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BODY BUILDING “VECCHIA SCUOLA”? PARLIAMONE!

Scritto da Paolo Roccuzzo

Dal fascino degli allenamenti tradizionali alle innovative tecniche di esecuzione


La Vecchia Scuola, così si usa chiamare, anche affettuosamente, quell’epoca mitica e ancor oggi ricordata nelle narrazioni di alcuni, del body building degli anni ’70 e ’80.
In parte per l’aura quasi mistica che tale “epopea” ha realmente assunto per chi l’ha vissuta in prima persona, in parte per il carattere altamente sperimentale che l’allenamento in sala pesi ha acquisito, stante la gran mole di informazioni travasata dagli Stati Uniti prima, e dai Paesi dell’Est successivamente.
Molto di buono rimane, soprattutto grazie alle conoscenze che dai paesi dell’ex “cortina di ferro” abbiamo ricevuto sia da tecnici che da sportivi fuoriusciti; altrettanto per l’esperienza americana che ha invaso la sala pesi tradizionale con il body building.

Ma di tanta tradizione passata, quanto oggi si è mantenuto in essere nell’allenamento con i pesi?
Non possiamo negare il fascino degli allenamenti tradizionali: bilancieri, manubri, piastre in ghisa da caricare, il cinturone da pesista, le fasce sulle ginocchia…
La conoscenza però, corre spedita verso chissà dove, e alcuni esercizi così come alcune tecniche di esecuzione devono essere abbandonati o quantomeno ridimensionati.
Tra i tanti:   

  • Il pulley con il busto in completa antiflessione
  • Lo squat con il bilanciere senza scarpe con un carico submassimale
  • Il leg extension con la gamba in iperestensione nel ginocchio
  • Il rematore con il bilanciere con il busto a 90°
  • Le alzate laterali con gli arti superiori uniti in alto a 180°
  • Le camminate in accosciata con bilanciere sulle spalle
  • La distensione bilanciere su panca piana con rimbalzo sullo sterno
  • Il curl al Multipower
  • Il rematore al Multipower
  • Il lento bilanciere al Multipower
  • I dips alle parallele con catena in vita (e tonnellate di dischi appesi)
  • Le trazioni alla sbarra con presa stretta e in completo accorciamento
  • Il lat machine con presa sui bordi inclinati della sbarra
  • Le spinte alla pressa con iperestensioni della gamba nel ginocchio
  • Le croci con manubri con arti superiori flessi
  • Il crossover ai cavi con il busto a mezzo metro da terra

Questi son solo alcuni degli esercizi che un tempo si vedevano realizzare in sala pesi con buona pace di tutti; le conoscenze biomeccaniche (e posturali ancor più direi) erano sì definite, ma non così complete, e i praticanti imparavano dall’insegnante in sala, spesso volenteroso e praticante dell’Ortodossia del sollevamento pesi che arrivava dalla DDR e dalla Florida, in una commistione ai tempi quantomeno affascinante.
I giornali più in voga erano Cultura Fisica e Fitness, Muscle and Fitness del patron del Mr. Olympia Joe Weider (oramai defunto), Musclemag International, Flex (successivamente), e non di rado venivano immortalati in servizi fotografici da conservare come reliquie i grandi campioni prodursi in gesti atletici oggi molto spesso da rivedere.

Non si mette in dubbio o sotto esame la validità di un’epoca gloriosa, ma oggi la ricerca della prestazione non può più essere solo fine a se stessa, ma deve tenere conto della longevità dell’atleta, il che passa anche dalla ricerca delle armonie osteo-artro-muscolari.
Nel film Pumping Iron un giovane e plurititolato Arnold Schwartzenegger viene ripreso su un pulley dove, a pieno carico, si flette completamente per poi contrarsi in vita ed esegue un buon numero di ripetizioni con movimenti esplosivi e di rimbalzo; successivamente nello stesso meraviglioso lungometraggio di George Butler esegue molte ripetizioni di squat, scalzo e sempre a pieno carico, in perfetta accosciata.
Nello stesso documentario Arnold, come altri culturisti, prosegue eseguendo delle croci ad arti superiori flessi (avambraccio-braccio molto flessi) più definibili come delle distensioni…
Che dire di Tom Platz, the Golden Eagle, ripreso sul leg extension, tante e tante volte, ad iperestendere, e per giunta rimbalzando, le gambe con forza stupefacente; oppure lo stesso eseguire il rematore con il bilanciere con tonnellaggi a tre cifre, a 90° e velocità di esecuzione rabbiosamente balistica.

Ai tempi, parlare di forze di taglio, di predisposizione all’erniazione discale, di lesioni connettivali, non si usava, ed è piuttosto comprensibile il fatto che il focus fosse sulle masse e sul concetto di forza massimale (spesso quest’ultima fatta coincidere erroneamente con l’ipertrofia secondaria).
D’ altronde, il cinema ha spesso proposto modelli di fisicità rimasti nell’immaginario collettivo! Dagli uomini forti delle pellicole girate a Cinecittà (Ercole, Maciste…tutti atleti di bell’aspetto e che praticavano il sollevamento pesi senza troppi fronzoli e senza macchinari guidati) fino all’arrivo di Stallone con i suoi Rocky e Rambo, l’immagine del corpo muscoloso ha seguito un lento ma inesorabile cambiamento, figlio dei tempi mi verrebbe da dire.
Gli allenamenti di Rocky toccano cuore e cervello, ma agli occhi del tecnico puro del corpo, molto ci sarebbe da dire sulle alzate laterali complete che nel dietro le quinte dei suoi film Franco Columbu gli faceva eseguire (era suo insegnante personale e consulente per il corpo); altrettanto diremmo per il lento avanti-dietro con il bilanciere che Stallone in Rocky 2 esegue senza troppi complimenti e controllo, e per le trazioni alla sbarra con un arco complessivo della colonna assolutamente esagerato.
In un dietro le quinte del film Rocky, Columbu spiega a Stallone come eseguire la camminata in accosciata profonda con bilanciere ben più che carico sulle spalle e come eseguire la distensione su panca piana usando la cassa toracica come superficie su cui far rimbalzare balisticamente il bilanciere per eseguire la contrazione più facilmente.
L’attore in questione è in terapia chiropratica da più di trent’ anni, così come Franco Columbu (R.I.P.) è diventato lui stesso chiropratico dopo aver inziato a studiare in seguito alla frattura esposta della sua tibia successiva a una caduta mentre correva con un frigo sulle spalle, invitato ad una trasmissione in cui doveva dimostrare di essere uno degli uomini più forti del mondo.

Negli anni che furono, due importanti aziende produttrici di attrezzatura da palestra si sono contese il mercato portando nei centri sportivi i macchinari isotonici: il Multipower è uno di questi.
Apparteniamo un po’ tutti alla generazione cresciuta su tale strumento: “grande il carico sollevato, molto il volume di lavoro sviluppato”.
Ma con una fatica percepita molto lontana da quella effettiva, e una dispercezione pericolosa legata al tonnellaggio dovuta ad una errata e carente stimolazione dei recettori corporei: ecco dunque assistere a veri e propri scempi come il rematore, il lento e il curl eseguiti su tale postazione, con l’avallo di coloro che tali sciocchezze “insegnavano”.

Il compiere correttamente un gesto passa attraverso la comprensione dei meccanismi interessati: perché allora eseguire i dips appesantendosi con dischi su dischi tenuti insieme da una catena ferma in vita, se poi il risultato era di compiere in discesa una traiettoria dall’escursione minima? Certo, scendere fin oltre i 90° avrebbe comportato una mancata risalita… appunto!
Così come nella trazione alla sbarra era frequente vedere atleti sollevarsi con presa ben stretta fin oltre la sbarra con il capo e talvolta mantenere la contrazione, in un certo senso predisponendosi ad atteggiamenti posturali di chiusura della catena cinetica anteriore ancor oggi osservabili soprattutto nei giovani praticanti.

La lat machine, insostituibile apparecchio nella costruzione della prima vera muscolazione della schiena in attesa di cimentarsi nelle trazioni, veniva spesso usata con una presa che definire larghissima è un eufemismo; la tecnica consisteva nell’eseguire 3-4 trazioni per poi avvicinare le mani di 10 cm e così via per 5-6 volte fino a raggiungere una presa strettissima e pronata di circa 15 cm di distanza tra le mani (visto eseguire personalmente da Edward Kawak, Rich Gaspari, Tom Platz, Daniele Seccarecci). Ma ciò che mi impressionò fu vedere l’esecuzione della pressa a 45° (a pieno carico) con iperestensione del ginocchio e tenuta isometrica di 2-3 secondi per ripetizione in diversi filmati dedicati a Gary Stridom, Bertil Fox, Dorian Yates, Flex Wheeler, Ronnie Coleman, impegnati in prodezze del genere.

Altrettanto stupore provocò in me il vedere Mike Mentzer (in video) impegnato a spiegare a un suo allievo il crossover ai cavi con una gamba ben avanti rispetto ai cavi e il busto proiettato verso il terreno in maniera esagerata per usare una leva favorevole (con tutto il pacco pesi).
Naturalmente questi sono solo alcuni esempi di esercizi eseguiti anche e soprattutto da qualche personaggio famoso del BB o del cinema.
A chi ha 20 o 30 anni oggi, buona parte di questi nomi non diranno nulla o quasi; a chi ha sempre e solo “spinto” questo mio articolo sembrerà una critica blasfema a un’epoca da non toccare.
Io posso solo dire che, con la conoscenza maturata ad oggi, non solo amo quel periodo a cavallo degli anni ’80 (quando ho iniziato ad allenarmi) ma ringrazio per aver assaporato quella sua essenza; certi momenti storici però non torneranno più e oggi purtroppo viviamo l’epoca dell’eccesso di informazione che un po’ scolorisce l’emozione dei ricordi, in nome di un novello illuminismo della cultura del corpo.  
Questo articolo dunque vuole essere motivo di riflessione per chi oggi inizia ad allenarsi, ma anche spunto per i praticanti e gli insegnanti maturi, per migliorare sempre, adottando il buono della didattica della vecchia scuola (e ve ne è realmente molto) e accogliendo allo stesso tempo le correzioni e i suggerimenti del nuovo orientamento che la “Muscolazione” ha adottato tramite le Scienze Motorie.

Letto 15 volte Utima modifica effettuata Mercoledì, 04 June 2025 11:06