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Il valore aggiunto della nostra professione di educatori del movimento

Un articolo che nasce dal cuore come tributo a tutti quegli eventi a sfondo solidale che regalano un sogno; un tributo a tutti gli operatori che lavorano dietro le quinte, dagli organizzatori ai volontari, dai preparatori atletici a tutti gli istruttori ed educatori dediti alla postura e al benessere. Perché lo sport è di tutti, nessuno escluso!

Uno di questi eventi intitolato NICO RUN mi ha vista protagonista tra i volontari, insieme a tutti i collaboratori della squadra dilettantistica Domani Arriva Sempre (D.A.S.) di Cervia. Un gruppo di persone che più che una squadra sportiva rappresenta una vera e propria filosofia sportiva e di vita il cui intento è di trasferire il vero senso dell'attività sportiva fatta di rapporti umani, semplicità, allegria ed uguaglianza. Ed è stato proprio il potere di questa filosofia a raggruppare nell'ultima meravigliosa, assolata domenica di settembre più di 900 iscritti, uomini, donne, bambini, amici a 4 zampe, ma soprattutto loro i disabili (in carrozzina o non vedenti assistiti dai loro cani) che hanno accompagnato Niccolò (per gli amici Nico) in una camminata ludico motoria, non competitiva, solidale per raccogliere fondi destinati all'acquisto di un esoscheletro per la riabilitazione robotica degli arti superiori, l’Armeo®Spring, da donare al reparto riabilitativo dell’ospedale “G. Marconi” di Cesenatico, per completare la dotazione che comprende un esoscheletro per la riabilitazione degli arti inferiori.
Non un giorno qualunque, ma il 29 settembre, giorno in cui Niccolò, nell'anno 2016, dopo 5 mesi dal suo incidente stradale, si risvegliò e pronunciò le sue prime parole.

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Ecco è da qui che voglio partire, da quel sentimento di fierezza e orgoglio, vissuto personalmente con il mio piccolo contributo, che alimenta ed esalta il nostro ruolo di educatori posturali, rieducatori del movimento, preparatori atletici e personal trainer che, tra i tanti clienti normodotati, possono avere la grande fortuna di incontrare nel proprio cammino professionale, come è appunto successo a me, persone disabili che in noi ritrovano la voglia di vivere, di superare quei limiti reali, non fittizi, per rincorrere il sogno di tornare a sorridere gioiosamente, camminare, correre, saltare, per condividere la loro personalità e per combattere la solitudine interiore ed i loro momenti di sconforto. E' proprio allenando queste disabilità a divenire “nuove abilità” che si racchiude l'essenza della nostra professione dove le nostre competenze, insieme alle nostre qualità di coaching, diverranno le uniche artefici dei loro successi e delle loro conquiste.

Da una citazione della “Carta Internazionale per l’Educazione Fisica e lo Sport” (21 Novembre 1978) si evince che: “La continuità dell’attività fisica e della pratica dello sport devono essere assicurate per tutta la vita, per mezzo di un’educazione permanente, globale e democratizzata, per favorire la piena integrazione di ciascuno all’interno della società”. Lo sport ha, dunque, un alto valore educativo quando pone al centro l’Uomo e le sue potenzialità. Tuttavia la società in cui viviamo può indurci a credere che il valore dello sport si misuri nel prevalere nei confronti degli altri. Ma questo è un concetto assolutamente travisato di sport, come afferma non a caso Alex Zanardi, un grande atleta, prima normodotato ed oggi disabile, che proprio a Cervia nell'ultima edizione del IRON MAN ha realizzato il record mondiale per la sua categoria, dimostrando che l'unico avversario è il proprio limite, talvolta fisico, il più delle volte mentale, e che la vittoria risiede nel tentare senza alcuna riserva, convinti di aver dato il massimo di sé: “ognuno di noi ha un proprio potenziale, possiede un mazzo di carte che il destino ci ha dato in dote e che attraverso l’allenamento e la preparazione migliora, ma quando la gara inizia, quando si gioca, dobbiamo essere consci del fatto che l’obiettivo è fare il nostro meglio, non ottenere il miglior risultato assoluto”.

Questo pensiero rappresenta la filosofia di vita di un vero educatore del movimento e del benessere fisico: essere certi di aver operato applicando tutte le conoscenze in nostro possesso per assecondare l'essenza sportiva di ogni individuo diversamente abile. Dal primo momento in cui il disabile lotta per superare i suoi limiti è già un campione sportivo che affronta ogni giorno il dolore, la fatica, l'impegno e il sacrificio. Di fronte a questi veri atleti si può solo dire “chapeau”, e non per l’esempio che rappresentano, ma perché dal loro punto di partenza hanno un lungo percorso, una distanza immensa che step by step li condurrà ad ottenere sempre risultati di altissimo livello. Il disabile convive con pesanti modificazioni della propriocezione, della esterocezione, delle sensazioni relative al dolore/piacere e il nostro ruolo di “riprogrammatori del movimento”, attraverso l’educazione psicomotoria e la pratica sportiva, sarà fondamentale per far loro sperimentare una nuova integrazione Mente/Corpo. Assisteremo in tal senso al loro miglioramento:
- sul piano cognitivo attraverso la conoscenza del proprio corpo, dello spazio, del tempo e della velocità;
- sul piano fisico aumentando la forza muscolare, la capacità di equilibrio, la coordinazione motoria, imparando a superare la fatica (uno dei primi importanti ostacoli per la riabilitazione);
- sul piano sportivo acquisendo conoscenze tecniche delle varie discipline sportive, incentivando la comunicazione interpersonale e la collaborazione (anche attraverso il gioco di squadra), rispettando le norme condivise;
- sul piano psicologico producendo uno stato di soddisfazione generale che conduce al contenimento degli stati emotivi, incrementando la capacità di autocontrollo;
- sul piano socio-educativo aumentando la propria autonomia, spronando all’impegno durante gli allenamenti e al rispetto dell’avversario, insegnando il coraggio, promuovendo la lealtà; favorendo la socializzazione, l’aggregazione, integrazione, superando così paure, pregiudizi e isolamento.

Esiste un' unica regola con la quale svolgere il nostro impegno di rieducatori verso la realizzazione di questi nobili obiettivi, vale a dire utilizzare lo sport come strumento che sia in funzione del soggetto e non viceversa, e questa regola vale per i soggetti normodotati e ancor di più per le persone “meno abili”.

Nel rispetto di questa mission ogni allenamento, che sia esso rivolto al disabile o al normodotato, si trasformerà in un evento, con un punto di partenza ben definito e un traguardo certo da raggiungere; ogni seduta di riabilitazione sarà una vera e propria gara sportiva, una competizione in cui i veri vincitori saranno due: il trainer che affronta fino in fondo l'impegno rieducativo dando il massimo del suo potenziale e vivendo la grande emozione di aver contribuito alla rinascita del proprio “atleta”, e naturalmente l'atleta stesso che che vive fino in fondo il sacrificio, imparando ad accettare quei suoi limiti, fisici e psicologici, che in realtà sono presenti, seppure in misura diversa, in ognuno di noi!

Un grazie a tutti i campioni come Niccolò che abbiamo incontrato fino a do oggi e a tutti quelli che avremo l'onore di incontrare nel nostro futuro di professionisti e di uomini!

“Colui che vince gli altri è potente, chi vince sé stesso è forte!” (Lao Tzu)

La sintesi di tutto ciò è che il vero vincitore in una competizione è colui che vive fino in fondo la gara sportiva, imparando anche ad accettare i limiti del proprio corpo, limiti presenti in ciascuno di noi, seppur in misura diversa, disabili e normodotati.

“Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze” (Eunice Kennedy Shriver, fondatrice delle Special Olympics)

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Pubblicato in Fitness news
Mercoledì, 17 April 2019 16:53

Il caffè e l'attività sportiva

Principali effetti positivi della caffeina sulle prestazioni sportive

Caffè e sport è un connubio perfetto per chi desidera migliorare la propria performance sportiva. La parola chiave è “moderatezza”! Infatti il giusto utilizzo della caffeina tende ad aumentare le prestazioni sportive. E' risaputo che la caffeina stimola in principal modo i processi del sistema nervoso centrale, riducendo la percezione della fatica e stimolando una migliore attivazione dei motoneuroni attraverso la quale garantisce una maggiore resistenza durante la performance sportiva.

E' interessante scoprire quali altri importanti benefici derivano dal consumo di caffè prima e dopo la propria seduta di allenamento. A livello cerebrale le caratteristiche della caffeina agiscono su un miglioramento della capacità mentale. Una ricerca del Journal of Strength & Conditioning Research ha spiegato che bere caffè prima di un intenso esercizio fisico può migliorare la concentrazione, in particolar modo se il soggetto non ha dormito abbastanza durante la notte precedente. Bere caffè prima di allenarsi ha un effetto di rilievo sulla micro-circolazione apportando un aumento del 30% del flusso sanguigno nell'arco di tempo di 75 minuti (studio dei ricercatori dell'Università giapponese di Ryukyus). Questo beneficio si traduce a sua volta in un più efficiente trasporto di ossigeno ai muscoli che dunque ritarda la percezione del senso di fatica e aumenta la resistenza.

Secondo uno studio del prof. R. Moti dell'Università dell'Illinois, bere caffè prima dell'allenamento abbassa il livello di dolore muscolare percepito, teorizzando che il dolore durante esercizio non mostra effetti di tolleranza alla caffeina.

Un altro grande vantaggio del bere caffè, in questo caso dopo l'allenamento, consiste nella conservazione dell'ATP, il nostro carburante muscolare. Uno studio condotto dal Journal of Applied Physiology ha infatti rilevato che gli atleti che si allenano quotidianamente e consumano una combinazione di caffeina / carboidrati post-allenamento, possono riscontrare un aumento del 66% in più di glicogeno muscolare quattro ore dopo un intenso esercizio rispetto a quelli che mangiano carboidrati puri. Alla conservazione del carburante si aggiunge poi una dimostrata capacità del caffè di nutrire i muscoli contrastando gli effetti dell'invecchiamento cellulare; i risultati più significativi sono stati riscontrati nel diaframma, il muscolo centrale utilizzato per la respirazione e quindi per l’assunzione di ossigeno.

Concludendo possiamo affermare che nel rispetto della conditio sine qua non “moderatezza”, bere caffè apporta importanti benefici sia mentali che fisici che possono a loro volta migliorare il nostro allenamento e aiutarci a raggiungere con più successo i nostri obiettivi. 

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È possibile rallentare il naturale processo di invecchiamento? Trovare risposta affermativa a tale domanda è ormai un’ossessione per milioni di italiani (miliardi di persone nel mondo), sempre più disposti a sopportare qualsiasi cosa in nome della tanto agognata eterna giovinezza.

Ma come spesso accade è la scienza a darci la giusta risposta e, ancora una volta, la soluzione più semplice è anche quella più efficace. Secondo uno studio condotto dai ricercatori della Ball State University di Muncie dell’Indiana (USA), pubblicato sul Journal of Applied Physiology, praticare regolare attività fisica rende il corpo significativamente più in forma rispetto a quello dei coetanei più sedentari.

Preso, infatti, un campione rappresentativo di persone, uomini e donne, suddiviso in tre gruppi (settantenni che hanno sempre praticato sport nelle ultime cinque decadi; settantenni che non hanno svolto attività fisica in età adulta; giovani ventenni fisicamente attivi), si è proceduto ad un’analisi comparata del numero di capillari e dei livelli di alcuni enzimi nei muscoli e, in particolare, ad una valutazione del sistema cardiocircolatorio.

Da quanto emerso i muscoli degli anziani sportivi sono risultati simili a quelli dei giovani, con molti capillari ed enzimi in più rispetto ai coetanei sedentari. Ma non è tutto; la salute cardiovascolare degli arzilli nonni è paragonabile a quella di persone di 30 anni più giovani, mentre le loro capacità aerobiche sono circa il 40% più elevate rispetto a quelle degli anziani più pigri.

Nonostante si possano contestare alla ricerca alcuni limiti, in quanto non tiene conto di rilevanti fattori quali i geni, il reddito, la dieta e altri relativi allo stile di vita, “I risultati suggeriscono che l'esercizio fisico potrebbe aiutarci a costruire una riserva di buona salute e che potrebbe in futuro permetterci di rallentare o evitare la fragilità fisica”, sostiene l’autore dell’indagine, il dottor Scott Trappe.  

 


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