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L’Istituto per il Credito Sportivo ha elaborato i criteri e il relativo regolamento per rendere accessibili, ai soggetti interessati, i finanziamenti erogati in base al ‘Decreto Liquidità’. Nelle prossime ore saranno pubblicati sul sito di ICS. Come è noto, il Governo ha dato vita e finanziato il Comparto Liquidità del Fondo di Garanzia e del Fondo Contributi Interessi in gestione all’Istituto per il Credito Sportivo (articolo 14 del decreto Legge 8 aprile 2020, n.23), per consentire l’erogazione di mutui – senza garanzie e a tasso 0 - destinati alla base del mondo sportivo, che in questo drammatico momento sta vivendo, come anche il resto del Paese, un momento emergenziale.
Il mutuo ICS per Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche si chiamerà “Mutuo light liquidità”.

I CRITERI DI ACCESSO
Nelle prossime ore, le Ssd e la Asd, potranno accedere alla richiesta di finanziamento direttamente dall’homepage del sito www.creditosportivo.it nella sezione dedicata alle misure di sostegno collegate all'emergenza epidemiologica Covid-19, compilando il modulo online

Il form prevede il caricamento dei seguenti documenti:

  • Atto costitutivo.
  • Statuto. Requisiti: conformità dell’atto a quello presente sul registro CONI.
  • Verbale di delibera dell’organo che ha i poteri per autorizzate il presidente o legale rappresentante a contrarre il finanziamento.
  • Atto di certificazione, se presente, della personalità giuridica.
  • Documento del legale rappresentante con codice fiscale.
  • Attribuzione codice fiscale del sodalizio sportivo.
  • Estratto conto bancario dell’ultimo trimestre 2019.
  • Bilancio o rendiconto approvato anno 2018.
  • Bilancio o rendiconto provvisorio 2019.
  • Delibera di attribuzione poteri al Presidente a contrarre mutui.
  • Iscrizione al Registro CONI nel 2020.

Saranno presenti sul sito tre moduli:

  • La lettera di attestazione, da inviare all’Ente ASI via mail ad , che certifichi i dodici mesi di affiliazione.
  • Il modulo di richiesta di finanziamento.
  • Il modulo di accesso al fondo.

E’ altresì richiesta una lettera dell’Ente di promozione sportiva di riferimento che attesti l’affiliazione e l’iscrizione da almeno un anno al Registro CONI o alla sezione parallela CIP. La società in questione dovrà essere anche in regola con i pagamenti degli impegni associativi.

NELLE PIEGHE DEL DECRETO
L’articolo 14 del Capo II del Decreto Legge n.23 dell’8 aprile 2020 – Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall’emergenza Covid-19 e meglio noto proprio come “Decreto liquidità” - è dedicato ai finanziamenti erogati dall’Istituto per il Credito Sportivo per le esigenze di liquidità delle Federazioni Sportive nazionali, delle Discipline Sportive Associate, degli Enti di Promozione Sportiva, delle Associazioni e delle Società Sportive dilettantistiche, e concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti.
Tali strumenti, che vanno ad aggiungersi alle misure già previste con il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, consentiranno di garantire 100 milioni di euro di finanziamenti e consentiranno altresì di ridurre tempi e oneri per chi ha necessità immediate di liquidità, al fine di poter far ripartire le attività e valorizzare l’importante ruolo sociale dello sport.
Gli importi finanziabili saranno a tasso zero, della durata di 6 anni, si potrà cominciare a restituire il finanziamento a partire dal terzo anno. Il massimo importo erogabile è di 25 mila € e fino al massimo del 25% dei ricavi.

Queste le caratteristiche nel dettaglio:

  • IMPORTO. Da un minino di 3mila euro a un massimo di 25mila euro nella misura massima del 25% del fatturato dell’ultimo bilancio o delle entrate dell’ultimo rendiconto (in entrambe i casi, almeno 2018), regolarmente approvati dalla società o dalla associazione
  • DURATA. 6 anni dei quali 2 di preammortamento e 4 di ammortamento.
  • PAGAMENTO PRIMA RATA. Dopo 2 anni di preammortamento.
  • TASSO DI INTERESSE. Totale abbattimento degli interessi per l’intera durata del finanziamenti da parte del Fondo Contributo Interessi – Comparto Liquidità.
  • GARANZIA. 100% del finanziamento da parte del Fondo di Garanzia – Comparto Liquidità.
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Il dott Marco Zanetti, Biologo, delegato dall’ordine dei biologi per il settore del fitness, insieme ad un pool di esperti medici, commercialisti e avvocati ha redatto un protocollo base che rappresenta a nostro avviso una solida e pratica base per ripartire il prima possibile.

A tale protocollo per la Federazione Italiana Fitness ha contribuito il vicepresidente Marco Neri ed ha visto anche la collaborazione e l’approvazione di un’altra importante associazione come la ISSA Europe.

Questo importante documento patrocinato quindi da FIF e da ISSA arriverà, grazie all’impegno del dott Zanetti, sul tavolo di autorità governative che, auspichiamo, nei prossimi giorni, andrà a definire i criteri con cui i centri potranno aprire. Abbiamo fatto ennesime pressioni affinché gli studi di PT possano riaprire da subito e, analogamente, l’attività fisica (sia di PT che di palestre) possa riprendere immediatamente (nel pieno e massimo rispetto delle regole) almeno all’aperto.

Crediamo che FIF e ISSA siano le prime 2 realtà che, pur mantenendo le proprie singole peculiarità, si uniscono per il bene del settore cercando di fare arrivare direttamente agli organi preposti un documento tecnico, ma anche pratico, che consentirà, per chi gestisce i centri, di iniziare a capire come ci dovrà muovere. Ora sta alle autorità esprimere un loro parere. Da parte nostra c’è la massima disponibilità a colloquiare per raggiungere in fretta l’obiettivo di ripartire.

Guarda qui il Protocollo pratico per la riapertura di centri fitness e palestre

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Impresa SIcura è una delle misure previsto dall’articolo 43, comma 1, del d.l. Cura Italia che mira a sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese presenti sul territorio nazionale.

FINALITÀ
Il bando promosso da Invitalia, Agenzia nazionale per lo sviluppo di proprietà del Ministero dell'Economia, consente alle aziende di ottenere l’integrale restituzione delle spese sostenute per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale (DPI) rivolti al contenimento e al contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19.


LE RISORSE

In attuazione di quanto previsto dal Cura Italia l’Inail ha trasferito 50 milioni di euro a Invitalia, la somma è finalizzata all’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa. I fondi saranno corrisposti alle aziende per potenziare i livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro, attraverso l’acquisto di dispositivi e altri strumenti di protezione individuale.


CHI PUO’ RICHIEDERE IL CONTRIBUTO

Il contributo può essere richiesto da tutte le imprese, nessuna rilevanza assume la veste giuridica né il regime contabile adottato. Le imprese richiedenti, alla data del 18 maggio devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

  1. essere regolarmente costituite e iscritte come “attive” nel Registro delle imprese;
  2. avere la sede principale o secondaria in Italia;
  3. essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non in liquidazione volontaria e non sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria

Al momento, tra i beneficiari del contributo, non sono stati previsti i professionisti .


QUALI SPESE SONO RIMBORSABILI

Sono ammissibili al rimborso le spese sostenute per l’acquisto di Dispositivi di Protezione Individuale le cui caratteristiche tecniche rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. A tal fine, sono ammissibili le seguenti tipologie di materiale:

  • mascherine filtranti, chirurgiche, FFP1, FFP2 e FFP3;
  • guanti in lattice, in vinile e in nitrile;
  • dispositivi per protezione oculare;
  • indumenti di protezione, quali tute e/o camici;
  • calzari e/o sovrascarpe;
  • cuffie e/o copricapi;
  • dispositivi per la rilevazione della temperatura corporea;
  • detergenti e soluzioni disinfettanti/antisettici.

Per poter accedere alla richiesta le spese:

  • devono essere afferenti a materiale acquistato nel periodo compreso tra la data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto Cura Italia, il 17 marzo 2020, e la data di termine ultimo di invio della domanda di rimborso, il 18 maggio 2020. Rileva, a tal fine, la data fattura;
  • devono essere connesse a fatture pagate alla data dell’invio della domanda di rimborso attraverso conti correnti intestati all’impresa e con modalità che consentano la piena tracciabilità del pagamento e l’immediata riconducibilità dello stesso alla relativa fattura;
  • devono almeno essere pari a euro 500,00 (cinquecento);
  • non essere oggetto di ulteriori forme di rimborso o remunerazione erogate in qualunque forma e a qualsiasi titolo.

Sono esclusi dalla richiesta di rimborso gli importi delle fatture relativi a imposte e tasse, ivi compresa l’IVA. Fermo restando il possesso di tutti i requisiti di ammissibilità, le fatture di acconto sulle forniture di DPI sono ammissibili solo a condizione che l’impresa presenti, nella domanda di rimborso, anche la fattura riguardante il saldo della fornitura.


IMPORTO RIMBORSO CONCEDIBILE

Il rimborso è concesso nella misura integrale delle spese ammissibili. Vi sono però dei limiti:

  • euro 500,00 per ciascun addetto dell’impresa cui sono destinati i DPI;
  • fino a un importo massimo per impresa di euro 150.000,00.

Facendo degli esempi:

  • Esempio 1: Acquisti in DPI per euro 1.300,00 e 2 addetti. Importo massimo rimborsabile € 1.000,00 (euro 500,00 per 2 addetti);
  • Esempio 2: Acquisti in DPI per euro 157.000,00 e 300 addetti. Importo massimo rimborsabile € 150.000,00 (euro 500,00 per 300 addetti)
  • Esempio 3: Acquisti in DPI per euro 480,00 e 2 addetti. Nessun importo rimborsabile.

Ai fini del calcolo l’impresa è infatti tenuta a dichiarare, nella domanda di rimborso, il numero degli addetti a cui è riferibile l’acquisto di DPI.
Per addetto si intende una persona occupata in un’unità giuridico-economica (impresa, istituzione), con una posizione di lavoro indipendente o dipendente (a tempo pieno, a tempo parziale o con contratto di formazione lavoro), anche se temporaneamente assente (per servizio, ferie, malattia, sospensione dal lavoro, cassa integrazione guadagni, eccetera).


COME PRESENTARE DOMANDA

Esclusivamente in modalità telematica tramite i canali di INVITALIA secondo una sequenza temporale così composta.

Prima Fase: Prenotazione
In questa fase, le imprese interessate possono inviare, attraverso lo sportello informatico, raggiungibile nella pagina dedicata all’intervento “Impresa SIcura", una prenotazione del rimborso. La domanda si potrà presentare dalle ore 9.00 alle ore 18.00 di tutti i giorni lavorativi, dal lunedì al venerdì, a partire dal 11 maggio 2020 ed entro il 18 maggio 2020. Già in questa fase oltre i dati anagrafici dell’impresa richiedente e del suo legale rappresentante/titolare dovrà essere indicato l’importo da rimborsare. Lo sportello informatico assegnerà alle prenotazioni pervenute l’orario di arrivo registrato dai sistemi informatici predisposti dall’Agenzia. Al termine della procedura di prenotazione, l’impresa visualizzerà un messaggio che attesta il predetto orario di arrivo della prenotazione, nonché il relativo codice identificativo.

Seconda Fase: Pubblicazione Elenco Cronologico
Entro tre giorni dal termine ultimo per la presentazione delle domande di prenotazione, ovvero dal 21 maggio 2020, tramite il sito web dell’Agenzia Invitalia, verrà pubblicato l’elenco di tutte le prenotazioni correttamente inoltrate dalle imprese nell’ambito della fase 1, ordinate secondo ordine di ricezione. L’elenco evidenzierà sia il contributo richiesto sia l’esito della prenotazione distinguendo le prenotazioni in posizione utile per l’ammissione e le prenotazioni non ammissibili alla fase successiva.

Terza Fase: Compilazione e Istruttoria della Domanda
Solamente i soggetti la cui prenotazione è collocata in posizione utile per l’ammissibilità potranno compilare domanda di rimborso attraverso la procedura informatica raggiungibile nella pagina dedicata sul sito dell’agenzia (ancora in fase di definizione). La mancata compilazione della domanda è causa di decadenza. La compilazione della domanda andrà sottoscritta a partire dalle ore 10.00 del 26 maggio 2020 ed entro le ore 17.00 del 11 giugno 2020. In questa sede andranno allegati i giustificativi di spesa.

La procedura avviene tramite identificazione del titolare/legale rappresentate risultante dal Registro delle Imprese e prevede identificazione e autenticazione tramite Carta Nazionale dei Servizi. È inoltre richiesto il possesso della PEC attiva e registrata al registro delle Imprese.

Il legale rappresentante/titolare dell’impresa proponente, previo accesso alla procedura informatica
tramite la Carta nazionale dei servizi, ha la possibilità di conferire ad altro soggetto delegato il potere di rappresentanza per la presentazione della domanda di rimborso.


CONTROLLI

L’Agenzia - successivamente all’erogazione del rimborso - procede allo svolgimento dei controlli previsti dalle disposizioni nazionali al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio rilasciate dalle stesse. Nel caso di esito negativo dei controlli, l’Agenzia procede, previa apposita comunicazione, alla revoca del rimborso.

Il nostro appello è quello di COLLABORARE affinchè questa emergenza sia contenuta e rientri il prima possibile. Non c'è tempo per polemiche, perchè ci sono persone che muoiono davvero o che rischiano di non ricevere assistenza se la situazione peggiora.

L'Italia quando vuole, sa essere straordinaria e di esempio per tutti.

Cominciamo da noi stessi. Andrà tutto bene!

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Il CONI (con Federazioni ed Enti) ha incaricato il Politecnico di Torino di elaborare i protocolli per le riaperture auspicabili quanto meno in forma controllata, per fine maggio. Il tutto si è tradotto in un documento, riguardante tutte le discipline sportive, che è stato già trasmesso al ministero.

Nell'importante documento per la sicurezza diffuso dal CONI, fra discipline analizzate ci sono anche tutte quelle che riguardano il settore fitness, wellness e danza.

Sentito successivamente il comitato tecnico scientifico, si attendono quindi indicazioni ufficiali che diano istruzioni (speriamo precise e speriamo in tempi brevi per le modalità di riapertura.
Questo documento è il passo indispensabile per permette al governo di gestire le riaperture. Una volta analizzato ASI / FIF si batteranno per l'apertura entro il 18 maggio.

La voce di oltre 14 milioni di tesserati non può rimanere inascoltata. È tempo di iniziare. Con le dovute precauzioni, un passo alla volta se sarà necessario, ma dobbiamo ricominciare!
Il Governo ne tenga conto.

Leggi qui il rapporto “Lo sport riparte in sicurezza”

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Il Ministro Spadafora ha dichiarato in diretta FB ieri sera che l’obiettivo su cui il Governo sta lavorando è quello della riapertura il prima possibile, entro la fine di maggio.
Ma serve naturalmente il via libera del comitato tecnico scientifico della Protezione Civile e l’adozione di un protocollo di sicurezza da rispettare. Si tratterà presumibilmente, aggiungiamo noi, di aperture contingentate. Suggeriamo di ipotizzare fin d’ora un piano di ridistribuzione degli atleti (quando possibile), nell’arco della intera giornata. È auspicabile altresì che si tenga conto delle attività che consentono lo svolgimento all’aperto, confidando che per queste vi sia una diversa e meno restrittiva regolamentazione.

Anche il ministro Spadafora, sollecitato anche da FIF e ASI auspica e mira alla più rapida riapertura possibile.
Attendiamo sviluppi.

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Pubblichiamo la risposta della Segreteria del ministro Spadafora in merito alla nostra lettera del 14 aprile scorso

 

Buongiorno Presidente Vacchi,

le mando un messaggio in riscontro alla sua lettera al Ministro per ringraziarla, anche a nome del Ministro stesso, del messaggio che ci ha trasmesso e dei suggerimenti presentati.
Stiamo lavorando per una graduale ripresa, sarà nostra cura dare notizie più dettagliate prima possibile.

Un caro saluto.

Giuseppe Pierro
Capo dell’Ufficio per lo Sport
Presidenza del Consiglio dei Ministri

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In merito a un documento contenente linee guida per la riapertura degli impianti sportivi, chiusi in questo periodo emergenziale per la diffusione del Covid-19, ASI Nazionale e Federazione Italiana Fitness sottolineano di non aver predisposto alcun documento ufficiale ma che, quanto uscito, è legato alle proposte di un settore, quello Wellness, che ha messo sul tavolo una serie di spunti per sollecitare la discussione.

ASI Nazionale e Federazione Italiana Fitness attenderanno un confronto tecnico e istituzionale con il CONI e l’Istituto Superiore di Sanità, prima di rendere noto, ufficialmente, il proprio indirizzo che sarà, ovviamente diffuso, sui nostri canali ufficiali.


La Federazione Italiana Fitness, in sincronia con ASI Nazionale, si sta battendo con l'invio di lettere e con contatti a tutte le istituzioni per sottolineare le esigenze del settore. Difficile parificare il centro da 5000 mq allo studio da Personal Trainer. È fondamentale che nei tavoli tecnici che stabiliscono le regole per le riaperture ci debbano essere anche esperti del settore; esperti che conoscano tutte le sfumature di un mondo così variegato. Un mondo che pur adempiendo alla sicurezza, ha voglia e bisogno di ripartire in modo realistico.

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Anche alla luce della conferenza stampa di ieri 26 Aprile dove non ci sono stati riscontri pratici del settore palestre, pubblichiamo qui il documento tecnico elaborato dall’Inail uscito in data 24 aprile. La pubblicazione, approvata dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS) istituito presso la protezione Civile, al quale Inail partecipa con un suo rappresentante, è frutto di un lavoro tecnico di ricerca condotto dall’Istituto anche in qualità di organo tecnico scientifico del Servizio Sanitario Nazionale.

Attenzione: come comprensibile ancora non si tratta di linee guida specifiche per la categoria palestre o attività fisiche ma certamente conferma tutta una serie di timori su come sia considerato il "rischio" contagio legato all'ambiente palestra.

Il documento è composto da due parti:

  • la prima riguarda la predisposizione di una metodologia innovativa di valutazione integrata del rischio che tiene in considerazione il rischio di venire a contatto con fonti di contagio in occasione di lavoro, di prossimità connessa ai processi lavorativi, nonché l’impatto connesso al rischio di aggregazione sociale anche verso “terzi”.
  • La seconda parte si è focalizzata sull’adozione di misure organizzative, di prevenzione e protezione, nonché di lotta all’insorgenza di focolai epidemici, anche in considerazione di quanto già contenuto nel “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”. L'intento è di garantire adeguati livelli di tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori, nonché della popolazione.

Al di la delàle indicazioni generali contenute emerge, a nostro parere, che si sta ragionando per codice Ateco, scelta che a nostro avviso è poco rispettosa della reale conformazione del mondo palestre e personal trainer.

Nel codice Ateco contrassegnato dalla R vengono inquadrati anche gli sportivi professionisti, che risultano a rischio rosso, ma ovviamente a nostro avviso non ha senso parificare uno sport da contatto con un tennista.

Nelle ultime pagine riassuntive (pag 26) si specifica che il codice Ateco R gruppo 93 sono comprese "attività sportive di intrattenimento e di divertimento". Anche qui si evince un codice rosso (4) come classe di aggregazione sociale e una classe di rischio definita "medio basso".

Anche qui difficile classificare tutte le attività sportive di intrattenimento con la classe di aggregazione rossa.

Da notare come il codice Ateco S gruppo 96 (altre attività di servizio alla persona) sia classificato (pag 26) con classe di aggregazione 2 e valutazione classe di rischio basso. In questa categorie rientrano ad esempio barbieri ed estetiste. A nostro parere uno studio PT che segua le regole di distanziamento ed igenizzazione dovrebbe rientrare in questo gruppo.

Impossibile esporsi su cosa porterà concretamente questa classificazione, ma crediamo che molto difficilmente le palestre e gli studi PT saranno incluse nella attività che riapriranno fra la prima e la 2ª settimana di maggio.

Abbiamo già scritto a tutte le istituzioni e la FIF continuerà a battersi per cercare di interagire in modo realistico sulla differenziazione della varie attività, sull'importanza salutistica del settore e sulla necessità di determinare regole certe, sicure e realistiche. Sarà molto importante anche vedere come si comporteranno tutte le altre nazioni sulla riapertura (e sulle modalità con cui farlo) del nostro settore.

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Per i gestori di associazioni e società sportive, in una situazione di carenza di liquidità, oltre a fronteggiare il sostenimento di costi fissi si prospettano all’orizzonte nuovi fronti di preoccupazione tra cui la restituzione delle quote già versate dai loro utenti. Come comportarsi di fronte a tali pretese? Si è obbligati a restituire le quote o ci sono soluzioni alternative?

La parola all’avv. BIANCAMARIA STIVANELLO - Patrocinante in Cassazione


IL DIRITTO AL RIMBORSO DELLE QUOTE: TUTTI CONSUMATORI?

È sempre più diffusa e capillare l’azione promossa da diverse associazioni di consumatori per tutelare il diritto degli utenti alla restituzione di quanto pagato a palestre e centri sportivi per servizi non utilizzati a causa del blocco delle attività imposto dai provvedimenti emergenziali per il contrasto e la diffusione del Covid-19.

Non bastava la chiusura prolungata degli impianti e non bastavano l’incertezza sui tempi della riapertura né la consapevolezza che la ripresa sarà comunque condizionata al rispetto doveroso di misure anticontagio: per i gestori di associazioni e società sportive, che in una situazione di carenza di liquidità già devono sostenere costi fissi come affitti, mutui o termini di pagamento non prorogati, si prospettano all’orizzonte nuovi fronti di preoccupazione.


Come comportarsi di fronte a tali pretese? Si è obbligati a restituire le quote? Ci sono soluzioni alternative?

Per rispondere a questi interrogativi e cercare di chiarire i dubbi dei sodalizi sportivi è utile in primo luogo richiamare il concetto di associato e tesserato, valutare il contenuto e le modalità di erogazione della prestazione sportiva dilettantistica nonché il concetto di prestazione impossibile e le implicazioni sulla responsabilità contrattuale. Ma andiamo con ordine.

ASSOCIATI - TESSERATI - UTENTI
Lo status di associato o socio dell’associazione deriva dal perfezionamento del contratto associativo secondo le modalità stabilite dallo statuto; comporta l’acquisizione di una serie di diritti e di doveri previsti dallo statuto anche nel recepimento delle clausole contenute nell’art. 90 L.289/02 e nell’l’art.148 comma VIII Tuir (effettività del rapporto associativo, diritto di voto in assemblea per l’approvazione del bilancio, diritto di elettorato attivo e passivo per le cariche associative e così via).
Il rapporto associativo è fondato sul contratto di associazione che è un contratto con comunione di scopo e non un contratto di scambio; pertanto l’associato non può qualificarsi come consumatore nei confronti del sodalizio cui ha aderito e di cui condivide scopi e finalità.
I contributi versati dal socio non sono mai rimborsabili per definizione, in nessun caso, né al momento del recesso né allo scioglimento dell’associazione come previsto dagli articoli 24 e 37 del Codice Civile.
La regola vale innanzitutto per la quota di adesione annuale e per il rinnovo. Quanto all’importo versato a fronte della partecipazione alle attività - ad esempio per la partecipazione ad un corso - va innanzitutto verificato come lo statuto e/o il regolamento abbiano disciplinato tale emolumento: se la somma ancorché da versarsi a rate si qualifica come contributo associativo integrativo annuale o per l’intera attività, viene determinato in funzione dei costi anche fissi che l’associazione deve sostenere per realizzare le attività istituzionali e comunque quale contributo associativo finalizzato a sostenere l’associazione nel perseguimento delle finalità istituzionali condivise da tutti gli aderenti, si può affermare che anche tale versamento abbia la natura di contributo e pertanto non sia rimborsabile.

Diverso invece il caso di tesserati, nelle associazioni o nelle s.s.d., con i quali si instaura un rapporto di altra natura: sotto il profilo che ci occupa, possono essere considerati utenti in quanto destinatari dell’erogazione di servizi sportivi, seppure con qualche riserva. Essi infatti, pur non essendo soci del sodalizio, instaurano un rapporto atipico, non necessariamente e non sempre classificabile come accordo di scambio sul presupposto che richiedendo il tesseramento, hanno inteso svolgere l’attività sportiva in modo continuativo, secondo regole prefissate della disciplina praticata e sono quindi entrati a far parte dell’ordinamento sportivo in un contesto che esula dall’ambito dei servizi commerciali. Se ne trova conferma anche nei contenuti del Registro 2.0 che richiede l’inserimento dei partecipanti alle attività didattiche e sportive. Ma non è questa la sede per approfondimenti sulla natura del tesseramento.

Sul piano pratico, focalizzando l’attenzione sulle singole prestazioni - come ad esempio l’acquisto di un pacchetto di lezioni o di ingressi in palestra, l’abbonamento mensile, l’iscrizione a un corso bimestrale di tennis o di nuoto - è inevitabile che le si debba qualificare come controprestazioni in relazione ad un rapporto contrattuale di scambio, ancorché defiscalizzato ai sensi dell’art. 148 comma 3 TUIR.
In tale contesto quindi i beneficiari di tali prestazioni - tesserati non soci ma potenzialmente anche i soci quando difetti la natura associativa del contributo - possono essere qualificati come utenti nel significato attribuito dal codice del consumo e vedersi riconosciuti i diritti loro spettanti.


Impossibilità della prestazione: definitiva o temporanea?

I vademecum e la modulistica messi a disposizione dalle associazioni di consumatori fondano la richiesta di rimborso sull’art.1463 del Codice Civile che disciplina gli effetti dell’impossibilità della prestazione sui contratti a prestazioni corrispettive stabilendo che la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta.
Nel nostro caso, per semplificare, se gli utenti non possono usufruire del corso/abbonamento durante il periodo di chiusura del centro sportivo potranno chiedere la restituzione dell’importo versato, salvo che siano state accettate e sottoscritte particolari clausole nel regolamento che dispongano diversamente per il caso di forza maggiore (prevedendo ad esempio la possibilità di sospendere e recuperare o di utilizzare buoni sostitutivi, in tutto o in parte). In tal caso, trattandosi di clausole vessatorie, si dovrà compiere una valutazione caso per caso per verificarne la validità nel rispetto dei principi stabiliti dal Codice del Consumo e in base al requisito della c.d. doppia firma prevista dall’art.1341 del Codice Civile.
In assenza di clausole o in presenza di clausole invalide, è quindi riconosciuto all’utente il diritto alla restituzione di quanto versato.

Bisognerebbe tuttavia valutare se la prestazione sia definitivamente o solo temporaneamente impossibile: infatti considerato che l’impossibilità di ricevere la prestazione non è definitiva ma limitata nel tempo e legata alla durata delle misure di contenimento, si può invocare il dettato dell’art.1256 comma secondo del Codice Civile che esclude la responsabilità per inadempimento quando il ritardo sia dovuto a causa non imputabile all’obbligato (e non vi possono essere dubbi che la chiusura dell’attività per factum principis renda oggettivamente, seppure temporaneamente, impossibile lo svolgimento delle attività per causa non imputabile ai sodalizi sportivi).

E’ quindi possibile in questi casi attuare una sospensione dell’abbonamento/corso che andranno poi recuperati con la ripresa delle attività, sempre che l’utente abbia interesse a usufruirne successivamente. Viene qui in risalto non solo la posizione del socio – nelle ipotesi in cui possa applicarsi il codice del consumo - ma anche quella del tesserato; entrambi, per definizione, svolgono attività organizzata non occasionale, e quindi ben potrebbero mantenere l’interesse a recuperare abbonamenti e lezioni in un momento successivo a seconda della tipologia di corso o di attività.


Quali soluzioni alternative al rimborso?

Oltre alla possibilità di sospensione dell’abbonamento, per evitare la restituzione delle somme, che inevitabilmente andrebbe ad aggravare la carenza di liquidità del sodalizio, si potrebbe utilizzare la soluzione dei c.d. voucher previsti dal Decreto Cura Italia (art.88 D.L. n.18/20) per i contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura: vanno emessi su richiesta dell’utente e utilizzati entro un anno.
Ancora: l’organizzazione di attività didattiche e sedute di allenamento a distanza - dove possibili - possono configurarsi come sostitutive delle attività non usufruite e quindi utili a contrastare la richiesta di rimborso; si ritengono idonee in particolare in presenza di clausole, validamente accettate e sottoscritte, che riservano all’a.s.d./s.s.d. la variazione dei programmi di attività e delle modalità di gestione delle stesse.


Quali responsabilità in caso di mancato rimborso?

L’associazione o società sportiva che riceve la richiesta di rimborso, valutate tutte le circostanze del caso concreto, dovrà possibilmente ricercare una soluzione condivisa con i propri associati e tesserati che possa garantire il contemperamento delle reciproche esigenze e proporre sospensioni, recuperi, voucher totali o parziali, compatibili con la sostenibilità finanziaria dell’ente, ma anche richiamare i frequentatori del centro ad un senso di solidarietà e appartenenza auspicando - quanto meno da parte dei soci - una piena collaborazione, sul presupposto che essi si sono impegnati a versare i contributi non in funzione di una specifica controprestazione ma per sostenere le attività dell’ente e la diffusione della promozione sportiva dilettantistica.
La soluzione bonaria è sempre raccomandata per evitare i costi e l’alea di un giudizio che, se promosso con azioni collettive supportate dall’assistenza delle associazioni di consumatori, può diventare particolarmente gravoso per il gestore del centro sportivo.
In mancanza di accordo, quando sussistono le condizioni per il diritto alla restituzione dell’importo, il gestore che non vi provveda risponde a titolo di responsabilità contrattuale per inadempimento con conseguente obbligo al risarcimento del danno. Tuttavia la situazione emergenziale, riconosciuta espressamente come causa di forza maggiore dall’art.3 comma 6bis del D.L. 23/2/2020, può essere valutata ai fini della liberazione del debitore purché, trattandosi di pagamento di somme di denaro, sia dimostrata l’impossibilità oggettiva di disporre con la dovuta diligenza di sufficienti risorse finanziarie.

L’analisi delle norme codicistiche non consente dunque di dare risposte univoche ma offre una base su cui costruire soluzioni adatte alle circostanze del caso soprattutto per le s.s.d. e più in generale per i rapporti con i tesserati. Quanto ai soci delle a.s.d., l’auspicio è che a fronte di tali argomentazioni possano ricordare di essere prima associati che consumatori.

Pubblicato in Fitness news

Con la risposta all’interpello n. 361 del 30 Agosto 2019 l’Agenzia delle Entrate ha confermato che l’esenzione dall’imposta di bollo per le ASD/SSD si riferisce anche alle ricevute rilasciate agli associati/tesserati a fronte di corrispettivi specifici istituzionali (ad esempio le ricevute per i corsi) e agli estratti conto bancari. Si ricorda che l’agevolazione è stata introdotta con la legge di bilancio 2019 (L.30/12/2018 n.145 comma 646) che ha modificato l’art. 27 –bis Allegato B d.p.r. 642/72 relativo agli atti, documenti e registri esenti dall’imposta in modo assoluto.

Nello specifico la disposizione comprende: “… atti, documenti, istanze, contratti nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni posti in essere o richiesti …” dai soggetti esentati.
I soggetti esonerati in origine erano le Onlus; in seguito l’agevolazione è stata estesa alle Federazioni Sportive Nazionali e gli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal Coni FSN/DSA/EPS con l’art. 90 della L.289/02 ed ora, con la legge di bilancio 2019, anche alle a.s.d. e alle s.s.d. riconosciute dal Coni.

Non vi è dubbio che la norma si riferisca a una serie di atti emessi o formati dalle ASD/SSD, come ad esempio i contratti, i verbali assembleari e le ricevute rilasciate a fronte delle quote associative e dei corrispettivi specifici incassate da soci/tesserati.

Quanto all’estratto conto bancario si era posta in dubbio l’esclusione perché le banche avrebbero l’obbligo di trasmettere al cliente l’estratto conto e quindi non si tratterebbe di un atto “richiesto” ma “dovuto”, assoggettato al bollo a prescindere dalla natura giuridica del cliente e dalle particolari agevolazioni fiscali spettanti. In realtà - come avevo già segnalato con la mia circolare del 2/1/2019 - dal tenore delle norme e considerato che la nuova esenzione per le ASD/SSD è introdotta come estensione di quella originariamente prevista dalle Onlus all’art.17 D.Lg.vo 460/97, non vi è ragione per considerare escluso l’estratto conto bancario dall’agevolazione. Sul punto era chiara una “vecchia” Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 4/11/1998 : gli estratti conto bancari inviati alle Onlus non sono soggetti all’imposta di bollo.

A dirimere ogni residua incertezza interviene ora la risposta all’interpello n.361/2019 per cui Vi invito a fare le opportune verifiche e a richiedere alla Vostra filiale di riferimento lo storno degli importi eventualmente ed erroneamente addebitati a partire dal 1/1/2019. 

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