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MENTAL COACH

Scritto da Paolo Roccuzzo

Un nuovo percorso formativo di FIF Academy per chi desidera affinare le proprie qualità e implementare le proprie competenze.
Una figura che, nella sua triplice declinazione di business coach, life coach e sport coach, permette di ricalibrare la persona e la sua attività.


Nell’attività sportiva è fondamentale essere preparati fisicamente. Ma la preparazione per come la abbiamo sempre considerata da sola non basta più per ottenere i risultati sperati. Non si tratta di far riferimento allo sport di alto livello ma anzi a qualsiasi gesto sportivo si voglia desiderare di portare al suo massimo. Senza un atteggiamento volitivo, consapevole, positivo e determinato, vincere è comunque difficile. Altrettanto però nel nostro quotidiano: non avere un piano d’azione per conseguire in maniera chiara l’obiettivo desiderato o peggio, la paura di fallire, mettono a repentaglio la possibilità di esprimere il nostro vero potenziale.
Senza dimenticare poi la ricaduta a livello emozionale data da un fallimento: autoefficacia, autostima, volontà di proporre e di fare verrebbero comunque influenzate da un esito negativo.
Per riuscire a dare il meglio di sé aggirando o neutralizzando i blocchi che fungono da barriera e impediscono di essere pienamente realizzati e felici, la chiave di volta è l’allenamento mentale. L’espressione lascia intuire come anche questo tipo di attività necessiti di professionisti che se ne occupino in maniera scientifica e nell’ultimo decennio, sempre più, anche la figura del Mental Coach ha preso sempre più piede nel mercato del lavoro affiancandosi e talvolta sovrapponendosi erroneamente ad allenatori, personal trainer, mentalisti, psicologi et cetera.
Il Mental Coach o “allenatore mentale” è una figura professionale che focalizza la sua attenzione, e dunque il suo operato, sul miglioramento delle performance. In altre parole, definisce gli obiettivi e il percorso necessari per conseguire “IL” risultato. Il M.C. non risponde a domande né è un problem solver, ma aiuta i propri assistiti ad acquisire consapevolezza di sé, dei propri veri intimi desideri ma anche delle capacità spesso presenti e tuttavia inespresse, affiancandoli empaticamente per sviluppare, potenziare e comunicare all’esterno tale bagaglio di possibilità.
La condizione imprescindibile alla base del suo operato è però l’incontro con (e non “di”) soggetti collaborativi e animati da volontà di cambiamento. Diversamente, le sessioni in cui ci si confronta rimarrebbero un mero esercizio di stile, a cui presentarsi per imparare una “tecnica” che non attecchirebbe nel pratico mancando la capacità di mettersi in gioco e il desiderio di vedere la crisalide diventare farfalla.
Il benessere emotivo che consegue l’iter di costruzione personale, mediato dall’operatore, rimane stabile e spesso catalizza altre ricerche introspettive che accrescono nel “coachee” la facilità di parlarsi per parlare, espressione questa che potrebbe suonare ambigua ma che può essere agevolmente tradotta con un conoscersi meglio per conoscere meglio ciò che è attorno a noi, seguendo l’insegnamento della Maieutica Socratica.

Cambiare punto di vista (“noi vs l’altro” diventa “noi e l’altro”, ovvero diversi ma non in competizione) e sperimentare prospettive non considerate, permette dunque di instaurare un meccanismo virtuoso che dalla eteroeducazione porta alla autoeducazione ai processi di crescita personale, affrontando e smontando con l’aiuto della riflessione logica le false verità di comodo che bloccano il proprio personale cammino verso l’autoaffermazione che porta alla felicità.
Attraverso il dialogo e una serie di tecniche dedicate, emerge nel tempo ciò che veramente si è, spogliati dalle sovrastrutture che spesso limitano la fiducia che bisogna avere nei propri mezzi, accettando al contempo la responsabilità delle proprie azioni e rimanendo comunque proattivi.
L’allenamento mentale serve molto, e non si rivolge a categorie: esso è utile per chiunque necessiti di implementare le proprie capacità acquisendo coscienza di sé, tramite il chiarimento di obiettivi e strategie, superando paure e limiti.

Si tratta dunque di un altro, nuovo, innovativo servizio alla persona e al professionista: il suo triplice impiego declinato come business coach, life coach e sport coach permette tramite le azioni sopra elencate di ricalibrare la persona e la sua attività.
Il fallimento, l’ansia, lo stress, le relazioni lavorative, il lavoro di squadra sono solo alcuni degli aspetti che vengono minuziosamente scansionati, messi sotto lente d’ ingrandimento, indagati.
Parimenti in ambito sportivo: tale figura, da tempo diffusa e apprezzata, si occupa di una vera e propria forma di training che ha un transfert positivo sulla performance; potremmo dire che educare la mente rende il corpo più capace di performare a qualsiasi livello, in una relazione coach-coachee che copre le esigenze dall’amatore all’atleta di alto livello.
Un esempio per tutti può essere il nostro Marcel Jacobs, vincitore dell’oro olimpico a Tokyo, il quale ha speso parole di ringraziamento per la M.C. che lo ha supportato durante la costruzione della sua trionfale cavalcata verso la vittoria.
L’importante è capire che il M.C. non motiva, non riempie in maniera evanescente la testa delle persone con parole e suggestioni; diversamente queste perderebbero la iniziale inarrestabile propulsione all’allontanarsi del coach.
Il coach invece impara dal suo formatore mentale a leggersi dentro, organizzare e riconoscere i propri pensieri e le proprie emozioni, traducendo tutti questi elementi in pensieri proattivi che diventano strategie organizzate in un piano di azione da sviluppare mediante serrata calendarizzazione.
Lo studente oberato da una mole insormontabile di informazioni, il manager con i suoi collaboratori non collaborativi, il soggetto in lotta con il suo eccesso di peso, ecc. tutti gioveranno di aiuto nell’essere affiancati da un M.C.
Dalla scuola di Socrate (che con la sua ironia insegnava non tanto a dare una risposta ai quesiti ma a porre le giuste domande) si balza alla figura di Tim Gallway, vero antesignano del “metodo” passando attraverso figure iconiche come Albert Bandura e John Withmore; il mondo accademico scopre e valuta successivamente l’importanza di tali riflessioni inizialmente confinate a una nicchia, mediante studi universitari anche di eccellente levatura.
Infine il mercato recepisce questi elementi e li fa suoi: è la nascita di un mito che da un decennio almeno e gradualmente ha conquistato molti addetti al settore.
Personalmente mi ha cambiato la vita: dall’applicazione del metodo SFERA alle prime letture di Martin Seligman e Paul Ekman, ho compreso come entrare nei processi mentali, vivere le emozioni riconoscendole e applicare i principi socratici. Un processo che ha aiutato in primis me ad aiutare me stesso e poi i miei allievi e i miei pazienti mediante un fine e interno lavoro di ristrutturazione e ricostruzione della persona nei suoi valori fondanti.

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