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Reverse diet: novità o rivisitazione?

Scritto da Marco Neri

NEL FITNESS, IL SETTORE ALIMENTARE È QUELLO CHE VA INCONTRO PIÙ FACILMENTE ALL’AFFERMAZIONE DI NUOVE MODE (PIÙ O MENO SCIENTIFICHE), MA È UN DATO DI FATTO CHE NELLA MAGGIORANZA DEI CASI SI TRATTA DI UNA RIELABORAZIONE DI CONCETTI GIÀ RISAPUTI E PIÙ O MENO SPERIMENTATI.

Nell’ultimo anno si è parlato molto di Reverse Diet, un modo progressivo e graduale (ma anche regressivo) che dovrebbe portare il metabolismo a migliorare. Nasce come proposta per atleti di medio alto livello, anche come metodo per migliorare la massa magra; ma i suoi concetti sono ben trasportabili praticamente a tutti, anche con l’obbiettivo di ridurre la massa grassa. Certamente le alimentazioni a calorie costanti e con proporzioni fisse nel tempo dei macronutrienti hanno dei loro vantaggi, ma possono anche avere l’effetto di “appiattire” il metabolismo. è facile, infatti, che l’organismo si abitui, soprattutto ai regimi ipocalorici, magari con sottrazione costante o periodica delle calorie, rispondendo con un adattamento in negativo che blocca il dimagrimento è può mettere a rischio la massa magra. In questo contesto la reverse diet si propone invece come uno stimolo per creare un andamento crescente, o comunque alternato, dei macronutrienti, questo soprattutto giocando sui carboidrati (ma anche sui grassi).

Tutto questo ha una logica e sortisce effetto, soprattutto se abbinato ad una solida e continuativa attività fisica, che funge da booster a questo concetto. In modo sintetico si tratta quindi di organizzare una alimentazione partendo da una base, per poi creare un andamento progressivo incrementale della calorie (quindi delle quantità) soprattutto riguardante i glucidi. Questa strategia risulta vincente soprattutto per superare periodi di stallo nei miglioramenti, se il corpo non risponde più alle solite scelte monocaloriche, o se si hanno periodi di “stanchezza” anche solo mentale verso la solita alimentazione. Le scelte per realizzare una “reverse diet” sono diverse, è logico che affidarsi alle mani di un professionista aiuta ad avere le corrette indicazioni di partenza e delle modificazioni da adottare per creare l’andamento crescente. Questo permetterebbe al professionista di ragionare partendo dal Metabolismo Basale e dalle calorie presunte consumate per le attività quotidiane; inoltre è sempre un valore aggiunto poter verificare periodicamente la composizione corporea per avere una dato oggettivo sull’andamento di massa magra e massa grassa al di là del semplice peso corporeo. Le interpretazioni della reverse diet sono diverse e possono comprenderne una che cambia il quantitativo ogni giorno (per 10/15 giorni) oppure che esegue la modifica in crescendo ogni settimana; per pura ipotesi si potrebbe pensare ad un aumento di 50 Kcal al giorno (che in 7 giorni sono 350 Kcal ed in 2 settimane sono 700 Kcal) oppure stabilire di aumentare 250 Kcal a settimana x 4 settimane (che sono 750 di aumento totale considerando che nella prima settimana non si esegue nessun aumento). Il concetto chiave è comunque quello dell’incremento graduale che ha un effetto molto diverso se da un giorno all’altro ci fossero degli incrementali da 500 Kcal.

Come filosofia, soprattutto sugli sportivi si cerca di garantire un apporto proteico di base, significativo, ma non certamente esagerato come si vede in alcuni casi. Gli studi ci dicono che già 2 g di proteine per ogni kg di peso corporeo sono un apporto adatto a chi pratica sport con una base di potenza. Una volta garantita questa base, che rimane costante nel tempo, si ricerca un quantitativo “base” di carboidrati e grassi: quello che si ricava è lo schema da cui partire. L’esperienza dice che l’incremento su base settimanale è uno dei più pratici e che permette l’adattamento positivo più graduale. Si potrebbe quindi ipotizzare che dopo la prima settimana si aumenta 50 g riso o pasta e 10 g olio (quindi un totale di circa 270 kcal). La settimana seguente si potrebbero inserire 30 di parmigiano e 60 di pane (per un totale di circa 250 Kcal settimanali). L’ultima settimana incrementale potrebbe prevedere 300 di frutta e 30 g frutta secca oleosa (per un totale di circa 260 calorie). Sul fatto di fermarsi qui o di procedere ancora con incrementi non ci sono regole fisse, se tutto procede bene e non ci sono state modificazioni negative della composizione corporea si può benissimo continuare, anche per 2 o più mesi. Come sempre la pratica dice che diventa “allenante” il fatto di creare un andamento hi/low dove dopo 4 settimane si torna all’alimentazione base o ad un step appena maggiorato cioè quello effettuato alla 2à settimana del ciclo; questo consentirebbe, ripetendo l’incremento per altre 4 settimane di arrivare ad uno step di altre 250/270 Kcal in più rispetto a quelle raggiunte alla fine del primo mese. Le risposte , come sempre , sono soggettive, ciascuno deve trovare la propria formula ed adattarla alle esigenze ed ai risultati; per questo è importante valutare le modificazioni e sapere quando è il momento di “tornare” indietro e non insistere con l’incremento. Se tutto va bene e si saprà sapientemente miscelare questo schema alimentare con l’attività fisica si vedrà il corpo cambiare, perdere massa grassa e migliorare quella magra. Va da se che non conviene puntare troppo sull’attività aerobica. Un buon programma di pesi, anche a circuito, è quello più stimolante per metabolismo e stimolo muscolare Il dato di fatto è che comunque vada, al corpo verrà dato un messaggio stimolante che porta il metabolismo ad un adattamento positivo e che nella maggioranza dei casi fa in modo che ci si ritrovi a mangiare un 25% più di prima e rendersi conto di avere una distribuzione antropometrica migliore. Questa è la garanzia migliore per ottenere stati di forma duraturi in quanto sostenuti da un metabolismo più attivo. I punti chiave sono essenzialmente 2: il primo consiste nell’usare sempre piccole modifiche periodiche per minimizzare l’impatto metabolico; il secondo è che queste modifiche non è detto siano sempre incrementali, ma anche decrementali e sempre a piccoli step. Aggiungerei anche il fatto di non essere troppo monotoni nella scelta dei cibi in quanto evita la noia da alimenti e diventa più stimolante anche sotto il profilo immunitario.

Se ci si pensa in fondo nulla di nuovo rispetto alle strategie hi-low che tanti atleti usano da decenni, forse il messaggio più importante riguarda la riduzione dell’ampiezza degli step.

Sugli adattamenti metabolici e le motivazioni ormonali segnalo questo bell’articolo scientifico “Metabolic adaptation to weight loss: implications for the atlete” Eric T Trexler, Abbie E Smith-Ryan. Journal of the International Society of Sports Nutrition 2014 11:7.

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