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Sindrone metabolica il corretto profilo integrativo

sindrome

Educare il paziente a modificare lo stile di vita alimentare e a svolgere una regolare attività fisica in modo tale da prevenire la suddetta patologia.

di Eugenio Genesi

L’importanza e la complessità della Sindrome Metabolica la rendono una delle patologie più importanti e più discusse dell’attuale “società del benessere”. La sua diffusione è diventata epidemica in quanto è riscontrabile in circa il 40% della popolazione al di sopra dei 40 anni. Il livello di obesità sta crescendo in modo drammatico nella popolazione adulta e si può attualmente ipotizzare che nel prossimo futuro più del 50% delle persone sopra i 60 anni soddisferanno i criteri diagnostici di Sindrome Metabolica.

Tra le cause principali della Sindrome Metabolica si possono ascrivere un’alimentazione eccessivamente ricca di carboidrati raffinati, associata ad una diminuzione dell’attività fisica. Entrambi questi fattori contribuiscono ad una alterazione del controllo metabolico ormonale dell’insulina e conseguente resistenza periferica delle cellule bersaglio all’insulina.

A sua volta, la resistenza insulinica comporta un ridotto ingresso di glucosio nelle cellule normalmente sensibili ed un conseguente eccesso di glucosio ematico. Ciò induce una maggiore stimolazione della ghiandola pancreatica a produrre maggiori quantità di insulina.

L’iperinsulinemia compensatoria così evocata può garantire inizialmente un discreto controllo della glicemia nel sangue, ma nel tempo viene pagata dall’organismo a caro prezzo.

Il punto di partenza fondamentale è la modificazione dello stile di vita e delle abitudini alimentari. Tutte le componenti della Sindrome Metabolica traggono beneficio dal calo ponderale, anche se modesto ma mantenuto nel tempo, ottenuto tramite restrizione calorica ed attività fisica e/o terapia farmacologica. È quindi importante educare il paziente a modificare lo stile di vita alimentare in termini sia quantitativi sia qualitativi e a svolgere una regolare attività fisica di tipo aerobico, di grado moderato-intenso e della durata di almeno trenta minuti giornalieri. La riduzione del peso corporeo è infatti di per sè capace di migliorare l’insulino-sensibilità e di esercitare effetti benefici su tutte le alterazioni che caratterizzano la Sindrome Metabolica.

In cosa consiste l’integrazione a supporto di una condizione come la Sindrome Metabolica?

Come primo approccio è interessante introdurre il concetto degli acidi grassi insaturi Omega-3, indispensabili in prevenzione in presenza di alcuni fattori di rischio, ma che si sono dimostrati utili anche in una Sindrome Metabolica conclamata, soprattutto per quanto riguarda fattori come l’obesità e le patologie cardio-circolatorie ad essa associate.

Quelli che ci interessano in particolare, sono l’EPA, l‘acido eicosapentaenoico che contiene 20 atomi di carbonio e 5 doppi legami e il DHA l’acido docosaesaenoico in cui sono presenti 22 atomi di carbonio e 6 doppi legami ed è fondamentale introdurli tramite l’alimentazione.

Molti degli effetti positivi correlati alla presenza degli Omega-3 all’interno delle membrane sono da attribuire all’accresciuta fluidità delle membrane stesse e si è visto, per esempio, che quando succede questo la molecola dell’insulina viene trasportata più facilmente e viene migliorata la risposta insulinica.

Un minerale essenziale a tal riguardo è il Cromo che sembra avere un ruolo utile nella regolazione dell’insulina e sul suo effetto sul metabolismo di carboidrati, proteine e lipidi: in particolare alcuni studi hanno evidenziato come l’utilizzo del cromo migliori i parametri correlati al metabolismo glucidico, la tolleranza al glucosio e la sensibilità insulinica. In alternativa al Cromo Picolinato, sembra essere interessante l’utilizzo della Cannella, che si ricava dal Cinnamomum Verum, della famiglia delle Lauracee che comprende tantissime specie di alberi e arbusti sempreverdi, tipici delle regioni tropicali di tutto il mondo. La sua capacità è quella di abbassare i livelli ematici di glucosio sia a digiuno che post-prandiale, nel contrastare la glicazione delle proteine, nel migliorare la tolleranza al glucosio e favorire la sensibilità all’insulina, nel contrastare l’aumento di trigliceridi, colesterolo LDL e totale sia in soggetti sani che in soggetti diabetici. Conosciamo anche l’acido alfa-lipoico, riconosciuto come “l’antiossidante universale”, proprio perché in grado di rigenerare altri composti antiossidanti come il glutatione o la vitamina C, principale “scavenger” diretto nei confronti delle specie d’ossigeno e d’azoto reattive, funge da insulino-mimetico, poiché l’acido alfa-lipoico aumenta la captazione del glucosio attraverso il reclutamento dei GT-4, i trasportatori del glucosio a livello delle membrane cellulari e la chinasi AMP-dipendente (AMPK), coinvolta direttamente nel metabolismo energetico cellulare, modulando il segnale insulinico.

Di grande interesse trovo l’impiego della Micoterapia, che sfrutta i principi ricavati da funghi con spiccate proprietà terapeutiche, che crescono in condizioni ambientali difficili ed ostili che rendono difficoltosa pure la loro raccolta , come per esempio in Tibet sulla corteccia degli alberi ad altezze considerevoli. Parliamo del Maitake (Grifola frondosa), fungo originario del Giappone indicato in caso di sovrappeso ed obesità e capace di esplicare attività ipoglicemizzante e antiipertensiva e per questo molto utile nel trattamento del diabete di tipo 2 non insulino-dipendente.

L’attività antidiabetica di questo fungo non è legata all’inibizione dell’assorbimento enterico del glucosio, ma al metabolismo del glucosio dopo il suo assorbimento e all’aumento di sensibilità cellulare all’insulina.

Il Coprinus comatus o fungo dell’inchiostro, contiene Vanadio, minerale con effetto antidiabetico che si manifesta come sensibilizzazione delle cellule all’azione dell’insulina, effetto ipoglicemizzante e rivitalizzazione delle residue beta cellule pancreatiche. Utile quindi sia nel diabete di tipo I che nel diabete di tipo II.

Per ultimo lo Shiitake o Lentinus Edodes, proveniente dall’estremo Oriente, è probabilmente il fungo maggiormente efficace nel trattamento dell’ipercolesterolemia. Ha un ruolo importante nella prevenzione delle patologie cardiovascolari perché previene i depositi di colesterolo e contrasta la formazione della placca ateromasica, in più ottimizza il rapporto tra colesterolo totale ed HDL ed è utilizzato come tonico di reni e fegato.

La Micoterapia ritengo quindi non sia affatto da sottovalutare in termini di efficacia, soprattutto perché si è dimostrata utile in affiancamento alle terapie farmacologiche

(un altro fungo, l’Agaricus Blazei Murril, risulta essere molto utile per ridurre gli effetti collaterali derivanti dalla chemioterapia) e proprio per questo è consuetudine parlarne in termini di “medicina integrativa” più che di “medicina alternativa”.