Contattaci su Facebook Contattaci su WhatsApp
Mercoledì, 11 March 2020 12:00

Vitamina D e salute: l'importanza della sua integrazione alla quotidiana alimentazione

Scritto da Marco Neri
Vota questo articolo
(0 voti)

La vitamina D3 svolge svariate funzioni ed è conosciuta soprattutto per la sua azione a carico del tessuto osseo. Spesso viene “sottovalutata”, perché, sapendo che viene prodotta dal corpo sotto l’azione dei raggi solari, si pensa che una sua integrazione sia inutile.

In realtà non è così, perché nonostante sia prodotta dall’uomo e sia contenuta in piccole quantità in alcuni alimenti, tra cui pesci grassi come aringhe, sgombri, sardine e tonno, possono esserci situazioni in cui la sintesi endogena o l’assunzione alimentare della vitamina D non siano in grado di fornire tutta la quantità di cui il corpo abbisogna o che occorre per affrontare particolari situazioni.

L’attività più ovvia e conosciuta della vitamina D riguarda la salute delle ossa. Ha il compito di mantenere i giusti livelli sanguigni di calcio e di fosforo ed è basilare per il metabolismo osseo, favorendo l’assorbimento del calcio. Questa sua azione fa in modo che l’assunzione di calcio con vitamina D (unita a opportuni farmaci come gli alendronati) sia uno dei presidi per affrontare problematiche come l’osteoporosi, i dolori ossei (osteomalacia) o la perdita di componente ossea. La vitamina D3 è attiva anche per patologie cardiache, circolatorie e ipertensive.

Un’altra interessante applicazione è quella che riguarda il controllo del colesterolo LDL. Applicazioni invece poco conosciute sono certamente quelle sul controllo del peso. La vit D infatti, aiuta a stabilizzare la glicemia attenuando la risposta insulinica. Queste potenzialità, che la rendono interessante per problematiche di sovrappeso, ma anche per situazioni di diabete di tipo 2, sono confermate dal fatto che bassi livelli di 25 (OH) D sono stati rilevati in soggetti con problematiche di ipertensione, diabete, obesità ed elevati livelli di trigliceridi. Da qui deriva un suo primo possibile ampio utilizzo nel mondo del fitness, al fine di regolare la sensibilità insulinica con un uso sia durante il giorno che prima di dormire, per ottimizzare l’effetto dell’ormone GH.

Negli ultimi anni, le ricerche mostrano come la vitamina D potrebbe avere numerosi altri effetti positivi. Alcuni studi indicano che l’effetto protettivo della vitamina D comincia quando si raggiungono dei livelli serici di 25 (OH) D compresi fra 24 e 32 ng/ml. Una riduzione importante del rischio di alcuni tumori potrebbe essere ottenuta, secondo questi studi, con l’assunzione quotidiana di 2.000 Ui di vitamina D3.

Ci sono interessantissime evidenze dove emerge come la vitamina D3 eserciti un effetto immunomodulatore (e di questi tempi è più che mai interessante….). In seguito a questa scoperta si è sviluppata una teoria in base alla quale le infezioni stagionali come l’influenza potrebbero essere dovute anche a una diminuzione delle concentrazioni di vitamina D durante il periodo invernale.

Altre grandi applicazioni della vitamina D3 riguardano la sua funzione antinfiammatoria, azione che si manifesta positivamente in situazioni patologiche come l’artrite reumatoide ma anche in alcuni casi di insufficienza cardiaca congestiva; in questi casi l’assunzione quotidiana di 1000/2.000 Ui di vitamina D3 ha diminuito il livello di citochine proinfiammatorie in parte responsabili della patologia. Questa funzione potrebbe rivelarsi utile nel post allenamento come attenuatore dei danni fibrillari, favorendo i recuperi.

Un altro campo da sempre conosciuto per il suo utilizzo è la sua azione a favore della muscolatura (ad esempio, sulla stanchezza muscolare); è infatti usata tradizionalmente per combattere il rachitismo, con un’azione svolta non solo sull’accrescimento osseo, ma anche una riconosciuta efficacia sulla fibra muscolare. Questa sua efficacia sembra si svolga, come precedentemente detto, sulla capacità di recupero, ma anche sulla ottimizzazione ormonale (quindi sulla crescita) che potrebbe svolgersi sia a favore dell’IGF1 che direttamente sui livelli degli ormoni androgeni. Negli uomini, infatti, livelli di D3 sono stati stabilmente correlati con quelli degli androgeni. Dalla bibliografia si desume che gli uomini con livelli più alti di vitamina D3 abbiano anche livelli più elevati di testosterone e meno alti di SHBG (Sex Hormone Binding Globuline), una glicoproteina che si lega a estradiolo, testosterone e diidrotestosterone, favorendone l’aromatizzazione (trasformazione degli androgeni in estrogeni). Logicamente i livelli più bassi si riscontrano nel periodo invernale ed in atleti sottoposti ad allenamenti intensi e frequenti. La procedura migliore sarebbe quello di dosare i livelli di 25 (OH) D ; comunque molti atleti usano, nei mesi con meno luce, una integrazione con 800/1000 Ui di Vit D3.  

Lascia un commento

Verifica che tutti i dati nei campi con (*) siano inseriti. Non è permesso l'inserimento di codice HTML.