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Mercoledì, 28 November 2018 12:42

Lo sport aiuta a mantenersi giovani? Uno studio americano ne conferma l’efficacia

Scritto da Redazione
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È possibile rallentare il naturale processo di invecchiamento? Trovare risposta affermativa a tale domanda è ormai un’ossessione per milioni di italiani (miliardi di persone nel mondo), sempre più disposti a sopportare qualsiasi cosa in nome della tanto agognata eterna giovinezza.

Ma come spesso accade è la scienza a darci la giusta risposta e, ancora una volta, la soluzione più semplice è anche quella più efficace. Secondo uno studio condotto dai ricercatori della Ball State University di Muncie dell’Indiana (USA), pubblicato sul Journal of Applied Physiology, praticare regolare attività fisica rende il corpo significativamente più in forma rispetto a quello dei coetanei più sedentari.

Preso, infatti, un campione rappresentativo di persone, uomini e donne, suddiviso in tre gruppi (settantenni che hanno sempre praticato sport nelle ultime cinque decadi; settantenni che non hanno svolto attività fisica in età adulta; giovani ventenni fisicamente attivi), si è proceduto ad un’analisi comparata del numero di capillari e dei livelli di alcuni enzimi nei muscoli e, in particolare, ad una valutazione del sistema cardiocircolatorio.

Da quanto emerso i muscoli degli anziani sportivi sono risultati simili a quelli dei giovani, con molti capillari ed enzimi in più rispetto ai coetanei sedentari. Ma non è tutto; la salute cardiovascolare degli arzilli nonni è paragonabile a quella di persone di 30 anni più giovani, mentre le loro capacità aerobiche sono circa il 40% più elevate rispetto a quelle degli anziani più pigri.

Nonostante si possano contestare alla ricerca alcuni limiti, in quanto non tiene conto di rilevanti fattori quali i geni, il reddito, la dieta e altri relativi allo stile di vita, “I risultati suggeriscono che l'esercizio fisico potrebbe aiutarci a costruire una riserva di buona salute e che potrebbe in futuro permetterci di rallentare o evitare la fragilità fisica”, sostiene l’autore dell’indagine, il dottor Scott Trappe.  

 


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