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Le tecniche di digiuno intermittente

digiuno

Alla scoperta di un nuovo modo di alimentarsi in cui si alternano fasi di digiuno lunghe a fasi di nutrimento

di Alessio Gambino

Tempo fa, chiacchierando con un biologo nutrizionista, venni informato di una teoria “nuova e affascinante” che riguardava il modo di alimentarsi, sicuramente in controtendenza rispetto ai consigli classici che circolano spesso nell’ambiente del fitness e in opposizione con alcune linee guida della corretta alimentazione (presenza dei tre pasti principali, con introduzione di uno o più spuntini). Scoprii così che tale modo di alimentarsi viene denominato con il termine di “digiuno intermittente (o modificato)” (Intermittent Fasting - IF). È una dieta che alterna fasi di digiuno lunghe dalle 16 alle 36 ore a fasi di alimentazione. Sono varie le tipologie del digiuno intermittente:

Giorno di digiuno alternati (ADF): 36 ore di digiuno e 12 ore di alimentazione;
Eat stop Eat: 24 ore di digiuno, una o due volte alla settimana;
Leangains: 16 ore di digiuno e 8 ore di alimentazione.

Questo tipo di digiuno, creato da Martin Berkhan, si basa in un periodo di 8 ore di alimentazione seguito da 16 ore di digiuno. In questo approccio, si consiglia di seguire una dieta che è ad alto contenuto di proteine e di mangiare la maggior parte delle calorie durante la fase post-allenamento;

Warrior Diet: 20 ore di sotto alimentazione, alternate a 4 in cui vengono assunte la maggior parte delle calorie.

L’attore Hugh Jackman, per esempio, è un abitudinario del digiuno intermittente.

Le “credenze popolari” dicono che mangiare tanto la sera, specie i carboidrati, faccia ingrassare. Le persone che mangiano a tarda notte, con il classico spuntino davanti la TV, probabilmente pesano di più ma ciò non dipende tanto dal fatto che mangiano la notte, ma è più che altro il loro stile di vita ad essere sbagliato e ci sono alcuni studi che lo testimoniano. Sembra che ci sia un miglioramento della composizione corporea in una restrizione calorica se i pasti più abbondanti o prevalenti di carboidrati sono mangiati la sera. Per esempio si è visto che mangiando con una dieta intermittente (alimentazione e digiuno) si abbia una minor perdita di massa magra rispetto a una dieta equivalente in kcal in termini di restrizione calorica classica. E si è anche visto che in normocalorica vi è un miglioramento della composizione corporea, cioè perdita di grasso e guadagno di massa magra. Forse il motivo si può trovare nei cambiamenti ormonali/fisiologici:

  • il digiuno provoca un aumento dei livelli del GH. Quest’ultimo promuove la lipolisi e il rilascio degli acidi grassi dal tessuto adiposo. Il digiuno riduce altresì i livelli di insulina e ne migliora la sensibilità stessa;
  • il digiuno va ad agire sulle catecolamine, provocando un aumento della concentrazione di adrenalina e noradrenalina, le quali aumentano la spesa energetica (nel digiuno a breve termine). Attivano anche la lipasi ormone sensibile presente nel tessuto adiposo stimolando il rilascio del grasso di deposito. Un digiuno a breve termine (fino ad un max di 36-48 ore), come viene consigliato nel digiuno intermittente, non provoca una diminuzione del tasso metabolico, ma bensì un leggero aumento a causa della maggiore secrezione di adrenalina e noradrenalina. Solamente dopo 60 ore vi è una riduzione del tasso metabolico.

 

Ma allora, quando allenarsi? Praticare il Digiuno Intermittente non prevede l’obbligo di allenarsi a digiuno. Per esempio: chi usa il metodo “leangains” può interrompere il digiuno di sedici ore con un pasto ed allenarsi dopo qualche ora. E, se volessimo allenarci a digiuno, cosa accadrebbe? Avremmo un calo delle prestazioni? O magari potremmo trarre dei benefici?

In realtà, la letteratura sull’argomento è scarsa. Gli studi, che utilizzano come campione atleti musulmani durante il Ramadan, riportano risultati a volte negativi, ma ci sono alcuni aspetti da evidenziare. In primo luogo, il Ramadan limita sia il cibo (durante il giorno) che l’acqua (durante il digiuno) e un sedentario, probabilmente, potrebbe fare a meno di un alto consumo di acqua ma non un atleta. Tale scarso apporto influirebbe negativamente sulle prestazioni atletiche (e non solo). In secondo luogo, durante il Ramadan, il mangiare e il bere sono limitati dal tramonto all’alba e ciò comporta la privazione del sonno. Infatti gli studi dimostrano che:

1. l’insorgenza del sonno si verifica più tardi del normale;
2. la durata del sonno è diminuita nel corso del mese;
3. un aumento della sonnolenza durante il giorno;
4. in generale, le prestazioni delle attività durante il giorno diminuiscono.

Inoltre, il sonno insufficiente può produrre scarse prestazioni atletiche. Altri studi invece, che non comportano restrizione dei liquidi, mostrano che allenamenti di forza e resistenza a bassa intensità, non sono influenzati anche dopo tre giorni e mezzo di digiuno.