avanti. La posizione del corpo in fase di discesa dovrà avere il petto leggermente chiuso in modo da portare la spalla leggermente davanti alla mano e cercando quindi di non avere una perfetta traiettoria verticale ma lievemente sbilanciata in avanti, senza però oscillare: attenzione però a non trasformare questo sbilanciamento in una vera e propria flessione del busto, poiché costituisce una compensazione errata e altera completamente lo schema motorio target.


LA SPINTA VERTICALE

V-PUSH UP E PUSH UP A 90°

Il V-Push Up è il primo piegamento propedeutico alla spinta verticale. È un esercizio spesso sottovalutato e fondamentale per iniziare a prendere confidenza con la vera spinta verticale che ci permetterà di approcciare, in futuro, l’esercizio fondamentale di spinta: gli Handstand Push Up, al muro e poi liberi. Lo schema motorio dei V-Push Up infatti si discosta dalla spinta ottenuta nei Dip, avvicinandosi a quella perfettamente verticale degli Handstand Push Up, con un importante carico a livello delle spalle. La tecnica corretta di esecuzione di questo esercizio tuttavia non è così banale: dalla posizione di pike (o “V” rovesciata) con spalle e braccia allineate, andremo a effettuare un piegamento portando la testa a contatto con il suolo in un punto immaginario, leggermente spostato in avanti rispetto alla linea delle mani; da qui, invertiamo il movimento e ci riportiamo nella condizione di allineamento iniziale, cercando di eseguire una traiettoria analoga alla fase di discesa. Attenzione a non intraruotare eccessivamente le braccia (posizione a freccia tra gomiti e testa). La validità ed efficacia di questo esercizio è fortemente condizionata dalla qualità tecnica del gesto e richiede una buona mobilità di tutta la catena cinetica posteriore: questa infatti è la problematica principale che porta a una compressione busto-arti inferiori non sufficiente, con inevitabile penalizzazione della posizione e scorretta esecuzione; un’eccessiva rigidità non permette il corretto allineamento braccia-spalle-busto, con perdita della verticalità del movimento e transfert inefficace sulla spinta verticale. Laddove la nostra mobilità diventa quindi un limite importante, oltre a inserire esercizi che ci permettano di migliorare in questo senso, si può cercare di ovviare al problema divaricando le gambe oppure flettendole leggermente o, ancora, utilizzando un rialzo a livello dei piedi.

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L’utilizzo di un rialzo, in realtà, ci sposta verso una variante più intensa dei V-Push Up, ovvero i Push Up a 90°, quando il rialzo è tale da creare un angolo di 90° tra busto e arti inferiori. Seppur più intensi, i Push Up a 90° permettono di ricreare la verticalità della spinta in modo più preciso e semplice, rientrando nella categoria di esercizi di preparazione specifica per gli Handstand Push Up. Permangono le stesse indicazioni tecniche relative alla fase di discesa e di spinta viste per i V-Push Up.

Ora siamo sicuramente pronti per eseguire le nostre “SPINTE”!

Pubblicato in Performance n. 3 - 2021
Giovedì, 23 September 2021 10:57

Il manuale di calisthenics

TUTTI GLI ESERCIZI FONDAMENTALI ED AVANZATI DESCRITTI DAL TEAM DOCENTI FEDERALI DEL SETTORE KALISTHENICS PER GUIDARE PASSO DOPO PASSO L’ATLETA ALLA CONQUISTA DI TUTTI I SUOI OBIETTIVI

Per questo numero di Performance abbiamo deciso di regalarvi un estratto dalla sezione Front Lever del libro “Manuale di Calisthenics” scritto dal team di autori Federico Fignagnani, Andrea Neyroz, Marco Mazzesi e Deborah Carone, prodotto da Elika editrice. “Abbiamo cercato durante la scrittura del manuale di metterci sempre nei panni dell’atleta che, partendo dai concetti teorici di impostazione dell’allenamento, cerca di costruire i prerequisiti fisici e conquistare passo dopo passo tutti gli obiettivi che si può prefiggere nel mondo calistenico.
Abbiamo cercato di nominare, raggruppare e descrivere tutti gli esercizi fondamentali ed avanzati per accompagnare il lettore nel suo allenamento, non solo dal punto di vista di tabelle di allenamento ma anche dal punto di vista descrittivo/teorico per progredire in maniera veloce e corretta senza incappare in infortuni o stalli nella propria progressione atletica.”


IMPOSTAZIONE E ALLENAMENTO DEL FRONT LEVER

Come raggiungere la posizione finale perfetta partendo dalle basi.

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Il Front Lever è uno degli elementi più rappresentativi del Calisthenics, ambito dai neofiti e allenato dagli atleti per raggiungere le sue variazioni tecniche più difficili. è la skill fondamentale di tirata e il suo allenamento corretto porta ad un accumulo di forza da trasferire in altre skill come la Human flag. Per realizzarlo nella maniera corretta si dovrà partire da esercizi di condizionamento e di rinforzo specifico considerando comunque che l’atleta che si vuole approcciare a questa skill finale dovrà padroneggiare tutti gli esercizi di preparazione fisica generale per quanto riguarda la tirata, in particolare gli esercizi di trazione scapolare, trazione australiana, trazione alla sbarra.

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Per quanto riguarda la parte dedicata ai muscoli del core, sarà fondamentale non solo lo studio della hollow position (in quanto il front lever deve essere allineato e non troppo rotondo) ma soprattutto trovare, come per la verticale, un bilanciamento degli atteggiamenti prono e supino. Ultimo ma non meno importante requisito per poter allenare con la corretta progressione il front lever sarà la chiusura del busto con gambe unite, sia passiva che attiva, come i “toes to bar” o i “leg raises”.


IMPOSTIAMO IL DRAGON FLAG

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Il dragonflag è un esercizio fondamentale perché aiuta il neofita a scoprire tutti gli scarichi di leva del front lever. Una volta impostata la posizione di candela corretta alla spalliera eseguiremo contrazioni eccentriche, isometriche e concentriche nelle varie leve di front lever.


CRUNCH INVERSO ALLA SPALLIERA E DRAGON FLAG

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Ci posizioniamo alla spalliera, supini con le mani strette al piolo e proiettiamo il corpo in alto verso la candela. Viene eseguito inizialmente a braccia flesse con le componenti brachiali parallele fra loro poi, con l’aumentare della forza specifica, a braccia tese. Inizialmente è consigliabile rinforzare la candela finale, eseguita perfettamente come nella sua versione propedeutica alla verticale con mani a terra. Il bacino dovrà essere in retroversione + estensione mentre le gambe saranno tese e perfettamente allineate al corpo, perpendicolari al suolo. Per il neofita questo può essere già un primo obiettivo da dover raggiungere attraverso l’esercizio del crunch inverso applicato alla candela dove mantenendo le gambe perpendicolari e la schiena appoggiata al suolo spinge i piedi verso l’alto pensando di tirare il piolo mentre estende le anche. Una volta impostato e rinforzato l’esercizio precedente si scenderà dalla candela, mantenendo le attivazioni corporee corrette, verso la posizione di Dragonflag.
Inizialmente si cercherà dalla candela l’impostazione della leva corporea per poi scendere in maniera controllata e bloccare l’isometria circa a 45° tra spalliera e suolo, in una delle seguenti leve:

  • Tuck advanced: gambe raccolte al petto con un angolo tra busto e cosce di 90°.
  • One leg: una gamba completamente raccolta al petto e l’altra tesa in linea.
  • One leg advance: una gamba raccolta con angolo tra busto e coscia di 90° e l’altra gamba tesa.
  • Straddle: posizione a gambe tese divaricate.
  • Full: posizione a gambe tese unite.

NOTE SULL’ALLENAMENTO DEL FRONT LEVER ISOMETRICO

Arrivati a questo punto si inizierà a lavorare la prima isometria di Front Lever in Tuck. Un errore che tanti atleti fanno nell’approcciare queste skill con corpo orizzontale è il voler arrivare prima possibile alla posizione Full finale allenando solo isometrie ed eccentriche (eventualmente aiutandosi scalando la resistenza degli elastici). Una volta poi arrivati al full pensano di poter ottenere varianti tecniche come i pull up in full direttamente. Lo studio degli esercizi di preparazione specifica va curato e svolta progressivamente in tutte le fasi propedeutiche. Raise, Pull Up, Pull sono tutti esercizi che vanno studiati già in fase preparatoria nelle versioni tuck, tuck advance, one leg e così via, per arrivare alla versione full con la padronanza completa di tutti i movimenti che passano per il punto che vogliamo fermare e controllare in isometria.


ALLENAMENTO DEL FRONT LEVER TRAMITE L’AUSILIO DI ELASTICI

cali 6 

Per sostenere il corpo nell’esecuzione di alcuni dei prossimi esercizi, oltre che usare l’elastico con i piedi come si è fatto fino ad ora, lo useremo dietro la schiena come una cintura, tenendolo con le mani salde alla sbarra. Ricordate sempre che il nostro obiettivo è scalare l’elastico fino al corpo libero e quindi è importante allenare gli esercizi con l’elastico per comprenderne gli schemi motori ma è altrettanto fondamentale il riuscire a eseguire gli stessi esercizi a carico naturale. Seguendo i principi di sviluppo della forza spiegati in precedenza vedremo nella sezione dei programmi come poter affrontare in modo corretto lo sviluppo delle posizioni propedeutiche.


DAI TUCK FRONT LEVER RAISE ALLE ISOMETRIE TUCK /TUCK ADVANCED

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Iniziamo a rinforzare in maniera specifica l’angolo di front lever sfruttando una variante dei leg raise alla sbarra uniti a un’azione di retrazione scapolare a braccia tese trasformando l’esercizio in un vero e proprio pull down a corpo libero. Una volta compresi e allenati i reclutamenti corretti dei raise in front lever, iniziamo a fermare l’isometria con il dorso parallelo al suolo mantenendo una forte adduzione/depressione scapolare e continuando a spingere la sbarra verso il basso.

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Obiettivo del nostro allenamento arrivati a questo punto sarà riuscire ad aprire l’angolo busto-cosce pochi gradi alla volta fino a raggiungere e superare i 90°.


ONE LEG FRONT LEVER E ONE LEG ADVANCED FRONT LEVER

cali 10 

Per eseguire il one leg front lever partiamo dal tuck front lever ed estendiamo una gamba in avanti creando così una linea orizzontale tra dorso, glutei e gamba mentre l’arto controlaterale è raccolto al petto.
Con l’allenamento di questa forma di front lever, attraverso le isometrie dirette e la preparazione specifica (non solo in one leg ma anche in tuck advanced) si raggiungerà il one leg advanced front lever, ovvero si sarà in grado di allontanare la gamba raccolta dal petto fino a raggiungere con essa un angolo di 90° rispetto al busto, sempre mantenendo l’altra gamba tesa allineata perfettamente al corpo parallelo alla linea del suolo.
In seguito, una volta allenata questa leva corporea con le isometrie e attraverso gli esercizi dinamici, alleniamo le versioni straddle, half lay e full ripercorrendo gli stessi metodi.


ESERCIZI DINAMICI DI PREPARAZIONE SPECIFICA FRONT LEVER
 

RAISE
Come abbiamo già visto nella versione tuck in fase propedeutica, partiamo dalla sospensione completa alla sbarra e tiriamo quest’ultima premendola verso il basso e spingiamo il bacino su verso l’alto fino a raggiungere il front lever di passaggio o la candela inversa a seconda del programma (1/2 rom o full rom).

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PULL
Partiamo dalla posizione isometrica di front lever e continuando l’azione di tirata a braccia tese, premiamo verso il basso la sbarra mentre spingiamo il bacino verso l’alto fino a raggiungere con il corpo l’attrezzo per poi ritornare lentamente in posizione di front lever.

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PULL UP
Partendo dal Front lever eseguiamo un pull up pensando di portare i gomiti verso il basso mentre manteniamo il corpo parallelo al suolo. In un primo momento alleniamo il movimento ½ rom per rinforzare lo sblocco della trazione e, mantenendo la postura scapolare di depressione/adduzione, flettiamo le braccia controllando la piccola fase eccentrica di trazione, stabilizzando ogni volta il front lever. Allenando e rinforzando il movimento saremo in grado di eseguire Pull up con rom sempre più ampio fino ad arrivare nel tempo a eseguirli full rom.

…Un breve spaccato del nostro “Manuale di Calisthenics” edito da Elika che ci auguriamo abbia stimolato la tua curiosità e il tuo interesse...
Ti aspettiamo in libreria!

Pubblicato in Performance n. 2 - 2021
Martedì, 06 April 2021 12:23

La costruzione della forza calistenica

Come sviluppare la forza specifica scegliendo gli esercizi giusti, creando una progressione di elementi propedeutici, applicando i metodi di allenamento più idonei

In questo articolo analizzeremo come sviluppare la forza specifica per ogni esercizio, prima a livello concettualmente teorico per poi applicarlo in pratica con alcuni esempi.


TEORIA DELL’ALLENAMENTO

Partiamo dal presupposto che uno degli scogli fondamentali che il neofita di Kalisthenics si trova ad affrontare è sicuramente la gestione del proprio peso corporeo in relazione alla forza che riesce ad esprimere.

Il neofita che prendiamo in esame è un soggetto che conosce già le basi della disciplina calistenica e del lavoro a corpo libero in generale e che ha acquisito una condizione fisica che lo ha portato all’ideale rapporto peso/potenza, o quasi, che gli permette di eseguire gli esercizi fondamentali. Quindi il neofita dovrà essere già in grado di:
• mantenere le posture corrette del corpo;
• conoscere gli assetti specifici dell’esercizio e aver la capacità di metterli in pratica;
• riuscire a percorrere le traiettorie corrette degli esercizi senza limitazioni dovute a una scarsa mobilità specifica.

Se consideriamo un esercizio come il Pull Up, il nostro neofita deve essere già a conoscenza dell’assetto scapolare da mantenere nell’esercizio, studiato con esercizi propedeutici, e aver già la mobilità che gli consente la giusta traiettoria biomeccanica; per quanto riguarda la postura da mantenere durante l’esecuzione deve avere già studiato, nella fase introduttiva, gli atteggiamenti a terra con le barchette e deve quindi saperle riportare nei vari lavori di Plank.

Tutto quanto segue comunque è valido anche per l’atleta evoluto che dovrà considerarsi neofita nei confronti della nuova skill da eseguire o nella nuova leva corporea che vuole imparare a gestire. Partiamo dal presupposto che per ottenere buoni risultati in una programmazione della forza a lungo termine dobbiamo mettere da parte l’idea di allenamento della forza massimale e del cedimento concentrico ovvero quando i muscoli target di un determinato esercizio non sono più in grado di contrarsi e portare a termine lo stesso.

Qui entra in gioco il concetto di buffer ovvero lasciare delle ripetizioni in riserva e non portare le serie al cedimento muscolare, riuscendo quindi a concludere tutte le ripetizioni di un determinato esercizio con la corretta esecuzione tecnica. Aggiungiamo alla definizione di buffer il concetto di MAV che sta per Miglior Alzata Veloce, dove l’atleta gestisce tutte le ripetizioni delle serie mantenendo una brillante velocità di esecuzione ed un ottimo controllo tecnico. All’80% circa del carico massimale siamo in grado di avere una attivazione muscolare totale, sempre rispettando i tempi di attivazione dei vari pattern motori eseguiti correttamente. La volontà di imprimere la massima velocità concentrica e il massimo controllo sul proprio corpo farà in modo che lo scopo motorio possa essere assolto. Quindi, ad esempio, se abbiamo 10 Pull up massimali allenandone 8 come appena descritto sopra, con un alto volume di serie, avremo un migliore e più veloce adattamento fisico creando meno stress a breve termine sul corpo. I tempi di recupero dovranno essere lunghi per evitare l’affaticamento muscolare e cardiorespiratorio con lo scopo di concentrarsi così solo sulla componente nervosa della forza, mantenendo la mente conscia e presente all’interno dei movimenti. È importante usare un’intensità di carico elevata, mentre è di scarso interesse l’utilizzo di una intensità percepita elevata, quindi un numero di ripetizioni troppo elevato in relazione all’intensità di carico. Dobbiamo quindi trovare le ripetizioni allenanti considerando dove si inizia a percepire un rallentamento in fase concentrica. Questo per mantenere alto il volume senza che questo sia a discapito della qualità di espressione del movimento.

Lo sticking point diventa il nostro metro di valutazione del buffer ed è il punto di evidente rallentamento nell’esecuzione concentrica che non deve essere superato con una modificazione tecnica o di traiettoria tra una ripetizione e l’altra.


METODOLOGIE NELLA COSTRUZIONE DEGLI ELEMENTI

Le applicazioni pratiche di questi concetti teorici sono possibili solo se abbiamo una visione globale dell’elemento che vogliamo ottenere. Dobbiamo aver chiare le meccaniche dell’elemento, i muscoli da reclutare e le azioni da mettere in pratica. Gli esercizi che seguiranno sono esempi di progressioni mirate allo sviluppo degli obiettivi. Nel dover scegliere pochi esercizi ne selezioneremo 2 o 3 da questi blocchi partendo da quello con carico più alto verso quelli con carichi più bassi, senza però arrivare a un carico talmente basso (inferiore al 75%) da non risultare allenante in termini di forza. Nella costruzione di un programma inoltre dovremo sempre ricordare di bilanciare spinta e tirata e di dedicare tempo sia al rinforzo degli atteggiamenti corporei che alla mobilità. La multifrequenza degli esercizi multi-articolari consente un adattamento più rapido e il lavoro a buffer preserva dall’affaticamento muscolare che potrebbe portare a possibili infortuni. Si considerano quindi 3 o, se possibile, 4 singole sedute all’interno della settimana.

Esempi di progressione:
una progressione esempio, dal semplice al complesso, per quanto riguarda il Push up che si trasforma in Dip può essere:

• Push up con mani su un rialzo (impostazione della protrazione e depressione scapolare)
• Push up sulle ginocchia (impostazione del bacino in retroversione e contrazione addominale)
• Push up a gambe tese assistiti con elastico
• Push up a gambe tese
• Dip assistiti con elastico
• Dip

Mentre invece partendo dal Australian Pull up per raggiungere l’obiettivo Pull up esplosivo consideriamo l’esempio:

• Australian Pull up con inclinazione decrescente per maggior carico
• Trazioni scapolari (impostazione della adduzione e depressione scapolare)
• Pull up con elastico (mantenimento dell’estensione delle anche con retroversione)
• Pull up High Pull up (Pull up esplosivo)

All’interno di ogni esercizio è sempre importante contemplare tantissimi esercizi accessori per rinforzare posture: movimenti a mezzo rom, recuperi dall’errore posturale alla postura corretta, varianti dinamiche… ma per adesso diamo per scontato che le posture degli esercizi siano sempre perfettamente eseguite e analizziamo solo i metodi progressivi per sviluppare forza e resistenza alla forza in un dato movimento.


METODI

Partiamo dalla progressione della forza semplice, e troviamo l’esercizio per cui l’atleta sa gestire circa 3/4 ripetizioni. Il recupero sarà da valutare durante l’allenamento per cercare sempre la corretta esecuzione tecnica e il massimo reclutamento muscolare senza trovare sticking points durante le esecuzioni.

Progressione ad incremento settimanale
Serie x ripetizioni (Multi frequenza 3/4 allenamenti settimanali)
Partendo dal 6 x 2 si cercherà di andare ad aumentare il volume totale mantenendo il carico durante le settimane.
- 6x2 prima settimana
- 5x3 seconda settimana
- 4x4 terza settimana
- 6x3 quarta settimana
- 5x4 quinta settimana
- 6x4 sesta settimana
- 5x5 settima settimana
Arrivati a questo punto si è raggiunto il 5x5 dell’esercizio e possiamo iniziare a pensare ad aumentare la singola serie massimale.


Aumento della singola serie massimale
Il ladder trova specifica applicazione per il nostro obiettivo di voler aumentare il volume totale eseguibile mantenendo un determinato carico e aumentando progressivamente le ripetizioni nella singola serie: 2 serie (prime 2 settimane) poi 3 x1,2,3, ecc…
Es ladder:
- 1 ripetizione, 1” pausa +
- 2 ripetizioni, 2” pausa +
- 3 ripetizioni, 3” pausa +
- 4 ripetizioni, 4” pausa +
- ………………………………….
E così via fino alla non riuscita conclusione dell’esecuzione di tutte le ripetizioni della mini-serie.
A questo punto aspettiamo 2 minuti e ripetiamo inizialmente per due macro serie fino a progredire nelle settimane e svolgerne 3.
Se si è giunti alla quarta ripetizione del ladder, gestibile dall’atleta perché era arrivato precedentemente a eseguire un 5x5 anche se con più recupero, significherà che si è riusciti ad eseguire 10 ripetizioni con pochissimo recupero fra loro, ottenendo un transfer sulla singola serie massimale.
Il nostro atleta a questo punto sarà in grado di gestire una serie da 10 ripetizioni. Adesso si deve sfruttare questa singola serie più lunga per generare più volume possibile di lavoro.


Aumento Volume
Dobbiamo determinare un volume di ripetizioni allenante per lo specifico esercizio e cercare di concluderlo in maniera AFAP (As Fast As Possible) con meno recupero possibile ricordando sempre qualità tecnica e buona velocità di esecuzione.
Esempio: se abbiamo 10 ripetizioni massimali eseguiamo 50 Reps nel meno tempo possibile con serie da 8 ripetizioni poi 6, poi 4, e così via scalando le ripetizioni.


Ipertrofia funzionale
Una volta che l’atleta ha come presupposti una buona conoscenza dell’esercizio ottenuta dal primo metodo, una buona serie massimale e gestisce un volume di lavoro totale alto dell’esercizio, si può sfruttare un periodo di ipertrofia funzionale per accompagnare il lavoro nervoso a quello muscolare in modo da poter poi progredire con il prossimo step della nostra progressione e ricominciare tutto da capo.
Eseguiremo 5/6 serie per l’80% delle ripetizioni (se sono 108) della nostra serie massimale trovata nella somma delle singole ripetizioni all’interno del ladder.


Settimana di scarico mantenendo il carico allenante ma dimezzando il volume
È importante mantenere sempre l’attenzione sulla propria condizione fisica e mentale durante l’allenamento e durante la giornata. La motivazione a progredire può spingere l’atleta a non ascoltarsi e a non rispettare i tempi biologici di adattamento articolare. Inoltre se consideriamo l’impegno del sistema nervoso nello svolgere con controllo gli esercizi multi-articolari calistenici si potrebbe arrivare a una perdita di motivazione con una conseguente perdita di attenzione sul momento di esecuzione dell’esercizio. Per questo è importante ricordare di inserire le settimane di scarico e, a meno che non si sia giunti a un esaurimento tale da dover stare a riposo, la settimana di scarico dovrà essere impostata mantenendo il carico di lavoro ovvero il carico corporeo e le ripetizioni allenanti delle singole serie ma dimezzando il volume delle serie o il volume totale.
Esempio:
Se abbiamo un 6x3 eseguiremo nella settimana di scarico un 3x3 Se abbiamo 50 ripetizioni totali ne eseguiremo solo 25


Mantenimento dei progressi e sviluppo di un nuovo esercizio
Per mantenere i progressi ottenuti dobbiamo continuare a lavorare la propedeutica precedente parallelamente allo sviluppo del nuovo esercizio. Magari con una variante tecnica che complica l’esercizio, un fermo a inizio/metà/fine movimento, o una fase eccentrica lenta.
Prendiamo come esempio i Pull up e ipotizziamo che il nostro atleta abbia iniziato il percorso gestendo 3 o 4 ripetizioni senza elastico ma che avesse già fatto tutto il percorso per i Pull up precedentemente con l’ausilio dell’elastico.
Nella prima parte centrale dell’allenamento l’atleta lavorerà come prima cosa sul metodo 6x2 per poi inserire come secondo esercizio un mantenimento del lavoro di pull up con elastico ed eventualmente un lavoro di mantenimento anche sulle trazioni scapolari.



ESEMPIO PRATICO PROGRESSIONE PULL UP

PRIMO PERIODO
- 6x2 Pull up senza elastico 2’ di recupero
- 2x Ladder Pull up con elastico 1’ e 30” di recupero
- 3x5 Pull up con elastico 1’ di recupero (fermo di 3” isometrico per ripetizione sull’adduzione scapolare)
Una volta arrivati al 5x5 sul primo esercizio si passa avanti.

SECONDO PERIODO
- 3x Ladder Pull up senza elastico (1,2,3,..) 2’ di recupero
- 30 Pull up elastico AFAP

TERZO PERIODO
- 40 pull up AFAP (da incrementare di 10 quando si raggiunge il numero in meno di 6 serie)
- 6x10” Fermo Isometrico pull up con elastico mento sopra la sbarra 1’ di recupero

QUARTO PERIODO
- 5x8 Pull up 1’ e 30” di recupero
Abbassare il recupero fino a un minuto e trasformare appena possibile in 5 giri di EMOM da 8 ripetizioni.

QUINTO PERIODO E QUINDI PRIMO PERIODO PER IL NUOVO ELEMENTO IN PROGRESSIONE
- 6x2 High Pull up
- 3x Ladder Pull up

Ricominciando così la programmazione con il nuovo elemento High pull up preso in esame e il mantenimento dei progressi ottenuti sul Pull up fino a questo momento.


CONCLUSIONI

Si è parlato solo di Pull up per rendere più comprensibile e più facilmente applicabile il metodo ma nello stesso modo è possibile lavorare tutti gli esercizi e tutte le skills ricordando sempre di studiare alla base di tutto una solida progressione lenta e calcolata per massimizzare il rendimento del macro-ciclo ed evitare stalli o infortuni.

Quindi riassumendo:
- pochi esercizi fondamentali scelti sulla base dell’obiettivo con buona frequenza nell’arco della settimana,
- tante serie per esercizio mantenendo la concentrazione sul qui e ora,
- minore ricerca del pompaggio muscolare,
- maggiore attitudine mentale,
- meno stress prodotto nella serie e concentrazione sulla tensione generata nelle singole ripetizioni,
- concentrazione sul volume di ripetizioni di altissima qualità fatte nell’arco del micro-ciclo. 

 

Pubblicato in Performance n. 1 - 2021

Puntiamo i riflettori sull’apprendimento motorio e sulle capacità coordinative specifiche

Per coordinazione si intende la capacità di eseguire un movimento corporeo con la massima efficacia e ottimizzazione energetica. All’interno del variegato mondo del fitness, tutte le discipline e ancor più quella del kalisthenics richiedono una componente di coordinazione più o meno complessa; poiché questa incide direttamente sulla qualità dei movimenti e quindi sulla qualità della prestazione, sarà necessario inserire dei protocolli mirati allo sviluppo delle capacità coordinative, con un approccio diversificato in relazione alla difficoltà del gesto che si vuole padroneggiare e al livello tecnico di partenza del soggetto.

Le capacità coordinative si divino in:

capacità coordinative di base: apprendimento, organizzazione, controllo e adattamento.
capacità coordinative specifiche: equilibrio, trasformazione, orientamento, ritmo, reazione.

I principali vantaggi ottenibili da uno sviluppo corretto delle capacità coordinative sono:

• diminuire il tempo di apprendimento di movimenti nuovi;
• migliorare la qualità del movimento;
• migliorare l’efficienza del movimento (con riduzione del dispendio energetico);
• prevenire gli infortuni.

Il livello di coordinazione dipende dall’organizzazione delle diverse informazioni che raggiungono il sistema nervoso centrale, nonché dal grado di elaborazione e controllo delle risposte motorie.

Queste informazioni vengono raccolte tramite gli organi di senso e sono di tipo:

✔ OTTICO: informazioni visive
✔ TATTILE: informazioni tattili
✔ ACUSTICO: informazioni uditive
✔ VESTIBOLARE: informazioni su accelerazioni ed equilibrio
✔ CINESTESICO: informazioni sulle tensioni muscolari


1° FOCUS - LE FASI DI APPRENDIMENTO DELLO SCHEMA MOTORIO

Per poter raggiungere ed avere il pieno controllo di una skill bisogna prima padroneggiare quelle capacità che sono alla base di qualsiasi movimento calisthenico e di ogni attività motoria in generale. Il punto di incontro tra queste capacità lo troviamo negli “schemi motori”, ovvero tutti quei movimenti che una volta appresi dal sistema nervoso centrale possono poi essere riprodotti senza sforzo, o meglio, senza uno sforzo importante; gli schemi motori si acquisiscono attraverso la riproduzione ripetuta dello stesso gesto nel tempo.

L’apprendimento di ogni nuovo movimento avviene dunque per 3 stadi:

Prima fase
Detta anche “coordinazione grezza”, si effettua il nuovo movimento in modo approssimativo, sulla base del proprio bagaglio motorio pregresso. In questa prima fase, è molto importante che le difficoltà siano introdotte gradualmente e che le condizioni di partenza siano semplici; questo soprattutto per evitare un eccessivo carico a livello del sistema nervoso che non porterebbe ad alcun giovamento. Risulterà quindi difficoltoso correggere fin da subito i dettagli più fini del movimento mentre sarà di fondamentale importanza focalizzarsi sugli aspetti più rilevanti, attraverso una costante ripetizione del gesto necessaria ad apprendere globalmente lo schema motorio. Quindi, in questo stadio, andremo ad apprendere la struttura e il ritmo del movimento.

Seconda fase
Detta anche “coordinazione fine” (interiorizzazione), si passa al perfezionamento del movimento, il quale risulta ancora condizionato da fattori ambientali e psichici (fatica, emozioni). Tale perfezionamento motorio avviene prevalentemente tramite un processo denominato feedback, che può essere interno (autovalutazione in base ai riscontri sensoriali) o esterno (informazioni provenienti dall’allenatore/trainer). Il rinforzo (tramite numerose ripetizioni) consente in questa fase l’automatizzazione del movimento e la conseguente possibilità, da parte dell’esecutore, di focalizzare l’attenzione sulla precisione e sul controllo stilistico.

Terza fase
L'ultima fase di apprendimento è denominata stabilizzazione. In questo stadio, abbiamo già raggiunto un livello di “coordinazione fine” e il nostro movimento diverrà sempre più armonico e preciso. Le conseguenze dirette del raggiungimento di questo stadio sono la realizzazione di movimenti tecnicamente corretti, senza dispersione di energia e con un minor impatto a livello del sistema nervoso (in pratica dovremmo “pensare” meno al gesto motorio che stiamo facendo). Al fine di progredire al meglio nello sviluppo di qualsiasi schema motorio, è fondamentale ricorrere ad un approccio analitico, ovvero scomporre l’esercizio, l’elemento, la skill in più segmenti così da poterli studiare e quindi perfezionare singolarmente.


2° FOCUS - LE CAPACITÀ COORDINATIVE SPECIFICHE

Una volta arricchita la mappa degli schemi motori nel nostro Sistema Nervoso Centrale, all’interno di una disciplina come il Kalisthenics, che come sappiamo richiede la realizzazione di elementi estremamente complessi, si dovrà porre una maggiore enfasi allo sviluppo delle capacità coordinative specifiche. Vediamo le principali in dettaglio:

Capacità di differenziazione: è la capacità di discriminare gli stimoli quando avvengono dei cambiamenti e di modulare l’intensità della forza. Questa capacità permette l’esecuzione di movimenti precisi.

Capacità di equilibrio: è la capacità di mantenere il corpo in una determinata posizione. Questa agisce sia in condizioni statiche (equilibrio statico) sia in condizioni dinamiche (equilibrio dinamico), dove permette il controllo della posizione durante l’esecuzione di un esercizio.

Capacità di orientamento spazio-temporale: è la capacità di muovere il corpo nello spazio e nel tempo.

Capacità di ritmizzazione del movimento: tale capacità permette di seguire uno schema ritmico e di eseguire le fasi dinamiche dei movimenti in un ciclo ordinato.

Capacità di reazione: questa capacità consente di eseguire un’azione motoria in risposta ad un determinato stimolo (conosciuto o sconosciuto, semplice o complesso). Tanto più è breve il tempo che intercorre tra lo stimolo e l’azione, tanto più il livello di questa capacità è alto.

Capacità di combinazione e di trasformazione dei movimenti: è la capacità di collegare più movimenti in rapida successione e/o di cambiare un’azione prefissata.

Capacità di simmetrizzazione del movimento: è la capacità di eseguire movimenti in forma speculare (destra – sinistra, orario – antiorario).

Capacità di espressione del movimento: è la capacità di trasmettere eleganza, fluidità e tecnica attraverso posture corrette e passaggi puliti come se chi ci vedesse dall’esterno non riuscisse ad avvertire la fatica del gesto.

Tanto più è complessa la disciplina o il gesto che stiamo svolgendo tanto più sarà necessario variare gli stimoli coordinativi specifici da inserire durante le fasi di allenamento.
L’arma vincente sarà quindi quella di diversificare il più possibile le fasi dell’allenamento, attraverso l’uso corretto della ”alternanza” e del “carico ondulato”, riscaldamento compreso!

 

Pubblicato in Performance n. 2 - 2020
Venerdì, 13 December 2019 09:49

Allenamento calistenico: pro e contro

I PRINCIPALI ASPETTI POSITIVI E LE LIMITAZIONI PER COMPRENDERE SE È ADATTO A TE!

Cos’è il calisthenics?
Il Calisthenics è un protocollo di allenamento a corpo libero molto efficace per aumentare la forza, la resistenza, l’equilibrio e la coordinazione, consentendo, inoltre, di migliorare notevolmente la propria mobilità articolare. Questa disciplina si avvale sia di esercizi isometrici che dinamici in grado di allenare tutti i gruppi muscolari e di sviluppare un corpo tonico, definito ed armonioso. Questa attività è alla portata di tutti, includendo allenamenti progressivi che seguono la logica di adattamento dell’individuo e la rendono praticabile da qualsiasi soggetto; essa infatti si compone di vari esercizi progressivi che portano ad un adattamento articolare e neurofisiologico e consentono di aumentare la densità ossea e il volume muscolare, diminuendo la massa grassa. Andiamo ad analizzare i pro e i contro di questa disciplina che con il tempo si sta diffondendo sempre di più.


PRO

1 Porsi un obiettivo
Spesso la persona che intraprende un percorso di “fitness” in palestra, tende ad interromperlo dopo poco tempo per mancanza di motivazione, dovuta anche alla ripetitività dei gesti e alla “monotonia” degli esercizi. Questo non accade in un percorso calistenico in quanto è la stessa disciplina a porre degli obiettivi da raggiungere con il proprio corpo, come ad esempio la realizzazione di una verticale. Chi pratica calisthenics, è stimolato da una costante sfida contro se stessi, contro i propri limiti siano essi mentali e/o fisici.

2 L’importanza dello stretching
Tutte le discipline a corpo libero per potersi esprimere senza limitazioni, richiedono un requisito fondamentale: la mobilità. Anche all’interno del calisthenics, la mobilità gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo e nel percorso di apprendimento. Più mobili saranno le nostre articolazioni, i nostri tendini e i nostri muscoli, più facilmente riusciremo a realizzare le traiettorie ideali del nostro corpo. Ad esempio, all’interno di una verticale, non sempre la mobilità delle spalle mi permette di allineare perfettamente le braccia con il busto, oppure durante una straddle planche, la mia capacità di divaricare le gambe, determina in maniera diretta il carico, in termini di peso, contro cui dovrò lavorare: più riesco a divaricare le gambe, meno peso andrò a percepire.

3 Economicità e libertà di allenamento
Un altro punto a favore di questa disciplina, è la possibilità di potersi allenare ovunque, dalla classica palestra, al home gym e all’outdoor in vacanza poiché non necessita di particolari attrezzi, pesi o macchine: ciò di cui abbiamo bisogno è solo il nostro corpo e tanta forza di volontà. Inoltre, il minimo investimento iniziale necessario (basta procurarsi una sbarra da montare e due parallele mobili), rende questa disciplina estremamente economica.

4 Esercizi adatti a tutti i livelli
La preparazione fisica nella ginnastica calistenica si sviluppa con una progressione che parte dall’esercizio più semplice fino ad arrivare a quello più complesso; questo ci permette di modulare il carico di lavoro in base al livello di preparazione del neofita. Ad esempio se un soggetto non ha mai eseguito dei piegamenti in appoggio sui piedi, potrà semplificare l’esercizio appoggiando le ginocchia, oppure se un soggetto non ha mai eseguito delle trazioni a sbarra, potrà semplificarle eseguendole inclinate.

5 Miglioramento delle capacità coordinative
Attraverso un costante lavoro con il proprio corpo, a differenza di quanto avviene in un allenamento pesistico puro, il calisthenics permette di migliorare la coordinazione, ovvero la capacità di realizzare movimenti, sia semplici che complessi, attraverso la perfetta cooperazione e sinergia dei vari gruppi muscolari al fine di ottenere una sequenza fluida, un movimento preciso con il minor dispendio energetico possibile, ovvero evitando sforzi muscolari inutili.

...perché imparare a muovere il proprio corpo è più importante di imparare a muovere qualsiasi peso!


CONTRO

1 Possibilità di infortuni: prevenire è meglio che curare
Il calisthenics, essendo una disciplina che mira non solo all’estetica del corpo ma al miglioramento della prestazione atletica del soggetto, richiede una maggiore pazienza da parte del praticante nel rispettare se stesso, i propri tempi ed i propri limiti. Le cause più importanti che possono favorire l’insorgenza di un infortunio, soprattutto nel neofita sono:
• mancanza di un riscaldamento adeguato
• carenza di mobilità
• programmazione mancante o inadeguata
• impazienza nella progressione del carico o nel rispetto delle propedeuticità
Tutte queste cause sono facilmente evitabili, se impostiamo e affrontiamo gli allenamenti in modo corretto, con l’obiettivo di voler conoscere sempre di più il nostro corpo, individuando e accettando le nostre reali capacità, i nostri punti di forza e quelli carenti e sulla base di questi, elaborare le strategie che ci permettano di perseguire dei nuovi obiettivi. Tante volte l’entusiasmo nel voler approcciare una nuova disciplina, un nuovo esercizio, una nuova skill può portare a non ascoltare i segnali del proprio corpo, sensazioni e dolori.

2 Difficoltà nel poter variare il carico
Sebbene il calisthenics offra la possibilità di un approccio progressivo, basato su propedeutiche che permettono la modulazione del carico, questa modulazione rimane più limitata. Questo perché, il carico contro cui andiamo a lavorare è proprio il nostro peso corporeo, il quale mal si adatta ad una regolazione fine. Soprattutto nelle fasi iniziali, il neofita deve imparare a sentire e gestire tale peso e apprendere come funzionano le proprie leve.

3 Momenti di stallo nelle progressioni: periodo di stallo come momento di adattamento
Come accade in qualsiasi percorso “fitness”, anche durante l’apprendimento di questa disciplina potremmo andare incontro ad uno o più periodi di stallo. Questo potrebbe determinare una sensazione di inefficacia della programmazione dell'allenamento e di una mancanza di predisposizione individuale a questa disciplina, fino a noia e abbandono completo. La grande differenza, tuttavia, è data dal fatto che il calisthenics si basa sull’apprendimento di schemi motori complessi, che richiedono un coinvolgimento multiplo sia dal punto di vista muscolare che articolare e nervoso, particolarmente rilevante. I momenti di stallo non devono essere visti quindi, superficialmente, come noiosi o lenti ma come momenti fondamentali e assolutamente necessari a stabilizzare, nel lungo periodo, gli adattamenti corporei e le tecniche complesse, richieste da questa disciplina. Le strade da intraprendere per superare questi periodi di stallo e rendere vario e completo il percorso, possono essere molteplici: dall’ausilio di elastici o di zavorre, all’aggiunta di esercizi complementari specifici con manubri e bilancieri, al ridurre il rom dell’esercizio o a spezzarlo nelle sue varie parti per rinforzarle separatamente. Affrontare un periodo di stallo, ci permetterà inoltre di imparare a riconoscere i nostri limiti e trovare le giuste soluzioni per superarli.

4 Mobilità limitata e difficoltà coordinative: quanto sono importanti?
Il neofita si scontra fin da subito con le limitazioni che possono derivare dalla sua mobilità o dalla difficoltà di coordinare determinati esercizi a corpo libero. Questo non deve scoraggiare l’appassionato ma deve stimolarlo a superare i propri limiti; non tutti abbiamo lo stesso bagaglio motorio determinato dalle nostre esperienze passate. Anche se idealmente sarebbe stato più facile ed efficace sviluppare queste capacità da bambini, nelle età sensibili di riferimento, ciò non esclude che sia possibile migliorarle in età adulta. Inoltre, le capacità mentali di un adulto e la maggior consapevolezza facilitano l’apprendimento. In una situazione di mobilità limitata il bravo allenatore avrà il compito di trovare sequenze di esercizi di mobilità attiva/passiva e di rinforzo articolare per poter gradualmente vincere le resistenze interne che bloccano ad esempio una chiusura del busto o un allineamento corretto delle spalle in verticale, aiutando l’atleta neofita a superarsi.

5 Ipertrofia a corpo libero: è davvero impossibile?
L’ipertrofia a corpo libero è ovviamente possibile; il nostro corpo non ha la capacità di discriminare se il sovraccarico è dato da un peso esterno (manubrio, bilanciere, elastico, zavorra etc) o è dato dal nostro peso corporeo. Le limitazioni presenti in questa disciplina riguardano fondamentalmente 3 punti:
• il primo è quello relativo alla differenza tra upper body e lower body, uno degli stimoli che comporta ipertrofia è lo stimolo meccanico. Nel calisthenics questo stimolo dato dal nostro peso corporeo (a cui potremo aggiungere eventuali zavorre) è più che sufficiente, nell’upper body, a produrre ipertrofia. Ma, come analizzeremo successivamente, ciò non è così lineare e semplice per gli arti inferiori;
• il secondo punto è quello relativo ad un altro stimolo importante nel produrre ipertrofia, ovvero lo stimolo metabolico che si sviluppa attraverso il tempo sotto tensione (TUT): come già detto in precedenza, data la difficoltà nella gestione fine del carico, nel calisthenics spesso si lavora vicini al proprio massimale, il che comporta una riduzione del TUT e quindi una riduzione dello stimolo ipertrofico;
• infine, nel calisthenics si eseguono esercizi multiarticolari che comportano un affaticamento nervoso maggiore e che sopraggiunge più rapidamente di quello muscolare.
Tuttavia, l’obiettivo cardine del calisthenics non è quello di ottenere un corpo ipertrofico in termini puramente estetici, ma quello di progredire nell’acquisizione delle skills. Ne deriva quindi che l’ipertrofia è più una conseguenza finale che un obiettivo iniziale. Nel neofita l’ipertrofia non è sicuramente il primo obiettivo da ricercare, poiché primariamente occorre apprendere gli schemi motori di base richiesti e assicurarsi una adeguata mobilità articolare. Il fine ultimo del neofita sarà dunque quello di sviluppare il miglior rapporto peso/potenza, attraverso una corretta preparazione fisica generica e specifica che comporterà, di conseguenza, lo sviluppo di una ipertrofia che sarà la più funzionale possibile rispetto alla performance richiesta nelle skills.

6 L’allenamento degli arti inferiori nel calisthenics: per un allenamento completo
Il problema principale nello sviluppo ipertrofico degli arti inferiori nel calisthenics, dipende fortemente dalla impossibilità a corpo libero, di stimolare meccanicamente in modo efficace questa muscolatura. Anche se non sono strettamente necessari allo sviluppo delle skills, gli arti inferiori devono essere allenati per garantire uno sviluppo armonico del corpo. è tuttavia controproducente, in un primo momento, sviluppare una elevata ipertrofia delle gambe in quanto costituiscono una vera e propria zavorra naturale. è evidente, per esempio, che se già si hanno delle difficoltà ad eseguire delle trazioni con il nostro peso corporeo iniziale, risulterà ancora più difficile in presenza di un aumento di peso dato dalla ipertrofia degli arti inferiori. Starà nell’atleta e/o nell’allenatore sapere quando sarà il momento più opportuno per lavorare sullo sviluppo di massa negli arti inferiori, ad esempio utilizzandolo come step intermedio tra le trazioni a corpo libero e le trazioni con zavorra. Prima di aggiungere peso esterno recuperiamo una carenza estetica e funzionale del corpo!

Pubblicato in Performance n. 3 - 2019
Lunedì, 02 December 2019 12:42

Posizione isometrica L-Sit

La posizione isometrica di L-SIT o cosiddetta squadra è uno degli elementi fondamentali del calistenics, e rappresenta un esercizio a corpo libero alla base di diverse “skills” più complesse.

Questo è uno di quei movimenti che dovrebbe essere sempre inserito in un programma di allenamento calisthenico, poiché consente di sviluppare la capacità di mantenere l’equilibrio stando in appoggio sulle braccia tese e allo stesso tempo sensibilizza il corpo alla tenuta addominale mantenendo le gambe sollevate da terra. In questa posizione il peso del corpo poggia sulle mani, con il tronco leggermente inclinato in avanti e con le gambe tenute orizzontalmente in modo da formare un angolo retto con il busto. Tale angolo retto induce il corpo ad avere una forma simile ad una “L”, da cui il nome “L-sit”. Esso è un esercizio che richiede notevole forza e tenuta addominale.

La L-sit può essere eseguita su una varietà di supporti, compresi gli attrezzi tipici della ginnastica artistica, come anelli, parallele, maniglie o rialzi di altro genere. Le gambe dell’atleta possono essere tenute insieme davanti del corpo (squadra a gambe unite) o, possono essere divaricate con le braccia che sono in appoggio in spinta tra le gambe aperte. La posizione isometrica L-Sit fa parte delle skills che vengono affrontate nel corso per istruttore di Kalisthenics di 2° livello.

 


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Pubblicato in Fitness news
Venerdì, 30 August 2019 12:27

Calisthenics allenamento puro

IL TUO CORPO È IL MIGLIORE ATTREZZO CREATO DA MADRE NATURA DA UTILIZZARE DOVE, QUANDO E COME E VUOI

Con il termine Calisthenics ci si riferisce ad un insieme di esercizi svolti a corpo libero e finalizzati a potenziare il fisico contrastando il solo peso del proprio corpo e sfruttando la dinamica delle leve. Esso rappresenta un allenamento molto efficace per aumentare la forza, la resistenza, l’equilibrio, la coordinazione e presta, inoltre, grande attenzione alla mobilità articolare. Si avvale sia di esercizi isometrici che dinamici in grado di allenare tutti i gruppi muscolari e di sviluppare un corpo tonico, definito ed armonioso.

Questo metodo nasce dalla cultura classica: i soldati greci lo usavano per condizionare il proprio fisico e sviluppare forza e coordinazione, qualità essenziali in battaglia (come testimoniato dagli scritti di un antico esploratore persiano che ci parla di come gli spartani si allenassero eseguendo “strani movimenti e strane pose”); pertanto, si può affermare che un soldato spartano del 480 a.c. si allenava in maniera molto simile ad un moderno atleta di calisthenics. Ciò dà prova del fatto che da sempre l’uomo abbia cercato di migliorare la propria forma fisica grazie all’utilizzo del proprio corpo come attrezzo ginnico. Dall’antica Grecia fino ad oggi, l’allenamento a corpo libero è sempre stato alla base dei programmi di preparazione di militari, combattenti, acrobati, ballerini, ginnasti e di tutti coloro che volessero migliorarsi fisicamente.

Tale disciplina è alla portata di tutti poiché prevede allenamenti progressivi ed è praticabile da qualsiasi soggetto poiché segue la logica di adattamento dell’individuo, che si compone di vari esercizi progressivi che porteranno ad un adattamento articolare e neurofisiologico. I risultati saranno:
• aumento della densità ossea con conseguente aumento del volume muscolare e diminuizione della massa grassa
• miglioramento notevole delle componenti connettive articolari e della postura con molti esercizi di mobilità e flessibilità articolare e muscolare
• aumento dell’efficienza neuromotoria e delle capacità coordinative, miglioramento dei sistemi energetici e del metabolismo.

Questa disciplina si adatta molto bene anche a persone che presentano limitazioni dal punto di vista motorio (come nel caso di soggetti anziani o convalescenti) che possono eseguire specifici esercizi a scopo riabilitativo. Ciò è reso possibile dal fatto che nel Calisthenics l’allungamento muscolare e la mobilità costituiscono capisaldi inamovibili e seguono in tal modo un’ottima via di prevenzione per infortuni, oltre a sviluppare una elasticità corporea unica nel suo genere. All’inizio della pratica molti elementi (come per esempio restare paralleli al suolo contando soltanto sulla forza delle proprie braccia appesi ad una sbarra) sembreranno impossibili da realizzare; tuttavia, con allenamento costante e cura qualitativa del lavoro, ci si accorgerà come in breve tempo la resistenza e la forza fisica aumenteranno notevolmente e si riusciranno ad eseguire esercizi progressivamente più complessi e che sino a poco tempo prima nemmeno immaginavamo che il nostro fisico potesse sostenere. Ciò che conta veramente in questo sport è la forza di volontà, la costanza e la perseveranza, elementi chiave per raggiungere ottimi risultati nel tempo. Il neofita che si cimenta per le prime volte in questa disciplina è solitamente spaventato e pieno di dubbi: “ma è impossibile per me realizzare quel movimento”, “con la mia scarsa preparazione ci vorranno secoli prima che io riesca a sostenere questo tipo di allenamento”, “non avrò mai quella forza ed elasticità..”. In qualità di tecnico ed istruttore, posso affermare che queste sono le frasi che si sentono quasi sempre al primo allenamento di un allievo. La mia risposta è sempre la stessa: “se seguirai le indicazioni tecniche corrette, eseguendo passo dopo passo le propedeutiche necessarie, in meno tempo di quello che immagini stupirai te stesso con ciò che il tuo corpo sarà in grado di fare”. Questo non significa che il percorso sia semplice; si richiede infatti grande dedizione, lavoro, cura e tanta costanza negli allenamenti; posso assicurare, tuttavia, che con il progredire degli allenamenti, non si tratterà più di un sacrificio ma di un vero e proprio “bisogno”, dato il grande benessere fisico e mentale che è in grado di apportare.

Il “bello” del Calisthenics sta proprio nel fatto che ci si mette continuamente in sfida con se stessi, ponendosi obbiettivi sempre più alti; ciò che fino a tre mesi prima sembrava irrealizzabile ora fa parte della routine base e della preparazione quotidiana per aspirare già ad un allenamento di livello più alto o ad un movimento più complesso. Allenare il corpo con la ginnastica calistenica è un’opportunità per tutti, uomini o donne: ognuno si allenerà con esercizi propedeutici scelti in base al proprio livello; non servono grandi attrezzi, pesi o macchine, abbiamo bisogno solo del nostro corpo e di tanta forza di volontà. Il Calisthenics si può praticare ovunque: nella classica palestra, a casa o all’aperto. Per smentire, poi, coloro che ritengono e sostengono che tale sport sia prettamente maschile, posso affermare che vi sono molti vantaggi che anche il gentil sesso può ottenere praticandolo: un miglioramento dell’aspetto fisico e posturale, una maggiore coordinazione ed un’ottima elasticità e mobilità articolare. Attualmente, esistono dei veri e propri gruppi di appassionati che si allenano insieme nei parchi di tutto il mondo, delle vere e proprie crew, motivo per cui il calisthenics è diventato sinonimo di “street workout”, potenziamento da strada libero che per essere praticato non necessita di grandi attrezzi. Con una semplice sbarra a cui appendersi e due appoggi che fungano da parallele si può fare tutto: uno sport per tutti e per tutte le tasche quindi, perché per praticarlo non si spende nulla. E se il clima non lo permette, perché piove o fa troppo freddo, basta procurarsi una sbarra da montare in casa e due parallele mobili; questo permetterà di allenarsi anche tra le mura domestiche. Tale incredibile disciplina ha dato il via ad un processo di modernizzazione dell’allenamento a corpo libero senza precedenti. Tutto è iniziato con i video di alcuni ragazzi americani che grazie alle loro evoluzioni su sbarre e parallele hanno ispirato migliaia di coetanei in tutto il mondo. Il nostro corpo è il miglior attrezzo che abbiamo per allenarci, basta imparare ad utilizzarlo nella maniera giusta e ciò ci permetterà di elevare le nostre prestazioni fisiche e raggiungere livelli atletici impensabili. Chiunque può allenarsi in chiave calistenica, sia chi si allena con il solo scopo di tonificarsi, di perdere grasso corporeo, di migliorare la propria postura, di migliorare la propria coordinazione motoria, di aumentare la propria mobilità articolare, arrivando in sostanza ad un benessere fisico generale, sia l’atleta già evoluto che vuole mettersi alla prova cimentandosi di continuo in nuovi movimenti isometrici e dinamici in cui servirà grande forza, coordinazione e controllo corporeo.

Con la sola pratica scoprirai che non si tratta affatto di un allenamento di seconda categoria e ti accorgerai che grazie ad esso potrai fare cose impensabili con il tuo solo corpo. Avrai nuovi stimoli fisici e mentali e potrai allenarti dove più ti piace.

Per queste sue caratteristiche uniche, il Calisthenics si potrebbe definire “allenamento allo stato puro”, in grado di esaltare le qualità fisiche sfruttando il proprio peso come mezzo allenante.

Pubblicato in Performance n. 2 - 2019
Lunedì, 08 July 2019 17:49

Extreme hand stand workout

Uno degli esercizi fondamentali quando si parla di calisthenics è la verticale in appoggio sulle mani. La verticale, chiamata anche hand stand, è quell’elemento o skill che in un programma di allenamento calistenico andrebbe studiata e allenata in ogni seduta. Non rappresenta semplicemente un esercizio fine a se stesso, ma rappresenta un elemento di base, fondamentale e di transizione. Molti movimenti infatti in questa disciplina passano proprio per la verticale.

Oggi vi proponiamo un allenamento avanzato eseguito dal nostro docente Andrea Neyroz, atleta di ginnastica artistica di calibro nazionale e internazionale, per noi lo troverete come insegnante nei corsi di Kalisthenics (1° e 2° livello), Pre Acrobatica e Flexibility. Eseguire un’ottima verticale è un primo passo per approcciarsi a questa disciplina che vi porterà ad acquisire una consapevolezza corporea necessaria per apprendere altre skills di livello superiore.

Non dimenticate poi che uno dei fattori principali per eseguire una verticale con il miglior allineamento possibile è rappresentato dalla mobilità articolare.

 


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Pubblicato in Fitness news
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